“La farfalla delle anime belle”, ovvero l’Ilva raccontata ai bambini
Per la rubrica “Racconti d’Ambiente“, pubblichiamo oggi un estratto del libro, fresco di stampa, “La farfalla delle anime belle” (Wall Records), di Alessandro Cotugno. Una fiaba per spiegare ai bambini dai cinque anni cos’è l’inquinamento e l’importanza della protezione ambientale.
Il sole della città degli elfi non era più lo stesso, il vento che aleggiava in quelle terre era cambiato; persino la pioggia non era quella di un tempo. Molti anni prima che la pioggia mutasse, la città era un paradiso incontaminato dove la vegetazione cresceva rigogliosa e gli animali convivevano felicemente con gli elfi. Le acque del mare di questa città erano limpide e cristalline e pullulavano di pesci, crostacei, coralli colorati e numerose altre creature. Gli elfi, creature dalla pelle diafana, con lunghi capelli, orecchie a punta ed occhi cerulei, vivevano in case di marmo con i tetti in legno di sequoia gigante. (…) Vivevano di pastorizia, agricoltura e pesca. Tutto sembrava non potesse essere scalfito.
La vita all’interno della città degli elfi, tuttavia, cambiò. Tutto ebbe inizio in una notte di plenilunio. La città degli elfi era ancora un paradiso e tre folletti di un villaggio vicino si presentarono nell’agorà della città chiedendo di parlare con i Dotti Legislatori. Due giovani elfi dai capelli color oro si precipitarono nelle case di tutti i Dotti Legislatori per avvertirli. Pochi istanti dopo giunsero nell’agorà i cinque Dotti Legislatori. Il più anziano era in groppa ad un ippario; tutti gli altri erano in groppa a dei grossi emù.
- A cosa devo la vostra visita?- Disse con tono pacato il più anziano dei Dotti Legislatori mentre osservava i volti violacei dei folletti.
- Siamo qui per chiedere il permesso di utilizzare le caverne della vostra città. Noi folletti abbiamo bisogno di caverne per poter creare le sfere di cui si cibano gli stregoni che vivono ad oriente. Molti elfi potrebbero lavorare per noi. Avremo bisogno di braccia forti. Voi elfi siete esseri potenti!- (…)
- Perché dovrei consentire a voi folletti di utilizzare le caverne della città degli elfi? Sono caverne incontaminate. In alcune di esse vi sono laghi d’acqua dolce. Perché dovrei permettervi di trasformarle in cantieri per produrre sfere?-
Uno dei folletti prese la parola e disse – Grande saggio, la vostra città potrà trarne giovamento! Il nostro villaggio pagherà tutti i lavoratori con monete d’oro. Molti di voi potranno smettere di lavorare la terra ed allevare animali. Comprerete i cereali, gli ortaggi e la carne dai villaggi vicini. Questa città avrà grandi fucine e tutti vivrete in ricchezza. –
- Non dire sciocchezze!- Esclamò un elfo dalla chioma color rabarbaro. – So bene che per creare le sfere di cui hanno bisogno gli stregoni c’è bisogno della magia nera. Si tratta di incantesimi pericolosi, portatori di sventure-. (…)
- Cosa avete da dire a riguardo?- Chiese ai folletti fissando i loro occhi rossastri.
- È vero! C’è bisogno della magia nera. Però non è pericolosa come si dice in giro o si legge sui manuali di magia. Voi elfi siete in grado di sopportare tutto. Non vi accadrà nulla. Le nostre piccole dimensioni non ci consentono di lavorare. A noi serve solo il vostro consenso. Abbiamo bisogno di lavoratori e del permesso di disporre delle caverne di questa città. In cambio avrete ricchezza e prosperità.- Disse velocemente un folletto. (…)
-Ebbene, così sia!- Esclamò il vecchio elfo mentre puntava il proprio dito verso una grossa stele appesa al muro. Dal dito dell’elfo fuoriuscì un raggio sottilissimo di luce. Il vecchio incise nella roccia la nuova legge… in lingua elfica. (…)
Pochi giorni dopo quell’incontro, numerosi folletti si recarono presso la città degli elfi per reclutare lavoratori. Le caverne vennero occupate in un battibaleno. All’interno di esse furono riposti giganteschi bracieri, numerose vasche in metallo e macine. Gli elfi avevano il compito di produrre il maggior numero di sfere dal nucleo fumoso. Erano le sfere di cui gli stregoni avevano bisogno. I folletti fornivano agli elfi delle polveri scure che venivano mescolate, poste all’interno di vasche in metallo e poi scaldate sul fuoco. Alle polveri riscaldate veniva aggiunto un materiale, simile alla torba, presente sulle pendici di alcune colline non molto distanti dalla città degli elfi.
Ogni giorno, degli uri, grandi bovini dalle corna ricurve in avanti, trasportavano sacchi ricolmi di materiale maleodorante simile al carbone. Questo materiale veniva macinato e poi aggiunto alle polveri. Acqua e linfa di acacia erano gli ultimi ingredienti. La poltiglia così creata veniva riposta all’interno di fosse scavate nella roccia e lasciata riposare alcune ore. (…)
Fumi densi e scuri si propagavano all’interno delle caverne. Il tanfo era insopportabile. Gli occhi degli elfi si gonfiavano, le loro carni si surriscaldavano e, con il passare del tempo, iniziavano ad annerirsi. Le loro splendide chiome non avevano più la brillantezza di un tempo. I folletti erano davvero soddisfatti. Gli stregoni ricevevano grandi quantità di sfere dal nucleo fumoso ed in cambio sborsavano ingenti quantità di oro.
Ben presto, però, strane cose iniziarono ad accadere. Le pareti delle caverne divennero nere, la vegetazione del territorio circostante iniziò a seccare, divenne di colore giallastro. Moltissimi animali persero la vita. Colonne di fumo color rosso brunastro fuoriuscivano dalle caverne e si diffondevano nell’aria. L’odore ripugnante giungeva fino alle abitazioni degli elfi e polveri scure si depositavano sugli alberi, sui tetti, sulle porte e sulle finestre. Il colore del cielo cambiò. La luce del sole era oramai offuscata da nubi grigiastre. Moltissimi elfi, in particolare i vecchi ed i neonati, iniziarono a respirare male. I loro polmoni si riempirono di quelle polveri sottili. In tanti morirono.
Molte femmine di elfo partorirono neonati malati. I medici della città non poterono fare granché. Le madri videro spegnersi, come candele al vento, le proprie creature. Alcuni elfi iniziarono a sanguinare dalle fauci; il loro respiro era affannoso. Le loro vite si spensero dopo atroci sofferenze. Molti medici iniziarono ad affermare che erano senza dubbio i fumi che provenivano dalle caverne a causare la morte degli elfi e dell’intero ecosistema. Inoltre la magia degli scettri aveva fatto calare un’aura negativa sulla città e su tutto il territorio circostante. Tutto aveva un aspetto cupo e bigio. L’equilibrio magico su cui si reggeva l’intero ecosistema era ormai stato spezzato. Quello che un tempo era un paradiso, era ormai divenuto, nel giro di poco tempo, un luogo oscuro pieno di dolore e morte. Alcune femmine di elfo decisero di rivolgersi ai Dotti Giudicanti per ricevere giustizia.
Alessandro Cotugno