Né vincitori né vinti al primo dibattito UE. Il format botta-e-risposta brucia la green economy
Il 28 aprile 2014 resterà, nella storia dell’Unione Europea, una data da ricordare. A Maastricht si è tenuto il primo dibattito tra quattro dei cinque candidati in corsa per la Presidenza della Commissione Europea, mandato in onda in tredici lingue da Euronews. Per la prima volta, infatti, oltre agli Eurodeputati, si eleggerà anche il “capo dell’esecutivo” UE, destinato a prendere il posto che, da due mandati, è ricoperto da José Manuel Barroso.
Per 90 minuti Jean-Claude Juncker del Partito Popolare Europeo (PPE), Martin Schulz del Partito Socialista (PSE), Guy Verhofstadt dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa (ALDE), e Ska Keller del Partito Verde Europeo si sono confrontati cercando di fare emergere la propria idea di Europa. Grande assente Alexis Tsipras – leader del partito greco Syriza e candidato per la Sinistra Unitaria Europea – che pare essere stato informato troppo tardi e che ha scelto di non annullare la tappa portoghese della sua campagna elettorale.
Il confronto avrebbe visto emergere, per maggiori abilità oratorie – secondo gli osservatori - il belga Verhofstadt, il quale ha fornito una visione d’insieme dell’UE più chiara e convincente, dando prova di una maggiore capacità di tener testa agli interlocutori con argomenti sempre validi, e rispondendo, colpo su colpo alle domande. Ottima anche la performance della giovanissima Ska Keller, dello European Green Party, che insieme a Verhofstadt ha brillato soprattutto nell’ultima parte del dibattito, mentre Schulz e Juncker, i principali favoriti, sono rimasti più nell’ombra.
Due sono stati tuttavia, secondo molti commentatori, gli aspetti critici. Il primo è senza dubbio legato ai temi affrontati. C’è stata, durante l’intero dibattito, una presenza costante e minacciosa: l’economia. Ma c’è stato anche un grande assente: l’ambiente. Anche la candidata dei Verdi ha avuto qualche difficoltà a sottolineare l’importanza di cambiare paradigma economico, avvicinarsi alla green economy e sostenere un green new deal per uscire dalla crisi. Più volte citata, infatti, l’economia verde non ha “bucato il video”, colpa, forse, anche della velocità e brevità delle risposte a cui il format obbligava. Davvero incisivo, invece, l’intervento della Keller per quanto riguarda l’energia. Interpellata in tema di politica estera – che data l’attualità era sottinteso che si riferisse alla situazione in Ucraina – la rappresentante dei Verdi ha dichiarato, senza giri di parole: “la crisi in Ucraina deve portare a un cambiamento nella politica energetica. Penso che dovremmo ridurre la nostra dipendenza dalla Russia. E credo che sia una vergogna che il bilancio dell’Unione europea nel settore delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica sia stato ridotto dai miei colleghi qui presenti”. Una stoccata verso gli avversari, tutti politici di lungo corso.
Secondo punto chiave, la volontà di tutti i candidati di rompere con un passato in cui lo strapotere degli Stati, rappresentati in sede europea all’interno del Consiglio, e la tecnocrazia della Commissione hanno imposto diktat e tracciato la rotta sulla maggioranza delle politiche. Abbiamo visto, anche in campo ambientale, come spesso questi due organi non siano stati propensi a compiere scelte coraggiose perché messi sotto scasso da interessi squisitamente nazionali o di grandi lobby. Non a caso, l’incarico per il quale i cinque candidati sono in corsa è una grande novità introdotta dal Trattato di Lisbona per rafforzare la volontà popolare. Il prossimo leader dell’UE sarà, infatti, determinato, con ogni probabilità, dal gruppo che otterrà i maggiori seggi all’Europarlamento. Quindi, anche se il Consiglio avrà modo di partecipare alla scelta, la nuova procedura dovrebbe delineare un Presidente con il ruolo di primus inter pares, impegnato a difendere la supremazia europea e allo stesso tempo a riguadagnare la fiducia di cittadini e Stati nazionali, entrambi sempre più riluttanti ad accettare le decisioni di burocrati considerati distanti dalle esigenze della comunità.
Al primo giro nessun leader è risultato così convincente da emergere nettamente sugli avversari. Tuttavia, se di vittoria si deve parlare, forse è all’Europa intera a cui ci si deve riferire. Diretta in 28 paesi, traduzione in 13 lingue, 1.000 tweet di commento al minuto con l’hashtag #Eudebate2014. “È veramente la prima volta nella storia dell’Unione Europea che dei candidati alla presidenza della Commissione Europea si fanno conoscere, spiegano cosa vogliono fare, confrontano le loro idee politiche: gli elettori potranno fare una scelta”, ha dichiarato Jean Quatremer, uno dei mediatori del dibattito esprimendo il proprio entusiasmo nei confronti dell’evento. Quella di lunedì scorso, tuttavia, non sarà l’unica occasione per ascoltare le parole dei candidati. Una ricca serie di appuntamenti attende i duellanti in giro per l’Europa. Si continua l’8 maggio a Berlino con il faccia a faccia Juncker-Schulz. Il 9, invece, sarà Firenze ad ospitare un dibattito simile al primo – con il solo cambio nelle fila dei Verdi che schierano José Bové al posto di Ska Keller – in diretta su Rai News 24 dalle 18:30 alle 20:00. Il 15 maggio, infine, tutti i contendenti – compreso Alexis Tsipras – saranno al Parlamento Europeo.
Beatrice Credi