Minoli, ottimista metropolitano: “L’uomo crea disastri ma trova sempre soluzioni”
Dalla città non se ne andrebbe per niente al mondo, perché la ama. Più metropolitano di un personaggio dei romanzi di Don DeLillo, il giornalista Giovanni Minoli, ex direttore di RAI Educational e autore di trasmissioni di successo come La Storia Siamo Noi, non si separerebbe mai dal paesaggio urbano, che, dice “mi appartiene antropologicamente”. Anche i difetti si accettano, a malincuore. Dallo smog al trambusto del traffico a tutte le ore, sono i prezzi da pagare per stare immersi nelle comodità, nella “società attiva”. Il miglior modo per godersi la bellezza caotica della Capitale resta comunque, ci dice, a piedi.
D) Dott. Minoli, la “sua” Roma benché apprezzata per la qualità della vita che offre, è spesso oggetto di critiche per pulizia e inquinamento. Condivide?
R) Io la trovo senza mezzi termini meravigliosa, con un centro storico che ha gli scorci più belli del mondo. La conosco da vicino, perché mi sposto a piedi – che da casa mia alla RAI vuol dire 50 minuti di strada tutti i giorni, due volte al giorno.
D) Wow, meglio di un allenamento! Ma non cerca mai un paesaggio d’evasione?
R) E’ difficile che mi manchi la campagna. L’ho frequentata da piccolo per molti anni, a Baudenasca, nel pinerolese, dove trascorrevamo le vacanze estive. Mi divertivo molto, ma mi diverto molto di più a vivere a Roma. Vedo i difetti della vita urbana, ma mi appartengono antropologicamente e culturalmente. Un segreto, comunque, ce l’ho. D’estate in effetti mi rifugio in una sorta di paradiso naturale…
D) Dove, se possiamo saperlo?
R) A Filicudi, isola meravigliosa delle Eolie, quasi deserta, piena di meraviglie. Lì riscopro l’altra faccia della bellezza. C’è quella dell’uomo, creativo e inventore, e quella del dio, che semina qua e la’ delle perle.
D) Come accade per i beni culturali, anche per il paesaggio l’Italia fatica a valorizzare i suoi tesori, li deturpa, li sporca, non li preserva. Perché?
R) Abbiamo troppo bello. E’ come mangiare caviale tutti i giorni; dopo un po’ fa male al fegato. Ci vuole cultura per apprezzare questa meraviglia. E’ l’unico petrolio che abbiamo, se puntassimo su questo saremmo la Svizzera del bello. Ci arriveranno forse i nostri nipoti, dopo la crisi dell’economia industriale…
D) Se non avremo cementificato irreparabilmente tutto, nel frattempo…
R) Di posti meravigliosi ce ne sono ancora tanti e ce ne saranno sempre. La cementificazione e’ figlia della cultura disastrata del passato, dei geometri democristiani e comunisti. Il fascismo, al contrario, ha lasciato un segno anche per le sue architetture. Prendiamo l’Eur, Sabaudia. Sono bellissime, con un progetto urbanistico armonico.
D) Vada l’ottimismo razionalista della “città ideale” – alla Piero della Francesca – ma non crede che l’urbanizzazione selvaggia abbia più spesso creato ecomostri che capolavori?
R) Io non sono per la vittoria dell’orsetto lavatore contro l’uomo. Tra i due, preferisco l’essere umano, poi se c’è spazio rispetto anche l’orsetto lavatore. Certo, la natura va difesa, oggi non difendere il proprio paese dall’inquinamento vuole dire uccidere le generazioni future. Gli indiani d’America, prima di prendere una decisione, pensavano ai successori di cinque generazioni più in là. Forse così è troppo (e infatti sono morti e si sono estinti). L’ambientalismo deve integrarsi con l’economia, sempre più verso un modello di “economia verde”. In Italia siamo indietro e ignoranti. Anche se, per fortuna, non siamo schiavi delle mode: si è visto con l’eolico come si distrugge il territorio…
D) Un Ministro dell’Ambiente della Repubblica Italiana, che ricorda per il buon operato?
R) Perché, abbiamo anche un Ministro dell’Ambiente?
D) Lei è sportivo?
R) Lo sono stato moltissimo in passato. Ho praticato tutti gli sport, dal calcio agonistico – ho giocato con i semiprofessionisti – allo sci. Ora gioco a golf in modo serio, i fratelli Molinari sono miei cugini.
D) Con questa sua fiducia per la città, non c’è proprio nulla da migliorare nella qualità della vita metropolitana?
R) Si migliorerà strada facendo. Prima l’uomo sognava l’automobile, oggi la usa solo se ne ha bisogno, sa che l’auto è qualcosa che fa male, non la mitizza più. E’ pur vero che abbiamo costruito una società che segue uno sviluppo ancora miope, per cui prima di convincerci che sia meglio usare il treno, dovremmo uccidere tutte le macchine del mondo. Il processo di riconversione è lento, ma sono ottimista. L’uomo crea dei disastri e poi trova delle soluzioni geniali.
Letizia Tortello