Non solo reddito. La GDO secondo EcorNaturaSì
Quando è nata, nel 1992, trovare i prodotti biologici non era semplice: i negozi specializzati erano pochi e anche i produttori non abbondavano. L’alimentazione bio negli anni ’90 era forse uno di quei casi in cui i consumatori sono più avanti del mercato, ed è stata questa domanda rimasta insoddisfatta a decretare il successo di NaturaSì, operatore della grande distribuzione di prodotti biologici e biodinamici che nel 2009 si è fuso con Ecor, la maggiore società di distribuzione specializzata fondata nel 1987.
Oggi l’azienda conta quasi 400 punti vendita tra supermercati a marchio NaturaSì (101 in Italia e 2 in Spagna, presenti nelle città) e negozi Cuorebio (290 associati, situati soprattutto nei piccoli centri), oltre ad alcuni ristoranti e gelaterie. Altri supermarket sono in fase di apertura a Roma e Milano. Il fatturato è di circa 200 milioni di euro.
Un’attività cresciuta di pari passo con l’aumento dei consumi di prodotti biologici, che non conoscono crisi. Basta dare uno sguardo ai risultati dell’ultimo Osservatorio SANA curato da Nomisma, diffusi un mese fa. Secondo l’indagine realizzata tra i titolari di negozi specializzati, “le vendite bio (food e non-food) nel canale specializzato sono cresciute a doppia cifra tra il 2010 e 2012 (+13,6% in due anni)”. Le previsioni per le vendite 2013 segnalano ancora una volta un trend positivo (+6,9% rispetto al 2012), con un tasso di crescita medio annuo previsto dagli operatori di oltre il 7% da qui al 2015. “Ecor si è espansa pian piano fino a superare i mille negozi serviti in Italia, NaturaSì è nata da subito come franchising, con l’idea di servire i consumatori che non riuscivano a trovare i prodotti biologici nei negozi tradizionali”, spiega Edoardo Freddi, responsabile marketing dell’azienda.
A differenza della grande distribuzione di prodotti convenzionali, basata su una filiera in cui il produttore – e in particolare l’agricoltore – è l’anello debole della catena, EcorNaturaSì ha scelto di porre maggiore attenzione a questo aspetto. “Si è partiti con l’idea di non fare dell’economia e del guadagno l’unico valore. La qualità del cibo, la salute, la fertilità della terra e la protezione dell’ambiente sono beni altrettanto importanti da tenere in considerazione quando si fa impresa. Considerazioni che oggi sono più diffuse, ma che venti anni fa non erano per niente ovvie”. Partendo da questa base, continua Freddi, “si è puntato fin dall’inizio a remunerare i fornitori con il giusto prezzo: in questi due decenni abbiamo costruito un rapporto diretto con i produttori, molti lavorano con noi fin dall’inizio”.
Oggi i fornitori sono in tutto oltre 200. Tra questi c’è anche la Fattoria Di Vaira di Petacciato, in provincia di Campobasso: partecipata dal gruppo e da molti negozi, oltre che da diversi semplici consumatori, l’azienda ha 500 ettari coltivati a metodo biodinamico, ma non si ferma alla produzione. “Si cerca anche di far passare una cultura del cibo e dell’ambiente alle persone, per esempio attraverso corsi di cucina e formazione sul biodinamico. C’è anche un centro di sperimentazione, in cui si fanno prove e studi anche sul benessere degli animali”.
Dalla ricerca di un rapporto più diretto con i produttori, unita alla consapevolezza che i consumatori cercano sempre più non solo prodotti sani, ma anche relazioni (se non di persona, almeno immaginate), nascono diversi altri progetti. Tra questi, il marchio Terre di Ecor, che punta sulla tracciabilità e sul racconto delle storie dei produttori, in modo da rendere la spesa al supermercato un po’ meno impersonale. “Sono tutti produttori che hanno aderito a un disciplinare di qualità e che hanno deciso di aprire le porte alle visite dei consumatori in ogni momento, anche senza preavviso”, aggiunge Freddi. O, ancora, il lavoro per la creazione di filiere: la prima a essere stata lanciata è quella della pasta Ecor, che “fa conoscere da vicino il percorso compiuto dal grano, dalla coltivazione, alla produzione, sino ad arrivare sotto forma di pasta alla tavola, in modo trasparente. Allo stesso modo stiamo lavorando alla creazione di filiere dello zucchero, del pomodoro e del latte”. L’ortofrutta è invece al centro di Buoni dentro, un’iniziativa in cui “invitiamo il consumatore ad acquistare ortaggi non perfetti esteriormente, per esempio carote piccole o melanzane un po’ striate dal vento, ad un prezzo più conveniente”. Oltre alla tracciabilità, nei punti vendita si promuovono anche i prodotti bio locali, ma “facendo passare il concetto che parlare di chilometro zero nel convenzionale è un’ipocrisia, perché la filiera corta non implica assolutamente che il prodotto sia sano”.
Domenica prossima 26 aziende aderenti ospiteranno “Seminare il futuro”, in cui adulti e bambini potranno partecipare alla semina: un’iniziativa, anche questa, “per promuovere un rapporto diretto tra consumatori e produttori, far conoscere come funziona un’azienda agricola, riflettere sull’importanza di una terra fertile”. E proprio ai semi saranno dedicate le prossime attività dell’azienda: “Stiamo lavorando per promuovere l’uso di sementi non ibride, che purtroppo si sono diffuse anche nel biologico. E’ importante che gli agricoltori producano i semi da soli, in modo anche da selezionare le varietà più resistenti”. Sugli scaffali dei supermercati NaturaSì sono già tornare cereali e legumi dimenticati, e altri, grazie al recupero dei semi, potranno ricomparire.
Veronica Ulivieri