Dall’UE il nuovo Programma d’Azione per l’Ambiente e un occhio all’Ilva
Grandi manovre, in questa fine 2012, per Commissione e Parlamento UE. Il 2020, è infatti sempre più vicino e si rende indispensabile mettere in campo tutte le forze per il raggiungimento degli obiettivi green fissati per quella data.
L’Esecutivo di Bruxelles ha per questo proposto il Settimo Programma d’Azione per l’Ambiente (PAA) intitolandolo: “Living well, within the limits of our planet”, che accompagnerà l’Unione Europea per i prossimi otto anni.
Sei i principali pilastri: natura, clima, rifiuti, acqua, aria, sostanze chimiche. Per quanto riguarda la natura, il documento sottolinea la sempre più grave perdita di biodiversità e il progressivo degrado degli ecosistemi. Preservare il “capitale natura” significa dunque fare in modo che l’ambiente riesca ad affrontare i cambiamenti climatici, secondo fronte d’azione. Altro settore di preoccupazione sono i rifiuti. In media solo il 40% di quelli solidi viene riusato o riciclato, tutto il resto finisce nelle discariche o negli inceneritori. Per quanto riguarda l’acqua, invece, la qualità e quantità sono crescente motivo di apprensione. Lo stress idrico sta diventando un problema diffuso. Occorre garantirla sia per l’uso umano sia per gli ecosistemi. Altra sfida che attende l’UE negli anni a venire è la qualità dell’aria. A proposito della quale la Commissione ha recentemente lanciato una consultazione pubblica, in rete, per invitare i cittadini a dare il loro parere su come migliorare la politica europea. Anche perché non si tratta solo di impatto ambientale, ma anche sanitario. Si stima, infatti, che ogni anno l’inquinamento uccida, in Europa, trecentocinquantamila persone. L’esposizione dei cittadini a sostanze chimiche inquinanti è l’ultimo argomento affrontato nel Programma. L’accento è stato posto soprattutto su quelle bioaccumulabili, quelle chimiche con effetti sul sistema endocrino e sui metalli pesanti. Il Programma si propone, a questo proposito, di aiutare le città europee più sostenibili, anche perché l’UE è già densamente popolata ed entro il 2020 è probabile che l’80% delle persone vivrà in aree urbane e peri-urbane.
Ma l’UE vuole anche porre le condizioni per un uso efficiente delle risorse, considerato il cuore della green economy. Ciò significa un pieno sviluppo del pacchetto clima ed energia, con l’attuazione della “Tabella di marcia verso un’economia a basse emissioni” entro il 2050, e particolare attenzione all’intero ciclo di vita di un prodotto per ridurre l’impatto ambientale complessivo dei consumi. Concretamente, si mira ad una progressiva eliminazione delle sovvenzioni dannose per l’ambiente, trasferendo l’imposizione fiscale dal lavoro all’inquinamento. E anche ad elaborare accordi di partenariato tra gli Stati membri e la Commissione in merito all’attuazione della legislazione ambientale dell’UE per introdurre sistemi complementari di ispezione e monitoraggio a livello comunitario. Ultimo, ma non meno importante, impegno è guardare oltre i confini dell’Unione Europea. Facendo pressione su quelle altre parti del mondo che generano forti impatti ambientali.
Il Commissario per l’ambiente Janez Potočnik ha dichiarato: “Il nuovo programma d’azione definisce il percorso affinché l’Europa diventi un luogo in cui le persone vivono in un ambiente sano e sicuro, caratterizzato da un progresso economico sostenibile“.
Oltre a migliorare l’applicazione delle norme europee, l’idea della Commissione è, infatti, anche quella di migliorare l’informazione e occuparsi degli impatti negativi sull’ambiente di diversi settori e attività, come edilizia, produzione alimentare, energia e trasporti, attraverso politiche “orizzontali”.
Il documento della Commissione dovrà ora essere esaminato e approvato dai Ministri dei Paesi membri, in seno al Consiglio UE, e dal Parlamento Europeo e potrebbe entrare in vigore già nel 2013.
Alla pubblicazione delle proposte ha coinciso l’avvio della “Technical Platform for Cooperation on the Environment“, una piattaforma che punta a migliorare lo scambio di informazioni, incoraggiare il dialogo interistituzionale per coinvolgere gli enti locali e regionali europei nell’attuazione della normativa UE in materia ambientale. Si terrà due volte all’anno e sarà co-organizzata dalla Commissione Ambiente, Cambiamenti Climatici ed Energia del Comitato delle Regioni e dalla Direzione Generale Ambiente della Commissione insieme a partner ad hoc. La prima riunione è prevista nel quadro della Settimana Verde Europea nel giugno 2013 e sarà incentrata sull’attuazione della legislazione europea sulla qualità dell’aria da parte degli enti locali e regionali. I quali hanno ben accolto i contenuti del PAA, lanciando, tuttavia, un monito a Parlamento e Consiglio affinché nel loro processo decisionale sul Programma, nei prossimi mesi, venga approfondito il concetto di “struttura di governance multilivello” attribuendo valore al ruolo degli enti locali e regionali.
Anche l’ultima plenaria del Parlamento Europeo, ha ribadito questo indirizzo sui temi ambientali, a partire dalla vicenda dell’Ilva di Taranto.
Due le Risoluzioni approvate. La prima, per fissare il concetto che “chi inquina paga”, chiede esplicitamente alla autorità italiane di garantire il recupero ambientale del sito con estrema urgenza, obbligando chi ha causato il danno a sostenere i costi di bonifica. La seconda richiede invece un piano europeo, da predisporre con urgenza, a sostegno dell’intero settore siderurgico, compatibile con la salute e la sicurezza dei cittadini, capace di tenere insieme gli obiettivi economici a quelli sociali e ambientali. Schiacciata tra la concorrenza che viene dall’Asia e la sfida verso la sostenibilità della produzione, questa industria vive infatti, oggi, una profonda crisi, che mette a rischio l’impiego e la salute di lavoratori e intere comunità. La risoluzione del Parlamento chiede, quindi, alla Commissione di includere anche il settore siderurgico nel processo in corso di revisione delle regole sugli aiuti di stato. Il documento sottolinea, inoltre, come per mettere in campo tali riforme sia fondamentale il ruolo delle istituzioni pubbliche. Gli Europarlamentari relatori della proposta scrivono infatti che “la privatizzazione dell’Ilva non ha determinato alcun miglioramento della sicurezza ambientale”. Un tema scottante, che rimette in campo un difetto di fondo dell’Unione Europa, il principio di sussidiarietà. L’idea di un piano europeo da lanciare a livello UE, in sintesi, è apprezzabile, ma – questo il punto – servirà a poco se si considera che la protezione della salute pubblica e dell’ambiente sono principalmente di competenza dei Governi e le istituzioni europee non dispongono ancora di strumenti adeguati per sostituirsi alle autorità nazionali.
Beatrice Credi