Ocean Warrior: le missioni del capitano Paul Watson per la salvaguardia del Pianeta
Per la rubrica “Racconti d’Ambiente” pubblichiamo oggi un estratto del libro “Ocean Warrior” del Capitano Paul Watson, edito da Ugo Mursia Editore (pag. 448, 18.00 euro).
L’equipaggio fece velocemente i bagagli e si affrettò a percorrere la passerella per raggiungere la banchina. Avevo dato loro solo dieci minuti per decidere: tornare a bordo e speronare la baleniera o prendere la valigia e andarsene. Tredici di loro rimasero sul molo; mi aspettavo di perderne qualcuno, non così tanti. Peter Woof e Jerry Doran, primo e terzo ingegnere di bordo, lanciarono loro il bagaglio. Non avevo dubbi su Peter, e Jerry si rivelò una piacevole sorpresa.
Alcuni tra quelli rimasti a terra erano in collera. Michael Louis, il falegname, urlò a Peter: «Svegliati, è un pazzo furioso, non possiamo attaccare la nave, non è legale, è…».
«Taci, stronzo.» Peter si scaldava facilmente. «Tu non stai facendo niente, caro mio, né tu né quelli che sono lì con te, quindi chiudi quella bocca di merda.»
Alex Pacheco mi raggiunse in cabina di comando. Era visibilmente agitato. «Ordinami di restare, Paul, e resterò.»
«Non posso farlo, Alex, la decisione deve essere tua.»
«Ma cosa ci succederà?»
«Non posso darti la certezza che non ti ferirai o che non morirai. La possibilità di farsi del male è seria, quei bastardi sono armati, ma io ti posso garantire una cosa, che qui in Portogallo andrai in galera, di questo ne sono certo. Non possiamo sfuggire alla Marina portoghese, e due delle sue navi sono proprio laggiù.»
«Tu sei pronto a morire? Io non so se lo sono.»
Non avevo davvero pensato a morire, ma la domanda di Alex mi fece affrontare la realtà della situazione. Mi si seccò la gola. Lo guardai. Sembrava confuso. Voleva dare il proprio contributo ma era giovane, aveva solo 18 anni. Era la sua prima missione, e io lo stavo portando dritto all’inferno.
«Alex, qui siamo sufficienti. Io ho bisogno di un portavoce sul molo che non ci darà dei pazzi nel caso dovessimo fallire. Tu sai perché lo stiamo facendo. Diglielo. Ma Alex, maledizione, dobbiamo andarcene prima che i portoghesi si accorgano della nostra presenza, prima che quel bastardo del capitano se la squagli. Li abbiamo pedinati per tutto l’Atlantico. Quella nave è il nostro bersaglio. Dobbiamo farla fuori e dobbiamo farlo adesso.»
«Ho bisogno di pensarci, capitano.»
«Non c’è tempo, Alex. Prendi la tua roba e lascia la nave. Fai delle foto.»
«Non lo so…»
«Alex, non ti ordino di restare, ma ti sto chiedendo di scendere a terra.»
Si girò per andarsene. Lo fermai: «Alex».
«Sì, capitano?»
«Prenditi cura di te.»
Sorrise. «Buona fortuna, capitano.»
Mi affacciai al finestrino di sinistra, ignorando le provocazioni di qualche ex membro dell’equipaggio. «Peter, avvia i motori. Jerry, tienti pronto a mollare gli ormeggi. Ce ne andiamo.»
Peter guardò su con un sorriso che gli attraversava il cespuglio che aveva al posto della barba. «Certo, capitano.»
«Molla gli ormeggi, Jerry.»
Segnalai lento a poppa al telegrafo. I motori si avviarono pigramente con un fischio penetrante, l’inversione di marcia entrò senza problemi e la Sea Shepherd indietreggiò lentamente.
Avevo ancora la gola secca. Presi una birra calda e ne bevvi un sorso che sembrò venirmi in aiuto. Mi trovavo esattamente dove avevo deciso di essere. Avevo giurato di speronare quella baleniera di fuorilegge, e proprio quello avrei fatto.
