“Restauro Bici”: Francesco e l’arte di trasformare un telaio arrugginito in bicicletta di design
La bici nell’epoca della riproducibilità tecnica torna opera d’arte. Con le macchie di ruggine, con il ferro, la gomma, i legacci. Materiali poveri ma densi contenitori di significato ed emozioni. Lavora con le mani, ma all’interno di una “visione filosofica”, Francesco Cozzani, meccanico di biciclette di Mantova, che soffia la vita su vecchi telai polverosi e abbandonati recuperati in garage e cantine.
Francesco trasforma le due ruote in oggetti di design. Le sue ristrutturazioni sono “archeologiche”, ovvero restauro conservativo, ma con un pizzico, fondamentale, di fantasia per rendere il velocipede un pezzo unico.
Tutto è iniziato in piena crisi. Correva l’anno 2009, quando i giganti della finanza si sgretolavano e Francesco chiuse quella porta. Dopo oltre vent’anni di carriera nel mondo della moda: “E’ arrivato un momento dove ho sentito la saturazione. Troppi sconti e saldi, collezioni sempre più veloci e rapide. Si stava perdendo di vista il lavoro sul singolo cliente, la relazione. Un sistema dove si badava solo ai numeri della fatturazione. Ho avuto un momento di crisi e ho cessato tutto quello che stavo facendo”.
E’l'inizio di una nuova vita. “Ero a casa, da qualche tempo. In garage c’era una vecchia bici. E’ nato tutto per caso, da un passatempo. Ho sistemato la bici, un lavoro apprezzato e da lì è stato tutto un passaparola…”. Per Francesco nasce una professione: “Ho innestato la mia esperienza nell’abbigliamento su questo vecchio mestiere. Non c’era, in quel momento, una figura che arricchisse un vecchio telaio arrugginito e lo trasformasse in oggetto interessante”. Francesco trasforma anche l’approccio e lo rende sartoriale. Non vuole certo essere il classico meccanico che quando gli porti la bici ti dice “poggiala lì…”. Lui investe energie nella relazione con il cliente, cura l’ascolto, studia i bisogni e le necessità del committente. Il restauro non è mera pulizia e rimessa a nuovo, è qualcosa di più, per cui serve anima, non solo mani: “Non elimino i graffi mentre per le manopole uso, per esempio, il legaccio del salame”. (Ecco l’anima mantovana, per cui del salame non si butta via nulla!).
La consegna della bici al cliente non è semplicemente l’atto finale di un rapporto di lavoro, spesso si trasforma in un momento di festa, di cui Francesco cura la scenografia: “utilizzo il telo, da scoprire davanti agli amici”. Un rito teatrale, per dare valore a quel “pezzo di ferro” che nasconde spesso grande tecnologia artigianale ed industriale e creare un’esperienza indimenticabile.
La sensibilità verso il vintage rivisitato negli ultimi anni sta aumentando: “All’inizio le bici me le tiravano dietro, volevano solo disfarsene – ci confessa Francesco – ora non te le regala più nessuno, hanno capito che hanno una potenzialità, sono ricercate nei mercatini”. La valorizzazione materiale deve quindi procedere di pari passo con una forte comunicazione, che faccia percepire il valore aggiunto del valore del restauro. Ma Francesco arriva dal mondo della moda e queste capacità certo non gli mancano. “Sono stato il primo in questo ambito a stare sui social, non c’erano persone ad occupare questo campo. Anche il nome restauro bici mi ha fatto arrivare in testa alle ricerche su Google”. Grazie a tutto questo Francesco viene contattato non solo da privati, ma anche da aziende a livello internazionale: “ho fatto bici per Louis Vuitton, per Bugatti a Zurigo, per la Gibson delle chitarre, installazioni a Milano”.
Il legame con il mondo della moda, in fondo, resta, Francesco non ha perso quel filo esistenziale, ma l’ha reinventato. Valorizzare una bici ha un risvolto ecologico, ma anche l’ecologia ha bisogno del culto della bellezza, perché solo la bellezza potrà salvare il mondo…
Gian Basilio Nieddu