Davide Carrera: l’apneista dei mari con il desiderio di terra
Più volte campione del mondo, più volte recordman mondiale di apnea. E’ il torinese Davide Carrera, che ha regalato all’Italia numerose soddisfazioni sportive internazionali. Ha iniziato a vent’anni, nel 1996 a Nizza, con la vittoria al campionato del mondo di apnea a squadre e da allora non si è più fermato: nel 2001 ha conquistato il record mondiale in immersione libera a Capri toccando – 91 metri, l’ultimo successo è arrivato l’anno scorso nel mare di Santa Marina Salina, isole Eolie, dove ha raggiunto i – 94. Quando lo contattiamo per l’intervista, ci risponde dal suo orto: nonostante di lavoro faccia l’apneista, “ho un desiderio profondissimo di terra e vado in crisi di astinenza quando ne sono lontano per troppo tempo”, impegnato ad allenarsi per la partecipazione, tra settembre e ottobre, a due campionati mondiali.
D) Davide, lei ha dedicato la sua vita al mare, ma è nato in una città industriale. Come è iniziata la sua immersione professionale nel mondo liquido?
R) Sono nato a Torino ma, per fortuna, i miei nonni mi portavano spesso in Liguria. Il mio primo contatto con il mare è stato con loro. Da bambino sei più aperto a recepire le emozioni, a godere delle sensazioni che ti regala la vista dell’orizzonte. Un desiderio di entrare in stretto contatto con la natura che è rimasto sempre vivo anche se da bambino piemontese, non vedendo un futuro a contatto con il mare, sognavo di fare il contadino. Anima di terra ben viva in me, in questo momento ho le mani sporche di terra perché sto piantando il prezzemolo nell’orto di casa.
D) Quando è arrivata la svolta, quando ha capito che il suo futuro era il mare?
R) La voce del mare negli inverni liguri, quando i nonni mi portavano a prendere l’aria buona, mi è entrata in profondità. Poi il mare è uguale vacanza, uguale libertà rispetto a Torino, anche se d’inverno praticavo nuoto in piscina. A 18 anni, terminate le superiori, ho iniziato a pormi delle domande e paradossalmente mi sono iscritto alla Facoltà di Agraria.
D) Piedi ben piantati nella terra, ma con il mare come orizzonte…
R) Si, infatti, ho cercato di percorrere questa via. Ho conseguito il brevetto di istruttore di apnea, preso la patente nautica e iniziato a lavorare in mare facendo lo skipper sulle barche a vela e l’istruttore. Attività che mi piacevano e mi piacciono ancora tantissimo. La svolta è arrivata quando ho conosciuto il mio idolo: Umberto Pelizzari (apneista di fama mondiale, ndr). Sono entrato a far parte della sua squadra, ho imparato in sicurezza le regole di questo sport e visto che la cosa che mi piaceva il passo successivo sono state le gare e i record.
D) Quando si pensa ai campioni mondiali corre subito il pensiero ad una preparazione da laboratorio, incentrata soprattutto sugli aspetti fisici mentre lei dedica grandi risorse alla meditazione?
R) Ho sempre alternato la preparazione fisica alla ricerca interiore, mi piace fare yoga e capire più a fondo me stesso, alla ricerca di quella libertà interiore e di quel silenzio che ti regala la natura. Lo yoga ti offre più serenità fuori dal mare, ti permette di trovare quel silenzio che nella natura trovi in modo naturale. Una ricerca difficile in una società frenetica, colma di ansie e paure. Lo yoga è utile per approfondire la tua consapevolezza, per me è importante quando devo affrontare una perfomance estrema perché mi aiuta a trovare la pace in quella determinata situazione di stress. Una condizione non naturale, l’animale non cerca il record, non cerca la prova estrema ma molto semplicemente si immerge…
D) Lei pesca, ma non è in contraddizione con la sua filosofia?
R) Non sono vegano, non sono vegetariano, eppure la mia dieta è quasi praticamente vegana perché si basa su frutta, verdura, semi e cereali; però mi capita di mangiare pesce, carne, uova e vedo questo mio approccio come gli Indiani d’America, un rapporto intenso con Madre Terra. Il fatto di nutrirti di un pesce è accettare un dono della natura, senza l’arroganza e la prepotenza umana, anche noi siamo parte di un mondo animale e bisogna accettare questo stato. Mi sembra sostenibile pescare quando mi trovo in mezzo al mare e prego per l’ anima del pesce – sono cristiano – ringrazio la natura, il mare, il pesce stesso mentre lo sto mangiando. Non lo arraffo. Penso sia più ecologico pescare che comprare un prodotto che viene dall’altra parte del mondo solo per dimostrare di essere più ligio ai miei ideali ambientali. Una alimentazione prevalentemente vegetale mi dà tutte le energie di cui ho bisogno, ma cerco di sentirmi libero in tutto e alterno agricoltura e pesca, amo entrambe le cose. Ho un desiderio profondissimo di terra e vado in crisi di astinenza quando ne sono lontano per troppo tempo. Mi piace ritornare a casa, seminare l’insalata , bagnarla, raccoglierla e mangiarla.
D) Registra i suoni delle balene, anzi il canto delle balene. Come mai?
D) Sentire questi suoni è come un mantra, come le canzoni indiane che si ripetono continuamente, creano vibrazioni terapeutiche che ti rilassano in profondità, dei veri e propri stati meditativi. Mi piace appoggiarmi sul fondo, naturalmente in profondità agili dove posso stare per un po’ di tempo, e ricevere queste vibrazioni forti sul cuore che rallentano il pensiero.
D Ha viaggiato tanto per mare, quale ama di più?
D Ho ricordi bellissimi di tanti posti diversi del Mediterraneo che ha un solo difetto: è freddo d’inverno. Mi sono innamorato delle Hawaii soprattutto perché sono rimasto incantato dai canti delle balene, ho bellissimi ricordi del mare giapponese, del Mar Rosso, delle Maldive. Voglio ricordare, durante una traversata oceanica in barca a vela, un tuffo in profondità in Atlantico dove ho avuto la sensazione di entrare in un mare vergine. Magari sono stato il primo uomo a immergermi in quel tratto, a 60 metri con un silenzio totale, ed è stato come salire sulla vetta di una montagna altissima, dove nessuno o in pochi sono stati.
Gian Basilio Nieddu