Il balletto europeo sugli OGM, tra sigle e ambigue distinzioni semantiche
Sul territorio dell’Unione Europea in materia di OGM sembra perdurare una certa schizofrenia. Ne sono prova tangibile due recenti decisioni del Parlamento UE, che vanno in direzione totalmente opposta l’una rispetto all’altra.
La prima riguarda la bocciatura della proposta della Commissione sulla commercializzazione e coltivazione del granturco Pioneer Hi-Bred TC1507 modificato attraverso due geni che producono rispettivamente un’insetticida – la tossina Bt, letale per la piralide, un lepidottero che danneggia i raccolti – e la tolleranza a un erbicida – il glufosinato di ammonio – che può così essere usato per distruggere le erbe infestanti senza danneggiare le coltivazioni. Il polline del mais, resistente agli insetti, potrebbe danneggiare le farfalle e le falene, cioè i lepidotteri “non bersaglio”, non dannosi per il mais. Conclusione a cui era giunta anche l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) nel parere di febbraio 2012. Inoltre, il glufosinato, commercializzato negli Stati Uniti e in Canada, è classificato dall’UE come sostanza tossica e non verrà più autorizzato il suo utilizzo dopo il 2017.
“Posso dire con certezza che mancano le prove sulla sicurezza di questo OGM perché sia venduto liberamente sui mercati europei”, ha ribadito Dagmar Roth-Behrendt, deputata socialista tedesca, responsabile della relazione parlamentare sull’argomento. Per il momento Pioneer ha, infatti, rifiutato di presentare i documenti riguardanti la mitigazione del rischio per queste specie in pericolo.
Gli Eurodeputati hanno, infine, invitato l’Esecutivo di Bruxelles a non proporre l’autorizzazione di nuove varietà di OGM e a non rinnovare autorizzazioni precedenti fintantoché i metodi di valutazione del rischio non saranno stati sensibilmente migliorati.
Ad oggi, una sola varietà di mais, MON 810 di Monsanto, è autorizzata per fini commerciali nell’UE, ma a luglio l’azienda ha annunciato che ritirerà le richieste in attesa di approvazione, sostenendo che in Europa c’è una mancanza reale di prospettive di profitto. Un po’ come è accaduto per la patata Amflora, un flop commerciale che, dopo avere avuto il via libera UE nel 2010, BASF, l’azienda produttrice, ha prontamente ritirato dal mercato.
A questo punto la palla passa ai Ministri degli Affari Europei i quali l’11 febbraio prossimo, si dovranno pronunciare sul mais Pioneer 1507. La procedura di voto prevede che l’autorizzazione a coltivare il nuovo OGM possa essere negata solo se a chiederlo è la maggioranza qualificata degli Stati membri. La Francia, contraria alle colture transgeniche – come del resto l’Italia – spera di vedere al proprio fianco alleati come Germania e Portogallo, in odore di astensione. Sul versante opposto, Regno Unito, Spagna, Romania, Estonia e probabilmente i Paesi Bassi.
Il contesto è complesso e gli Stati membri sembrano divisi sul concedere o meno nuove autorizzazioni per la coltivazione. Inoltre, la mancanza di elementi forniti dalle aziende sulla sicurezza delle nuove colture geneticamente modificate non aiuta a dissipare i dubbi dei cittadini dell’UE. La maggioranza dei quali (61% ) si oppone allo sviluppo di alimenti OGM in Europa proprio perché considerati non sicuri.
I tira e molla UE sembrano dovuti anche al fatto che non è stato ancora approvato il Regolamento contenente la modifica della Direttiva 2001/18/CE, la quale introdurrebbe anche per gli Stati membri il diritto di vietare sul proprio territorio la coltivazione di OGM per motivazioni socio-economiche.
Praticamente in contemporanea al blocco del mais Pioneer 1507, infatti, l’Europarlamento ha dato il via libera ad un testo che approva la posizione già espressa dalla Commissione Europea, secondo cui il polline deve essere considerato una “componente naturale” del miele e non un “ingrediente”. La presenza di polline contenente OGM nel miele venduto in Europa non dovrebbe essere, quindi, obbligatoriamente indicata sull’etichetta! Una distinzione semantica che obbliga gli apicoltori ad etichettare il miele come “contenente OGM” solamente se le tracce di questo tipo di organismi superano lo 0,9% del prodotto. Al contrario, se il polline fosse stato considerato “ingrediente”, la presenza di OGM avrebbe dovuto essere indicata già per lo 0,5% del peso del miele.
Il voto di Strasburgo è stato fortemente criticato dalle associazioni a sostegno degli agricoltori, preoccupate che venga venduto sul mercato miele con polline OGM senza che questi siano necessariamente citati.
Delle decisioni contraddittorie e dell’apparente incapacità dell’Unione Europea di assumere una posizione chiara ed unanime su questo tema hanno discusso anche gli enti locali. La Rete delle Regioni e Autorità locali d’Europa Libere da OGM si è, infatti, riunita a Bruxelles. I lavori, svoltisi sotto la guida del Presidente, l’assessore all’Agricoltura delle Marche Maura Malaspina, hanno avuto come tema centrale la normativa UE e le questioni più attuali nel dibattito sugli OGM. La Rete invoca la libertà di scelta dei singoli governi nel vietare le coltivazioni geneticamente modificate sui propri territori, al fine di tutelare la biodiversità, le produzioni di qualità biologiche, tradizionali e tipiche, e l’immagine dei territori anche in chiave turistica. Si spinge cioè per una rapida ed efficace modifica della già citata Direttiva 2001/18/CE.
Beatrice Credi