ETS, il sistema europeo per le emissioni CO2 alla ricerca di una nuova via di mercato
L’Unione Europea arriverà ai negoziati sul clima di Parigi con un nuovo meccanismo del mercato europeo delle emissioni di CO2 (ETS – Emissions Trading System). Durante l’ultima Plenaria il Parlamento UE ha infatti approvato – ma serve ancora il via libera del Consiglio – la cosiddetta ‘riserva di stabilità’ che servirà a ridurre il surplus dei diritti di emissione destinati al mercato, al fine di sostenerne il prezzo e facilitare così la riduzione delle emissioni di carbonio.
Ma a cosa si deve la decisione di operare dei cambiamenti al sistema? Facciamo un passo in dietro. Per capirlo dobbiamo tornare a dieci anni fa, quando l’UE ha deciso di utilizzare un meccanismo di mercato e di scambio per regolare la questione delle emissioni di CO2 nei Paesi Membri. Ogni anno, quindi, le quote di emissioni vengono ripartite tra i diversi Stati, che a loro volta le dividono tra i i vari soggetti coinvolti, come gli impianti industriali della chimica o dell’energia. Un modo per determinare la quantità massima di inquinamento possibile, definendo quanto ogni Paese può emettere e la soglia oltre la quale non si dovrebbe andare. Succede, però, che c’è chi raggiunge il tetto consentito e chi ne resta al di sotto. Questi ultimi possono quindi vendere le loro quote rimanenti a chi invece ha prodotto più CO2.
Venendo al costo economico, inizialmente, il prezzo era fissato intorno a 35 Euro a tonnellata di CO2 emessa. Tuttavia, anche a causa della crisi che ha spinto le aziende a contrarre la loro produzione, il numero delle quote è cresciuto notevolmente. Di conseguenza il mercato si è trovato in una condizione di elevata offerta – con una stima di oltre 2 miliardi di quote eccedenti – non assorbita dalla domanda. Il prezzo della CO2 è così crollato vertiginosamente arrivando a 7 Euro a tonnellata. Un meccanismo perverso che ha creato un fenomeno ancor più pericoloso. È diventato più conveniente acquistare quote piuttosto che ridurre le emissioni.
Torniamo così al punto di partenza, alla riforma del sistema. Una modifica che cerca di correggere il percorso che il mercato del carbonio ha imboccato. La ‘riserva di stabilità‘ appena votata e che entrerà in vigore nel 2019, infatti, ha il compito di ridurre il numero delle quote e farne risalire il prezzo. Come è presto detto. Il nuovo sistema preleva in automatico dal mercato una frazione di quote di permessi di emissione se l’eccedenza supera un certo tetto, e la mette in una riserva di stabilità. Dalla quale saranno riprese e rimesse sul mercato nel momento in cui si presenterà questa esigenza. A entrare nella riserva saranno anche 900 milioni di quote di CO2 già rimosse dal mercato.
Le opinioni sulla manovra oscillano tra quelli che pensano che finalmente chi inquina di più tornerà a pagare di più, e i contrari che la considera nient’altro che uno specchietto per le allodole creato per non affrontare l’emergenza climatica. Molti sostengono, infatti, che il sistema degli ETS non abbia funzionato perché non ha ridotto le emissioni e il mondo industriale non è stato incentivato a investire in tecnologie a minore impatto ambientale. Sono i sostenitori della carbon tax o dell’incorporazione nell’IVA, con un’aliquota differente a seconda di chi inquina di più, del peso della CO2 per ciascun prodotto o servizio. I dubbi sull’ETS sorgono poi anche circa le speculazioni economiche alle quali il sistema presta il fianco, trattandosi di un mercato multimiliardario notevolmente partecipato dal punto di vista finanziario.
A questo proposito si è pronunciata anche la Corte dei Conti UE in un rapporto appena pubblicato. Dichiarando, sostanzialmente, che l’ETS deve essere gestito meglio. Il monito parte da una constatazione: legato a questo sistema esiste un’evasione di 5 miliardi di Euro a danno dei contribuenti europei. La Corte segnala, inoltre, “problemi con il quadro per la tutela dei permessi e con l’attuale implementazione del sistema”. Il documento raccomanda la necessità di migliorare la regolamentazione del mercato e la vigilanza, in modo da aumentare la fiducia degli investitori e l’uso di ETS come strumento della politica ambientale dell’UE. E conclude che il sistema ha fatto passi avanti rispetto alla sua creazione, ma si può fare ancora molto in una serie di aree, come i controlli dell’apertura dei conti ETS, il monitoraggio delle transazioni, la supervisione del mercato e la verifica dei livelli di emissioni negli impianti.
Da sottolineare, infine, che la Commissione Europea presenterà il 15 luglio una proposta di riforma strutturale del sistema ETS che riguarda gli interventi di riduzione di CO2 fino al 2030. Questa sarà una misura di lungo periodo per cercare di avere almeno un calo del 43% dei gas serra.
Beatrice Credi