Dieta mediterranea malsana? E’braccio di ferro tra Italia e Inghilterra sulle etichette alimentari
Quando si è italiani e si vive all’estero tutto può essere messo in discussione del Belpaese, tranne il cibo. La difesa della dieta mediterranea e delle sue qualità, in termini di salute, sono, da sempre, temi attorno ai quali l’italiano fa fronte comune.
Ecco perché il nuovo sistema di etichettatura alimentare, che a breve entrerà in vigore nel Regno Unito, ha lasciato tutti molto perplessi. Sì perché eccellenze alimentari come il Parmigiano Reggiano o il Prosciutto di Parma campeggeranno sugli scaffali dei supermercati del Regno di Sua Maestà accompagnati da un bollino rosso in bella vista. Merito dell’introduzione del “semaforo” sulle confezioni dei cibi che saranno classificati come più o meno salutari in base ai contenuti di grassi, sale e zucchero ricevendo un contrassegno verde, giallo o rosso.
Ecco quindi che molti prodotti appartenenti alla dieta mediterranea e alla tradizione agroalimentare italiana sotto il diktat inglese saranno classificati, di per sè, come “malsani”.
È quindi partita l’offensiva dell’Italia, la quale, appoggiata da altri nove Stati membri: Francia, Spagna, Cipro, Portogallo, Grecia, Lussemburgo, Romania, Slovacchia e Slovenia, è decisa a dare battaglia in sede europea contro la decisione del Governo di Londra.
I problemi che verranno sollevati la prossima settimana, durante il Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura, ma già accennati durante il Consiglio Salute, sono principalmente due. Il primo è di natura squisitamente commerciale. La misura può ostacolare la libera circolazione dei prodotti alimentari in Europa. È, inoltre, in contrasto con la normativa Ue sui prodotti Doc e Igp riconosciuti a livello UE come alimenti di alta qualità. Il Made in Italy rischia, così, di perdere un numero cospicuo di quote di mercato, danneggiando gli agricoltori e le aziende. Per quanto un prodotto possa essere conosciuto e rinomato, i consumatori saranno scoraggiati ad acquistare i prodotti etichettati con il codice rosso.
Su questo punto il rappresentante britannico ha già provveduto a rispondere che Londra non viola la normativa europea sull’etichettatura poiché questa non esclude forme di labelling alternative.
Il secondo riguarda invece la salute ed il benessere dei consumatori. L’olio extravergine d’oliva, riconosciuto scientificamente per le sue qualità nutrizionale e di contrasto all’obesità e ad altre patologie anche gravi, rischia, per esempio di essere bollato con un’etichetta rossa per l’elevata presenza di grassi in 100 grammi di prodotto. Al contrario, l’olio di semi otterrà il bollino verde!
Una misura con ripercussioni profonde per il nostro Paese che insiste sul fatto che l’informazione data dal sistema del “semaforo” fuorviante e semplicistica. Non tiene, infatti, conto di come i diversi prodotti alimentari sono combinati in una dieta sana e neppure delle porzioni consumate. Senza contare che va del tutto in direzione contraria rispetto alla politica del labelling perseguita dall’UE. La quale mira a responsabilizzare il consumatore spingendolo a leggere attentamente le etichette che per questo devono essere le più chiare e complete possibili. A tal punto che, in sede comunitaria, un sistema come quello inglese era stato bocciato. Il Commissario alla sicurezza alimentare Tonio Borg ha detto che valuterà la situazione e vigilerà su eventuali violazioni delle norme del mercato unico.
Ma quello dell’etichettatura degli alimenti è un tema che sta molto a cuore al nostro Paese. Il quale da sempre preme sull’UE affinché venga garantita l’indicazione della provenienza delle materie prime dei cibi. Per meglio tutelare i produttori europei e permettere ai consumatori di fare scelte informate. Grazie alla battaglia italiana l’UE ha deciso di introdurre una nuova etichetta contenente la provenienza di carne fresche, refrigerate o congelate, di maiale, pecora, capra e pollame. Regola che attualmente è in vigore solo per la carne di manzo, a seguito della crisi della mucca pazza. Dal primo aprile 2015 sarà obbligatorio mettere nero su bianco il luogo dell’allevamento e della macellazione, mentre per l’origine potrà essere resa nota, su base volontaria, se la carne deriva da animali nati, allevati e macellati nello stesso Paese. Al riguardo, sono state stabilite una serie di norme per ogni tipo di produzione, per garantire che il luogo dell’allevamento corrisponda al luogo in cui l’animale ha trascorso una parte sostanziale della propria vita. È prevista, infine, una deroga per le carni macinate, per le quali dovrà essere indicato se sono state allevate e macellate nell’UE o in Paesi Terzi. Mancano, tuttavia, all’appello i piccoli animali come il coniglio.
Beatrice Credi