«Dimentica te stesso», borbottai, «pensa alle balene, pensa all’obiettivo, alla meta». Afferrai la trasmittente VHF:
«Sierra, Sierra».
Una voce dall’accento marcato rispose: «Qui è la Sierra».
«Maledetti, maledetti balenieri figli di puttana, la vostra carriera finisce oggi.»
«Chi è? Che cosa volete, eh?»
«Guarda fuori e sgombera i ponti. Vi ho presi, bastardi.
Preparatevi a essere speronati. Ripeto, ho intenzione di speronarvi.»
Il capitano Arvid Nordengen si precipitò fuori dalla cabina del timone. Lo vedevo. Aveva la bocca spalancata per l’incredulità. Un marinaio con un fucile in mano lo raggiunse. Eravamo a soli 500 metri di distanza e ci dirigevamo dritti verso di loro a tutta velocità. Non poteva fare niente, era senza via di scampo, un bersaglio fin troppo facile, completamente alla nostra mercè.
Peter arrivò ansimante in cabina, senza fiato per la corsa dai sotterranei della sala motori. «Questo lo devo vedere. Gesù, le siamo già quasi addosso! Dove la colpirai?»
«Una botta di avvertimento lungo la prua; facciamole saltare quel maledetto arpione.»
Manovrando il timone con una mano, scattai con l’altra qualche fotografia. Vedevamo le facce pietrificate dall’orrore di una ventina di sporchi membri dell’equipaggio, tutt immobilizzati dall’incredulità.
«Ragazzi, si parte!»
La prua del nostro peschereccio dei Mari del Nord da 779 tonnellate, rinforzata con il cemento per affrontare i mari ghiacciati, venne a contatto con quella delle 650 tonnellate della Sierra. Senza fermarci la colpimmo proprio dietro la piattaforma dell’arpione. Sentii lo stridio del metallo che si accartocciava e vidi la baleniera inclinarsi a dritta mentre la Sea Sheperd proseguiva senza ostacoli sulla propria rotta.
Nel giro di pochi secondi avevamo la prua della baleniera a poppa e io manovravo il timone a tutta dritta per aggirarla e colpirla una seconda volta. Guardando alle spalle dal finestrino di destra della cabina di comando vedevo l’equipaggio della Sierra uscire dalla stiva come un esercito di termiti in allarme. Il primo avvertimento aveva raggiunto lo scopo: avevamo la completa attenzione di tutta la nave. [...]
Capitano Paul Warrior*
*Paul Watson nasce a Toronto, Canada, il 2 dicembre 1950 da padre franco-canadese e madre metà danese, metà canadese. All’età di 9 anni Paul distrugge le trappole di un gruppo di cacciatori che hanno ucciso un castoro suo “amico” ed è noto per disturbare i cacciatori di cervi e anatre. Nel 1967 va a lavorare fuori casa e l’anno successivo si unisce alla Guardia Costiera canadese, dove rimane per due anni. Nell’ottobre del 1969 è tra gli organizzatori e partecipanti alle proteste contro i test nucleari presso l’Isola di Amchitka da parte dell’Atomic Energy Commission. Nel corso degli anni Paul Watson ha mostrato una notevole diversità nel suo attivismo. Oltre ad essere un co-fondatore di Greenpeace nel 1972, di Greenpeace International nel 1979, e fondatore di Sea Shepherd nel 1977, Watson è stato un Corrispondente di Campo per i Defenders of Wildlife tra il 1976 e il 1980. E’ stato Rappresentante per il Fondo per gli Animali (Fund for Animals) tra il 1978 e il 1981, e rappresentante per la Royal Society per la Protezione degli Animali (Royal Society for the Protection of Animals) nel 1979. E’ stato co-fondatore della Earthforce Environmental Society nel 1977 e degli Amici del Lupo ( Friends of the Wolf) nel 1984. La prima affiliazione di Watson con il Sierra Club è avvenuta nel 1968 e ne è rimasto sempre un sostenitore da allora. Watson fu eletto al Consiglio Nazionale del Sierra Club degli Stati Uniti, che diresse dal 2003-2006.