La natura vista dalle nuvole. Intervista a Luca Donini
Per lui le altezze sono di casa. Luca Donini, trentino, vive in un luogo dominato dalla montagna, dove cime e vette, per il 75% del territorio, si estendono sopra i 1.000 metri d’altitudine. “Da bambino stavo con il naso all’insù a guardare gli uccelli, il loro volo mi ha sempre affascinato”. E ora è proprio con il volo che Luca ha portato a casa una medaglia d’argento. Un bottino che arriva dalla Spagna, da Piedrahita, dove si sono appena chiusi i Campionati del Mondo di Parapendio.
Il campionato doveva terminare il 16 luglio, ma è stato anticipatamente chiuso a causa di alcuni tragici incidenti: quattro i morti, sotto accusa i parapendio classe “competizione”, in cui gareggiano frecce volanti che, portate dal vento, schizzano a 70 chilometri orari senza l’aiuto di alcun motore, e dei quali la Federazione Aeronautica Internazionale ha ora sospeso la certificazione e l’uso in gara. .
L’attesa per gli appassionati slitta dunque al Campionato del Mondo di Deltaplano, che si disputerà a Sigillo (Perugia). Dopo 12 anni, nei cieli dell’Umbria, dal 16 al 30 luglio, 165 piloti di 37 nazioni dispiegheranno tra le nuvole le ali colorate, decollando, secondo le condizioni meteo, dal Monte Cucco, o dal Monte Subasio sopra Assisi, o ancora dal Monte Gemmo, per seguire percorsi in tutta la regione, prima di raggiungere l’atterraggio ufficiale in località Villa Scirca, vicino a Sigillo.
D) Donini, innanzitutto complimenti per la medaglia! Ma la domanda sorge spontanea, a seguito degli incidenti di questi giorni: non ha paura?
R) A dirle di no, direi una bugia. Ho timore, ma quel timore che si mescola molto bene con l’adrenalina. Funziona come con il mare: bisogna rispettarlo. E così il cielo, ho grande rispetto per il cielo.
D) Però in quest’ultima competizione ci sono stati 2 morti? Cosa è successo?
R) Bisogna dire, prima di tutto, che è necessario assecondare il meteo. Mi spiego meglio: più veloce va la vela, più alto il rischio che si corre. Quindi, in condizioni di turbolenza, si cerca di solito di non tirare troppo – anche se si è in gara.
D) Si è dunque trattato di disattenzione o di eccesso di competizione?
R) Non voglio dire che si tratti solo di disattenzione, ma gran parte delle cause di incidente dipendono da una gestione sbagliata del mezzo da parte dell’uomo.
D) Come ha scelto questo sport, diciamo… inusuale?
R) Fin da piccolo sono stato un grande appassionato di volo. Ho sempre ammirato gli uccelli, il loro vivere sospesi, metà cielo e metà terra. Nel 1988 ho provato a volare con il parapendio e non l’ho più lasciato, neanche oggi che ho 48 anni. All’inizio era tutto una sperimentazione, oggi ci sono vele sicurissime con più prestazioni. Le nuove vele – parlo sempre di vele da competizione – sono molto stabili, ma consentono anche di fare delle prestazioni al limite. Ecco, quando entrano in configurazioni, diciamo, inusuali allora possono diventare pericolose, se il pilota non è in grado di esercitare tutta la sua freddezza.
D) E’ uno sport che consiglierebbe al nostro pubblico di amanti della natura?
R) Sì, perché non è poi così pericoloso, non più pericoloso di altri sport, fermo restando che l’imprevisto può sempre accadere. E poi per un amante della natura – come sono anch’io - vedere il mondo dall’alto non ha eguali. E’ una sensazione particolare che ti rende davvero parte della natura, capisci perché rispettarla, capisci la sua forza, ma anche la sua debolezza. E poi c’è il vero silenzio. In alto non senti rumori, solo l’aria che ti viene contro e anche l’aria lassù ha un altro odore, un altro sapore.
Francesca Fradelloni