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“Le mani della tradizione”: la prospettiva secolare delle imprese storiche

giugno 3, 2015 Campioni d'Italia, Rubriche

In Italia, più di quattro aziende su dieci sono familiari. Non solo: una parte significativa delle quasi 2.500 imprese storiche del nostro Paese è ancora in mano alle famiglie che le hanno fondate almeno un secolo fa (e 30 sono quelle nate addirittura tra l’anno 1000 e il 1500). Aziende che si distinguono per un approccio “sostenibile” al territorio: “Non un rapporto mordi e fuggi, ma una relazione di lunga durata, improntata al dialogo con i cittadini e gli amministratori e alla salvaguardia delle risorse”, spiega Thomas Quintavalle, fotografo che alle aziende storiche italiane ha dedicato, con energia e determinazione, il progetto “Le mani della tradizione”.

L’idea mi è venuta vivendo a Berlino: cercavo un aspetto positivo dell’Italia da mettere in evidenza e ho letto la notizia del primato europeo dell’Italia nell’ambito delle aziende storiche. Se ne era già parlato in passato, ma la mia intenzione era andarle a fotografare, per affascinare le persone con la tradizione di queste imprese e il saper fare dei loro artigiani”. Thomas fa ricerche e sceglie le 18 aziende protagoniste, tra le quali la Pontificia Fonderia Marinelli, nata nell’anno mille ad Agnone (Isernia), come fonderia delle campane del Papa, seconda al mondo per anzianità di fondazione, e la Torrini, impresa produttrice di gioielli fondata dal capostipite Jacopo nel 1369.

I settori sono tanti. C’è per esempio quello delle imbarcazioni, in cui operano la Camuffo di Portogruaro, nata nel 1438 e che tra i suoi illustri clienti vanta Maometto II e perfino Napoleone, la Tramontin & Figli, che costruisce gondole dal 1884, e il cantiere nautico Crosera, sorto nel 1855 sulle rive del Piave. C’è la manifattura, con le storie della famiglia Bianchi di Keyline, maestri di chiavi dal 1770, e della famiglia Voltan che nel 1898 hanno aperto il primo calzaturificio a ciclo produttivo industriale d’Italia. C’è l’artigianato artistico: gli Studi di Scultura Nicoli del 1835, che all’ombra delle Apuane mantengono viva la tradizione della lavorazione del marmo; la Bottega Pascucci di Gambettola che utilizza il procedimento della stampa xilografica fin dal 1826; la produzione di ceramiche di Ubaldo Grazia, che è attiva dal 1500. Senza dimenticare l’abbigliamento, con la laneria Fratelli Piacenza di Pollone del 1733 e il Lanificio Conte di Schiodel 1757; e l’agroalimentare. Un settore, questo, che nel progetto è ben rappresentato da diverse aziende. Da una parte i produttori di vini e liquori: la cantina Leone de Castris, fondata nel 1665; il liquorificio Luxardo, nato nel 1821, la Ditta Bortolo Nardini, che dal 1779 produce acquavite e liquori. E poi le aziende di delizie gastronomiche: la Fabbrica Mucci che ad Andria produce confetti dal 1894, la confetteria Romanengo nata nel 1780 a Genova, il pastificio Fabbri che in un piccolo borgo nel cuore del Chianti produce pasta dal 1893.

I primi scatti fotografici sono del 2013, gli ultimi dell’estate scorsa, anche se il progetto non è assolutamente finito. “Negli ultimi tempi ho lavorato molto alle mostre, tra le quali quella al Ministero dello Sviluppo Economico che andrà avanti per tutto il 2015”.

Il mio obiettivo, continua Thomas, “è stato quello di catturare due universi apparentemente in antitesi, quello aristocratico del prodotto finale e quello democratico che dà spazio agli artigiani, agli operai e che aiuta, da un lato gli italiani a riconoscersi nella qualità e dall’altro rappresenta quel plusvalore che ci distingue in tutto il mondo“. E visitando le diverse aziende, conoscendo i discendenti dei fondatori delle imprese, i loro artigiani, osservando i processi produttivi e gli stabilimenti che a volte erano ancora quelli storici, il fotografo ha trovato un approccio imprenditoriale interessante: “Queste aziende hanno un legame molto profondo con le persone e il territorio e lavorano in modo diverso rispetto alle multinazionali. Anche se si sono spostate di qualche chilometro rispetto alla sede originaria, mantengono con il luogo e l’ambiente una relazione equilibrata, lontana dal rapporto mordi e fuggi che vediamo in casi di imprese molto grandi”.

C’è per esempio il caso del lanificio Piacenza, che “ha trasformato il colle Burcina, vicino al paese di Pollone, in un parco naturale che con i suoi colori continua a ispirare anche le linee di abbigliamento in cachemire. Lo stabilimento ha anche un’attenta gestione delle acque di scarto, che vengono depurate e potabilizzate”. Il pastificio Fabbri, invece, “sta recuperando varietà antiche di grano”, mentre la confetteria Romanengo “adatta la sua produzione alla stagionalità della frutta”. In generale, riflette Thomas, “il territorio è per tutti uno dei motivi di successo di aziende così antiche, che al legame con il luogo di origine devono la tradizione. Un altro fattore interessante è la capacità di coniugare storia e innovazione per continuare a prosperare”.

Con le sue fotografie, Thomas ha cercato di raccontare “persone, mani educate con tenacia, senza la fretta che non fa maturare e dalle quali si evince una interiorizzazione delle azioni che rappresentano il vero saper fare italiano, con lo scopo di rappresentare le anime autentiche e molteplici del Made in Italy, lontano da quegli stereotipi che oggi privilegiano il lato fashion della nostra artigianalità”. Nelle imprese storiche, il fotografo ha incontrato “persone consapevoli della propria abilità, ma anche intimorite dal futuro: sanno che se chiudesse l’azienda dove lavorano non troverebbero facilmente un altro impiego in un mercato che guarda alla quantità più che alla qualità”.

Il 2015 è l’anno europeo del patrimonio industriale e l’idea di Thomas è festeggiarlo con un allargamento del progetto a tutta Europa, dove il tasso di imprenditoria familiare è addirittura dell’85%. “Sono alla ricerca di finanziamenti per ampliare il progetto: mi piacerebbe fotografare imprese storiche in tutto il continente”.

Veronica Ulivieri

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