Rifiuti, la Settimana Europea nel nome della prevenzione
L’UE festeggia in questi giorni la Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (European Week for Waste Reduction – EWWR). Giunta ormai al quarto anno, l’edizione 2012 si presenta come una delle più partecipate con ben 5.300 progetti presentati. L’evento, supportato dal programma LIFE+ della Commissione Europea, ha lo scopo di sensibilizzare i cittadini europei sul tema, rifacendosi alla nuova Direttiva quadro, che fa riferimento a due concetti: l’idea di “prevenzione” e quella di “preparazione per il riutilizzo“.
In linea con il dettato della legislazione, infatti, le azioni della Settimana sono mirate in particolare alle strategie per ridurre la quantità di rifiuti. Con questo concetto, si fa riferimento alla gamma completa di misure e azioni messe in campo prima che una sostanza, materiale o un prodotto diventi scarto. Con il messaggio “Il miglior rifiuto è quello che non è prodotto!” l’UE spinge l’acceleratore su questo obiettivo prioritario, consapevole che, su questo tema, molte parole sono state spese ma pochi sono ancora i fatti.
La Direttiva prevede che gli Stati membri istituiscano programmi di prevenzione dei rifiuti entro il 12 dicembre 2013. Un documento di orientamento è stato preparato per sostenere i Paesi. Il manuale chiarisce i concetti principali relativi alla prevenzione dei rifiuti, suggerendo un quadro per sviluppare i programmi e fornisce esempi delle migliori pratiche, nazionali e regionali, che impiegano un mix efficace di misure. Un manuale separato è stato, invece, preparato per affrontare il problema specifico della prevenzione dei rifiuti alimentari, che è stato identificato come una priorità della tabella di marcia dedicata all’efficienza delle risorse proprio per la sua rilevanza e il suo impatto sull’ambiente, sulle emissioni di gas a effetto serra e sulla sicurezza alimentare globale.
“Preparazione per il riutilizzo” si riferisce invece alle azioni di controllo, pulizia o riparazione attraverso le quali prodotti o componenti di prodotti che sarebbero diventati rifiuti sono trasformati in modo da poter essere usati nuovamente. Un obiettivo che presuppone cambiamenti profondi – e non così immediati – in termini di processi di produzione. Ridurre la quantità di rifiuti prodotti implica intervenire nelle varie fasi del ciclo di vita del prodotto: design, produzione, distribuzione, consumo e fine della vita. Il che significa un cambio di materiali in entrata, l’uso di un diverso tipo di tecnologia, il cambiamento nel design, prassi operative alternative, modifiche al prodotto. Senza contare poi il cambio che dovrebbe avvenire per quanto riguarda le abitudini di acquisto dei consumatori.
Ma è proprio in concomitanza della Settimana che l’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) pubblica uno studio sul commercio dei rifiuti, in costante movimento attraverso le frontiere dell’UE e al di fuori dell’Unione. Perché questo tipo di scarti viaggia? Principalmente per raggiungere luoghi in cui possono essere più efficacemente smaltiti o recuperati. Politiche via via più rigorose ed armonizzate nell’UE hanno portato a fare ricorso sempre di più a questa pratica. Un meccanismo virtuoso, si direbbe ad un primo sguardo. Tuttavia, questo fenomeno è cresciuto esponenzialmente nel tempo. I numeri sono da capogiro. Stando al rapporto dal titolo “Movements of waste across the EU’s internal and external borders” nel 2011 la portata delle esportazioni di rottami di ferro e acciaio fuori dell’Unione Europea è aumentata di otto volte rispetto al 1999, per un business che si aggira attorno a 18 miliardi di euro. Stesso discorso per le esportazioni di rame, alluminio, nichel e metalli preziosi.
Anche le esportazioni di rifiuti pericolosi, che possono essere esplosivi, infiammabili, irritanti, tossici o corrosivi, sono cresciute del 131% nel periodo 2000-2009. Con un aumento della produzione di questo tipo di materiale all’interno dei confini UE del 28%. Il più grande importatore nel 2009 è stata la Germania, mentre il più grande esportatore i Paesi Bassi (2,8 milioni di tonnellate). La maggior parte di questo materiale è riciclato o utilizzato come carburante, anche se molto viene comunque inviato in discarica. Altro dato interessante è il valore delle esportazioni annuali verso Asia ed Africa, cresciuto anch’esso ad un ritmo vertiginoso. In questo ultimo caso si tratta perlopiù di materiale elettrico, gran parte del quale falsamente classificato come “bene usato”, anche se in realtà non funziona più. Il rapporto stima il valore di tali scambi in almeno 250 mila tonnellate ogni anno. Si tralascia il fatto che queste merci possono essere successivamente trattate in condizioni pericolose e inefficienti, danneggiare la salute della popolazione locale e l’ambiente.
Alcuni fattori hanno contribuito alla crescita di questi scambi. In primo luogo la crescente concorrenza globale per le risorse ha aumentato la consapevolezza del valore dei rifiuti. L’aumento delle esportazioni e dei prezzi hanno poi un ruolo fondamentale, in una spirale che sembra inarrestabile, nella crescente importanza economica d queste attività. Sembra infatti essere in aumento anche il commercio illegale di rifiuti, secondo il rapporto, che, a questo proposito sottolinea che l’Unione Europea deve intensificare e armonizzare le attività di ispezione su tutto il territorio.
Di certo, però, questi viaggi non sono senza prezzo. Se, infatti, a prima vista il commercio di rifiuti destinati al riciclaggio o al giusto smaltimento può avere effetti positivi sull’ambiente in generale, notevoli, sono, tuttavia, le ricadute. Il trasporto del materiale provoca, per esempio, ulteriori danni, aumentando le emissioni di gas a effetto serra. Spesso con un impatto molto più elevato di quello prodotto dalle lavorazioni dei materiali vergini.
In un contesto di emergenza, quello europeo, in cui anche il volume degli scarti domestici è raddoppiato in 40 anni e cresce ad un tasso del 1-2% all’anno mettendo a dura prova sia l’ambiente che i bilanci degli enti pubblici locali e regionali, la prevenzione nella produzione è diventato, quindi, un concetto tanto semplice quanto essenziale nel settore della gestione dei rifiuti. Un fattore fondamentale dal punto di vista tecnico, cioè nel loro trattamento a livello di nuove tecnologie e modelli di business, ma anche un concetto che dovrebbe ricordarci la scarsità delle risorse naturali.
Beatrice Credi