OGM: dall’UE regole più severe, ma sul mais Mon810 l’Italia rimane inascoltata
Le decisioni a livello europeo, questa settimana si sono intrecciate alle vicende nazionali. Protagonisti: gli Organismi Geneticamente Modificati. La Commissione Europea ha reso più severe le regole per l’autorizzazione di nuovi Ogm per uso alimentare sul territorio comunitario. D’ora in avanti, le imprese avranno l’obbligo di presentare i risultati dei loro studi dopo aver alimentato per novanta giorni dei roditori con i singoli Ogm per cui si chiede all’UE il nulla osta. Una procedura che, fino ad oggi, era prevista solo per una parte dei nuovi Ogm. E che ha l’obiettivo di rafforzare le misure e i requisiti richiesti per assicurare un processo sempre più trasparente, migliorando, inoltre, la fiducia dei consumatori. La nuova legislazione chiarisce, inoltre, quali protocolli devono essere utilizzati durante l’esecuzione degli studi, le richieste di riesame di ulteriori test, oltre a specificare i requisiti di garanzia della qualità degli studi effettuati in materia di Ogm.
Gli Stati membri hanno ora sei mesi per uniformarsi al nuovo Regolamento. Con questa decisione, l’esecutivo di Bruxelles rende di fatto ufficiale quanto approvato nel febbraio scorso dal Comitato europeo per la catena alimentare e la salute animale, al termine di un’ampia consultazione con i Paesi e le parti interessate.
Tuttavia, molte associazioni considerano i novanta giorni insufficienti. La misura, a loro parere sarebbe inadeguata per potere valutare gli effetti sulla salute umana. L’arco di tempo è considerato, infatti, troppo breve al fine di verificare l’effetto cronico degli Ogm e i rischi di lunga durata prendendo in considerazione l’intero corso della vita. Queste affermazioni si basano su alcuni studi secondo i quali la predisposizione a patologie croniche dovute ad Ogm aumenta, infatti, con l’invecchiamento e con la maggiore vulnerabilità a malattie.
Parallelamente, l’Italia ha chiesto alla Commissione la sospensione d’urgenza per il mais geneticamente modificato. Si tratta del divieto di messa a coltura di sementi del mais Ogm della Monsanto, Mon810, nella penisola e nel resto dell’Unione Europea. Lo ha comunicato il Ministro delle Politiche Agricole, Mario Catania. Il Ministero della Salute ha, infatti, dato seguito al dossier preparato dal Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA). Nella nota ministeriale si legge, inoltre, l’invito all’UE affinché effettui una nuova valutazione di questo tipo di mais alla luce delle ultime indicazioni scientifiche. Nonché il suggerimento a definire le adeguate misure di gestione che dovrebbero essere rese obbligatorie per chi utilizza Mon810.
La richiesta si è resa necessaria, spiega il governo italiano, alla luce del fatto che, quando si parla della possibilità di coltivare Ogm in Italia, bisogna tenere ben presente che l’opinione pubblica, i consumatori e gli stessi agricoltori sono contrari. Per questo si deve essere rigorosi.
Estremamente favorevole alla decisione l’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (Aiab). Che attraverso il suo presidente Alessandro Triantafyllidis ha sottolineato come questo sia il primo passo per rafforzare e rendere più duratura la difesa dell’agricoltura di qualità e della biodiversità attraverso l’adozione della clausola di salvaguardia nei confronti del mais Mon810, come già fatto, in, altri otto Paesi UE: Francia, Germania, Lussemburgo, Austria, Ungheria, Grecia, Bulgaria e Polonia.
Di tutt’altra opinione i sostenitori degli Ogm, i quali guardano alla possibilità di invocare la clausola di salvaguardia per impedire agli agricoltori di coltivare sementi Ogm come ad una realtà remota. Uno scenario reale solo nel caso, infatti, ci si trovasse di fronte a comprovati rischi per la salute e per l’ambiente. Certo è che la richiesta dell’Italia rischia di rimanere lettera morta, visto che la nuova valutazione sul Mon810 è già stata fatta nel 2012 e, secondo l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), non c’è alcun rischio.
Rimanendo in ambito agroalimentare, dal 10 aprile saranno proibiti in Europa gli additivi presenti nei mangimi per stimolare l’appetito degli animali. La decisione della Commissione Europea prevede, ad eccezione di autorizzazioni specifiche, il ritiro dal mercato degli additivi per mangimi che appartengono al gruppo di sostanze aromatizzanti e stimolanti dell’appetito. Lo stop deciso dall’Esecutivo di Bruxelles prevede comunque periodi transitori per permettere di estinguere le scorte esistenti. Il provvedimento è stato sostenuto dagli Stati membri riuniti nel Comitato europeo per la catena alimentare e la salute animale e rappresenta la volontà di fare un passo indietro rispetto alla mera logica di mercato che spinge verso livelli produttivi elevati a favore del benessere degli animali.
Beatrice Credi