L’ambiente in Europa nel 2015: buoni risultati, ma siamo solo a metà dell’opera
Secondo il nuovo rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), “L’ambiente in Europa 2015“, l’UE ha migliorato, negli ultimi anni, alcuni parametri relativi alla qualità dell’aria e dell’acqua e alla gestione dei rifiuti, ma è ancora ferma a metà strada – dal punto di vista ambientale – tra la situazione del 1970 e gli obiettivi al 2050 del VII Programma per l’Ambiente: “Living well within the limits of the planet”. La biodiversità continua a essere erosa, le risorse primarie vengono deteriorate, il suolo consumato eccessivamente e il cambiamento climatico resta una sfida impegnativa.
L’Europa, dunque, avanza ma non è ancora sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo fissato per il 2020 di arrestare la perdita di biodiversità e “making the EU into a smart, sustainable and inclusive economy by 2020”.
Secondo il Rapporto, affrontare le sfide complesse che attendono l’Europa richiederà politiche più ambiziose, oltre a investimenti intelligenti, che possano trasformare radicalmente sistemi fondamentali quali alimentazione, energia, alloggi, trasporti, finanza, sanità e istruzione.
In primo luogo, il report si concentra infatti sui benefici economici degli investimenti verdi. Evidenziando come la tutela dell’ambiente rappresenti una solida fonte di crescita. Tra il 2000 e il 2011, infatti, le imprese europee che offrono servizi “ambientali” sono cresciute di oltre il 50%, diventando uno dei pochi settori in continuo sviluppo nonostante la crisi. Tuttavia, l’economia europea è ancora ben lontana dall’essere circolare. Troppi rifiuti vengono interrati e questo significa che c’è un inutilizzato potenziale relativo a riciclaggio e recupero dell’energia. Per ottenere il massimo valore dalle risorse, bisogna invece prendere in considerazione tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto: dall’estrazione delle materie prime alla progettazione, produzione, distribuzione e consumo dei prodotti; dalle iniziative per la riparazione a quelle per il riutilizzo dei prodotti; dalla gestione dei rifiuti a un sempre maggior utilizzo delle materie prime secondarie.
Anche per quanto riguarda la difesa della natura, la relazione EEA sottolinea che l’Europa non è ancora sulla buona strada per arrestare la perdita di biodiversità, in quanto continuano a scomparire habitat di animali e piante. In particolare, a essere a rischio è soprattutto la biodiversità marina. Non a caso il 2015 è stato dichiarato anno del “capitale naturale”. Prossimamente la Commissione pubblicherà infatti una relazione approfondita sullo “Stato dell’ambiente naturale”, che a sua volta confluirà in una revisione intermedia della strategia dell’UE sulla biodiversità e nella valutazione della legislazione dell’UE sulla conservazione della natura in corso, per migliorarne l’efficacia. Inoltre, la green week, che quest’anno si terrà dal 3 al 5 giugno, avrà come titolo e tema “Natura – la nostra salute, la nostra ricchezza”, e sarà l’occasione per riflettere su sulle future sfide che l’UE dovrà affrontare in materia di biodiversità, al fine di garantire una crescita e una prosperità sostenibili sul lungo termine.
La medaglia d’oro tra gli habitat sottoposti a maggiori minacce se la aggiudicano mari e oceani. Che rappresentano per l’Unione Europea una doppia sfida. Da un lato, infatti, l’UE deve ripristinare e proteggere gli ecosistemi dei suoi mari; dall’altro deve salvaguardare le attività marittime e costiere al centro dell’economia e della società del Vecchio Continente. Senza dimenticare il problema che le acque pongono in termini di governance. Quest’anno la Commissione lancerà un ampio esercizio di consultazione per contribuire a definire le prossime azioni che intraprenderà in questo campo. Parallelamente, l’UE continuerà a collaborare con i partner e le istituzioni internazionali per garantire un proprio impegno politico cercando di riuscire là dove, a dire il vero, ha sempre fallito. E cioè nel tentativo di assumere un ruolo di primo piano nelle discussioni sulla governance internazionale degli oceani.
L’Agenzia arriva poi a toccare il tema del clima. Le politiche in questo settore stanno producendo risultati. Rispetto al 1990, per esempio, le emissioni di gas a effetto serra sono diminuite del 19%. E per quanto riguarda gli obiettivi 2020 per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, l’UE è sulla buona strada per raggiungerli. Una delle poche misure che potranno contribuire a contenere il riscaldamento del pianeta almeno sotto la soglia critica dei 2°C.
Quello della qualità dell’aria rimane un altro fondamentale problema. Poiché la sua scarsa (benché migliorata) qualità continua a essere la prima causa ambientale di decessi prematuri nell’Unione Europea. Nonostante le emissioni di certi inquinanti atmosferici come il biossido di zolfo (SO2) e gli ossidi di azoto (NOx) siano diminuite notevolmente negli ultimi decenni. Il tema della qualità dell’aria, sul piano legislativo, rimane di delicata risoluzione, non fosse altro per il rischio che corre il pacchetto di misure specifico, finito nei cassetti su cui la Commissione Junker sembra non aver intenzione di lavorare.
Il Commissario europeo responsabile per l’Ambiente, gli affari marittimi e la pesca, Karmenu Vella, smorza però i toni e dichiara: “Considero la relazione 2015 sullo stato dell’ambiente come il ‘punto di partenza’ del mio mandato. La relazione dimostra chiaramente che le politiche ambientali dell’UE producono dei benefici. Tuttavia, dobbiamo continuare a restare vigili per garantire che buone politiche ambientali, attuate correttamente, sfocino in risultati eccellenti”.
Beatrice Credi