Guerra al pianeta: l’apartheid ambientale
Per la rubrica “Racconti d’Ambiente” pubblichiamo oggi un estratto del libro “Fare pace con la terra” di Vandana Shiva, edito da GianGiacomo Feltrinelli Editore (Serie Bianca Feltrinelli; pag. 288, 18.00 euro).
Quando pensiamo alle guerre della nostra epoca, ci vengonoin mente subito l’Iraq e l’Afghanistan, ma la guerra piùimportante è quella contro il pianeta: in Iraq, Afghanistan e Libia si combatte per le risorse della Terra e, soprattutto, peril petrolio. La guerra contro il pianeta affonda le radici in un’economiache non rispetta i limiti ecologici ed etici, i limiti alleineguaglianze, all’ingiustizia, all’avidità, alle concentrazioni finanziarie. Anche se “economia” ed “ecologia” derivano dalla stessa parola – oikos, la “casa”, cioè il pianeta che ci ospita–, nella nostra mente questi due termini si sono sempre più allontanati, nonostante lo sfruttamento della natura e la dipendenzada essa siano aumentati negli anni.
L’economia globale delle corporation, fondata sull’idea della crescita illimitata, è diventata una guerra permanente contro il pianeta e le popolazioni. I mezzi che usa sono gli strumenti della guerra; i trattati di libero scambio coercitivi, utilizzati per strutturare le economie sulla base delle guerre commerciali; e le tecnologie di produzione invasive, per esempio materiali tossici, ingegneria genetica, geo ingegneria e nano tecnologie. Sono semplicemente altri tipi di “armi di distruzionedi massa”, che uccidono milioni di persone in tempo di pace privandole di cibo e acqua e avvelenando il tessuto fondamentale della vita. Strumenti di guerra sono i prodotti stessi di alcune industrie. Nell’attentato di Oslo del 22 luglio 2011sono state impiegate sei tonnellate di fertilizzante chimico; gli esplosivi usati negli attentati del 2008 a Mumbai contenevano fertilizzante, così come gli ordigni esplosivi usati in Afghanistan.
Questa guerra è anche il riflesso della guerra permanentepromossa da un paradigma ideologico che vede il mondo come“nemico” da sterminare: uccelli, farfalle, api, vermi, donne,contadini, popolazioni autoctone.
L’attuale guerra globale è l’inevitabile passo successivo, perché la globalizzazione economica, guidata da una manciata di corporation e da pochi paesi potenti, punta a ottenere il controllo sulle risorse del pianeta, trasformandolo in un grande supermercato dove tutto è in vendita. Vogliono vendere la nostra acqua, i nostri geni, le cellule, gli organi, il nostro sapere, la cultura, il futuro. Le perduranti guerre in Afghanistan, in Iraq e altrove non sono soltanto “sangue per il petrolio”: con il passare del tempo si vedrà che sono guerre per la terra, per il cibo, per il patrimonio genetico e la biodiversità, per l’acqua. Ne deriva che le regole del libero scambio e, in particolare, l’Accordo sull’Agricoltura sottoscritto nell’ambito dell’Organizzazione mondiale per il commercio (WTO) sono soltanto un altro tipo di arma nelle guerre per il cibo. La biodiversità e i geni sono stati definiti “il petrolio verde” del futuro; l’acqua viene chiamata spesso “il petrolio” del XXI secolo. Il petrolio è diventato metafora e termine di paragone per tuttele risorse nel mondo della globalizzazione delle multinazionali, mentre le guerre e la militarizzazione sono lo strumento essenziale per il monopolio delle risorse vitali, insieme ai trattati di libero scambio e alle tecnologie di controllo.
Tutte le risorse naturali essenziali del pianeta, che sostengono la delicata trama della vita, sono in via di privatizzazione e di commercializzazione a opera delle corporation. Lo stesso vale per ogni centimetro quadrato delle terre da cui dipendono comunità tribali e contadine e per ogni goccia che scorrenei nostri fiumi, contesa nelle guerre per l’acqua. La biodiversitàè stata ridotta a “petrolio verde” per prolungare l’epocadel combustibile fossile, ignorando il valore intrinseco della vita sulla Terra e i diritti dei poveri, per i quali biodiversità significa soddisfare i bisogni quotidiani. Le foreste erano giàstate ridotte a merce dalla silvicoltura industriale; ora la loro utilità ecologica viene mercificata in nome di una fantomatica“economia verde”. Il verde, che dovrebbe essere il colore della vita e della biosfera, è sempre più spesso sinonimo dimercato e denaro. L’economia verde potrebbe diventare la forma suprema di mercificazione del pianeta.
Vandana Shiva*
*Vandana Shiva (1952) è una attivista e ambientalista indiana. Nel 1993 ha ricevuto il Right Livelihood Award, il premio Nobel alternativo. Laureatasi in fisica in Canada sulla teoria quantistica, successivamente si è occupata di ricerca interdisciplinare all’Indian Institute of Science e all’Indian Institute of Management di Bangalore. Nel 1982 ha fondato il Research Foundation for Science, Technology and Natural Resource Policy. Si è battuta per cambiare pratiche e paradigmi nell’agricoltura e nell’alimentazione; si è occupata anche dei diritti sulla proprietà intellettuale, di biodiversità, biotecnologie, bioetica, ingegneria genetica e altro. Attualmente è vicepresidente di Slow Food e collabora con la rivista di Legambiente “La Nuova Ecologia”.
Tra i suoi numerosissimi lavori, ha pubblicato per Feltrinelli: Il mondo sotto brevetto (2002); Le guerre dell’acqua (2004); Il bene comune della Terra(2006).