Kacey Wong. L’arte dell’orto nella città metropolitana
Kacey Wong, architetto di formazione, è un artista visivo e designer di Hong Kong. La sua ricerca artistica nasce dallo stretto rapporto con la sua città e il desiderio di affrontare tematiche ambientali in maniera pratica, per far riflettere su società e spazio urbano.
Il suo ultimo lavoro, Trasform Bar, è una bancarella ambulante di succo di erba di grano, dove l’intero processo produttivo avviene nello spazio della bancarella. Dalla coltivazione della pianta fino alla confezione e la vendita del succo, Kacey Wong dimostra con quest’opera la fattibilità pratica dell’agricoltura urbana riassumendone i principi per una buona riuscita, non ultima la consapevolezza delle esigenze degli abitanti dalla vita frenetica che popolano gli spazi urbani.
D) Kacey, come nasce il progetto Transform Bar?
R) Transform Bar è un prodotto “verde” e pratico, creato in materiali naturali o riciclati che ottimizza la luce del sole e sfrutta al meglio l’acqua disponibile, che viene riciclata e utilizzata per auto-irrigarsi. Oltre a mandare un messaggio ambientale, questo prodotto vuole anche offrire un momento di riflessione riguardo alla situazione delle bancarelle ambulanti nella mia città: Hong Kong. Come in tutta l’Asia, a Hong Kong vi sono molti mercati e bancarelle ambulanti che vendono cibo e bevande. In seguito ad un incendio che colpì un famoso mercato di Hong Kong qualche anno fa, venne introdotta una norma che limita le dimensioni delle bancarelle a 3 piedi per 4 (900 cm X 120 cm circa). Nella pratica, questo ha contribuito ad alimentare la fantasia dei venditori ambulanti, che inventano i modi più incredibili per allungare o rimpicciolire la loro bancarella in funzione della presenza della polizia. Ho quindi creato una “bancarella” che risponde alla stessa esigenza: non solo è mobile, ma si estende o riduce di dimensioni a comando. E’ la risposta pragmatica ad una questione sociale locale, e’ un modo per far riflettere su una realtà della mia città. Con Trasform Bar, desidero mettere in luce quanto sia ridicolo limitare lo spazio di una bancarella ambulante a dimensioni così minuscole, che la rendono più simile a una gabbia che ad una piattaforma commerciale.
D) Oltre ai materiali utilizzati qual è il messaggio di “sostenibilità” che hai voluto trasmettere con questo progetto?
R) L’altro tema che ho desiderato affrontare con Trasform Bar e’ la provenienza del cibo che consumiamo. Nelle città il cibo si compra nei supermercati e ho sentito di bambini convinti che i polli abbiano 6 zampe perché abituati a vedere confezioni da 6 di cosce di pollo. Questo mi ha fatto riflettere sul distacco tra i consumatori e il prodotto e ho pensato di creare qualcosa che permettesse di avere, nello stesso momento e nello stesso luogo, la coltivazione, il raccolto, la produzione e il consumo del prodotto, in questo caso il succo di erba di grano.
D) Perche’ proprio il succo di erba di grano?
R) Ho scelto di usare il succo di erba di grano perché mi ha stupito per le sue proprietà miracolose. E’ buono, salutare ed è utilizzato per la cura di varie malattie, tra cui il cancro. La pianta cresce velocemente ed è quindi perfetta per dimostrare al pubblico la fattibilità dell’agricoltura urbana, oltre l’idea romantica che si tende ad associare agli “orti in città”. Dimostra che si può essere allo stesso tempo produttori, consumatori consapevoli e di prodotti buoni per la salute.
D) Credi che sia possibile vivere in città e mantenere allo stesso tempo un rapporto con la natura, consapevoli della provenienza del cibo che consumiamo?
R) Per sposare lo sviluppo urbano e il consumo con una vita più vicina alla natura bisogna intendere questo rapporto in modo dinamico. Come in altre grandi città, anche a Hong Kong si sta diffondendo la figura del “contadino urbano”, ma risponde a delle logiche molto diverse da quelle del contadino tradizionale o del cittadino convertito all’agricoltura. E’ una nuova figura che sfrutta lo spazio urbano per coltivare prodotti dalla crescita rapida e il consumo diretto. Si coltiva sui tetti e sugli spazi ritagliati in città; non è la replica della campagna. A Hong Kong siamo persone pragmatiche e abituate alla vita cittadina, per cui un ritorno alla campagna nel senso tradizionale del termine non funzionerebbe. Bisogna puntare all’integrazione di pratiche sostenibili nella vita di tutti i giorni; perché funzioni, bisogna far sì che sia facile, perché in città siamo troppo abituati ad avere tutto subito. E’ questo il concetto dietro l’agricoltura urbana.
D) Molte tue opere hanno riferimenti al rapporto tra uomo e natura….
R) Sì, però sempre da punti di partenza diversi. Altri miei progetti si basano sull’uso di materiali riciclati o di recupero che vengono “salvati” perché non finiscano nella spazzatura e diventino oggetti artistici, pratici e di riflessione. Remake, ad esempio, vuole essere un tributo alle foreste. Ho usato lo stesso materiale, il legno, nella fattispecie di pedane recuperate, per farle ritornare alla loro forma originale: i rami degli alberi. L’idea è anche di far riflettere sulle specie animali che si estinguono ogni anno a causa della distruzione degli habitat. Gli animali non hanno più un luogo dove vivere e non hanno più di che nutrirsi perché con gli ambienti naturali abbiamo distrutto anche le fonti alimentari. Remake vuole quindi non solo far rivivere i materiali, ma anche le specie estinte; permette di avvicinare il pubblico allo spirito degli animali. Ho scelto di rappresentare gli animali con dei pezzi mancanti, come una sola zampa, un solo corno etc. per mandare il messaggio che, anche se si ri-crea, non potremo mai ripristinare tutto com’era, ma solo riprodurre parzialmente. Ormai è troppo tardi, queste specie sono scomparse per sempre. Inoltre, ho creato queste sculture in modo che i visitatori possano sedersi all’interno e osservare fuori, come se si trovassero in un rifugio nella foresta e si abbandonassero alla contemplazione della natura.
D) In che modo la pratica artistica permette di soddisfare la tua ricerca intellettuale?
R) Ho una formazione da architetto, ma preferisco usare l’arte, perché mi permette di esprimermi senza dover cercare per forza di risolvere un problema. Il ruolo dell’artista è di mettere in risalto i problemi e le contraddizioni in uno spazio astratto e permettere al pubblico di osservare e trarre le proprie conclusioni. L’arte permette di riflettere, anche perché a volte non è possibile risolvere una questione, ma è importante sensibilizzare il pubblico. Trovo che la sfera artistica sia una piattaforma migliore per diffondere dei concetti architettonici e anche sociali o umani.
Marcella Segre