Nella vecchia fattoria della Tamaro, tra pannelli solari e boschi da fiaba
“Abito in un posto da fiaba. Con cinque cani, un gatto, due pony, un cavallo, un’asinella, le galline, i conigli, i pappagalli e i pesci rossi. Le città? Ricordi lontanissimi. Sono il luogo del malessere, spazi nemici dell’uomo”. A giudicare dal posto in cui ha casa, la splendida collina di Orvieto, non c’è da stupirsi se Susanna Tamaro, scrittrice triestina dall’amore viscerale per la natura e i suoi animali (che nella sua fantasia diventano subito dei personaggi protagonisti di storie), componga romanzi che sono inni alla gioia di esistere.
Va dove ti porta il cuore, bestseller da 14 milioni di copie, Il grande albero, La baita dei pini, Il cerchio magico (recentemente rieditato da Giunti) sono alcuni dei suoi titoli più famosi. L’impegno e l’interesse per le tematiche ecologico-ambientali sono fonti d’ispirazione centrali per la sua letteratura. La Tamaro è stata anche scelta come testimonial del Corpo Forestale dello Stato, della LIPU (Lega Italiana Protezione Ucelli), del progetto Treebank per la Riforestazione Urbana Comune di Milano, di WWF Italia e, dal 2009, di Legambiente.
D) Come si vive in un mondo completamente immerso nei boschi, lontano dal rumore delle città?
R) Benissimo. Non tornerei indietro per niente al mondo. A qualche chilometro da tutto ciò che è umano, il che è un conforto, ritrovi te stesso. Nel silenzio assoluto, interrotto solo dal baccano delle motoseghe dei taglialegna. La mia è una vecchia casa, tutta restaurata, alimentata completamente con pannelli solari. Quanto ho dovuto faticare per attivarli…
D) Perché?
R) Per colpa della legislazione. Stavo per diventare matta, non mi davano autorizzazione per farli funzionare. In Italia ti promettono grandi agevolazioni per l’installazione del fotovoltaico, ma sono tutte truffe. Il sistema funziona, ma ti fanno perdere la testa per le lungaggini ad azionarli. Molti inconvenienti, ma alla fine ce l’ho fatta. E ora tutto va a energia verde.
D) Riesce a scaldare un casolare con i pannelli? Quanti gradi ci sono nelle sue stanze in inverno?
R) Molto pochi. Confesso, vorrebbero scappare tutti. In camera da letto 16-18°, e mi copro con un bel piumino caldo. In bagno 7°.
D) Sette? Ma è una stoica! Come trova il coraggio di fare la doccia?
R) Quando fa freddo freddo infatti non lo trovo. Utilizzo un altro bagnetto piccolo, scaldato con un calorifero. Anche perché il bagno grande è situato a nord, in una casa che sta a 500 metri dal livello del mare. Ci sono praticamente i pinguini che pattinano nella vasca. Alla cucina e al salotto però ho riservato il secondo grande investimento della mia vita, dopo i pannelli solari: ho trovato due grandi stufe in maiolica dell’Alto Adige. Le alimento con la legna del mio bosco. Scaldano ovunque e asciugano benissimo le pareti. Il calore del fuoco è diverso, si nota anche per i cibi che cucino nei forni a legna. Delle semplici patate sembrano tartufi. Il gas non so più cosa sia, così quando capita, e capita spesso, che manchi la luce, riesco comunque a sfamare la famiglia.
D) Scrive in cucina abitualmente?
R) In cucina leggo, la sera. Per lo più saggi di argomenti di attualità o riviste di animali, agricoltura, ambiente. Con la narrativa ho smesso. La frequentavo molto da ragazza. Per la scrittura non ho un luogo dedicato. Se ho l’ispirazione metto giù pagine ovunque mi capita, anche nei bar. Ma è anche vero il viceversa: se non ho l’ispirazione, non c’è santo che tenga. Qui da me, comunque, ci sono due posti più indicati degli altri per scrivere: la casetta in legno in giardino o la torretta in camera mia.
D) E’ vero che ha appena aperto un agriturismo?
R) Sì. Sto in un posto troppo bello e ho sentito l’esigenza di condividerlo con gli altri. Tra Orvieto e Bagnoregio, anni fa c’era un amico che doveva vendere il suo casolare. Gli ho proposto l’acquisto e l’ho trasformato in 3 appartamenti più una casa indipendente. faccio agriturismo e ovviamente si possono portare gli animali. E’ una piccola attività che conduco per passione, in questo modo do anche lavoro a delle persone. Si chiama “Il Giglio Bianco”, ricorda il mio nome in ebraico, che significa “giglio”. Ci ho costruito anche una serra sperimentale, alimentata eolicamente, in collaborazione con il Cnr. E’ il luogo ideale per fare ritiro spirituale e infatti vengono molti gruppi, soprattutto di yoga o di danza perché ho un salone affacciato sui boschi con parquet.
D) Chi sono i suoi coinquilini?
R) La mia amica e molti animali. Ora siamo al minimo storico di cani: 5. Ne ho avuti anche 7, facevo “Biancaneve e i sette cani”. Di più diventano un branco e non sono gestibili. La truppa è divisa in due. I “proletari”, cioè il volpino, la “salsiccia”, un cane grassottello che non capisci dove abbia la testa e dove la coda, l’ho salvato da una morte orrenda, e uno che sembra tirato fuori da “La voce del padrone”. Poi ci sono gli “aristocani” o “nobilcani”: un border collie regalatomi da Oliviero Toscani, che ha la femmina, e quindi ci consideriamo parenti di cani, e un bovaro delle Fiandre, razza rara, di cui mi sono innamorata. E’ una tiranna, detta legge sul popolo cane. Nel mucchio c’è anche un gatto, Perla, sembra Silvestro dei cartoni. Stanno tutti insieme in salotto sui divani. Poi ci sono 2 pony salvati da un macello, un cavallo avellinese, un’asinella grigia di 18 anni, simpatica, ironica e intelligente. Un prato di conigli da compagnia, galline da uova, voliere con pappagalli, pesci rossi in un laghetto. Sono i miei mangiapane a ufo.
D) Che consiglio darebbe al Ministero dell’Ambiente per tutelare meglio la nostra salute?
R) Gli suggerirei di impedire la circolazione delle auto a Roma e fare solo piste ciclabili e tram. E poi dovrebbe insegnarci a riciclare in modo chiaro e corretto, perché siamo tutti impreparati. Gli consiglerei anche di mettere in prigione chi inquina: l’ambiente è un bene comune, chi lo deturpa commette un furto, defrauda le persone di un loro diritto.
Letizia Tortello