Cristina Gabetti: “la migliore forma di educazione ambientale è l’esempio”
Cristina Gabetti fino a 40 anni è stata inviata alla redazione spettacolo delle news a Mediaset. Poi qualcosa è cambiato e ha scelto di concentrarsi sull’impatto ambientale dei nostri stili di vita. Sono nati così Tentativi di Eco Condotta (Rizzoli, 2008), che ha dato il via alla rubrica Occhio allo Spreco su Striscia la Notizia, poi il libro di approfondimenti Occhio allo Spreco: consumare meno e vivere meglio (Rizzoli, 2009, edizione economica BUR 2010) e, per bambini, Tondo Come il Mondo, edito nel 2010 da Giunti Progetti Educativi con Fondazione Ambienta. Il suo ultimo lavoro è A Passo Leggero – piccoli esercizi di introspezione e circospezione, edito due mesi fa da Bompiani e nato sulla scia della rubrica omonima che Cristina ha tenuto sulle pagine estive del Corriere della Sera. Una collezione di esperienze intime che hanno un risvolto universale, arricchita dai disegni dell’artista Ramuntcho Matta, che invitano a guardare con curiosità al mondo che ci circonda.
D) Cristina, nel suo ultimo libro affronta il tema dell’empatia come punto di partenza per costruire una nuova società. Può spiegarci meglio il concetto?
R) L’empatia è la nostra naturale predisposizione a essere connessi con gli altri. È ciò che ci consente di sentire ciò che sente l’altro e mi pare un veicolo strategico per diffondere il piacere di essere parte integrante della vita. Sono anni che ricerco, sperimento e diffondo soluzioni per evolvere verso un futuro di prosperità per tutti, ma la qualità del fare emerge prima di tutto da un modo di essere. Nel mio nuovo libro coniugo esperienze vissute a più prospettive con la voce scientifica di Giacomo Rizzolatti, scopritore del neurone specchio o neurone dell’empatia, e i disegni dell’artista Ramuntcho Matta, con l’intento di stimolare ogni piano dell’essere, affinché chi legge possa riconoscersi e possa sentirsi invitato a entrare in sintonia con l’onda di rinnovamento che scuote il nostro pianeta. È molto facile perdere la bussola, sentirsi scoraggiati, disorientati, ma credo che con piccoli esercizi di introspezione e circospezione sia possibile scorgere spiragli di luce e illuminare nuovi percorsi possibili.
D) Come si è avvicinata all’ambiente?
R) Mi sono sentita chiamata, in quanto madre, ad alleggerire la mia impronta ecologica in modo da contribuire a colmare la voragine tra ciò che sappiamo e come ci comportiamo. Strada facendo, ho avuto prova del potere cumulativo dei nostri gesti e il potere che abbiamo, attraverso scelte che nascono dal cuore e dal desiderio di conoscere la lunga filiera di effetti che queste hanno sugli altri, di fare la differenza. La matrice del mio impegno è nel fare, cosciente del lusso che abbiamo di poter ancora scegliere e con il senso d’urgenza di fare il più possibile per scongiurare il peggio.
D) Quali sono i piccoli gesti quotidiani che compie per tenere una condotta ecosostenibile?
R) Ogni mia scelta è mediata dalla coscienza e dalla conoscenza. Faccio del mio meglio per sostenere filiere che rispettano la salute di chi lavora e dell’ambiente e, laddove sono costretta a compromessi, punto sulla qualità sacrificando la quantità. I miei libri, e la rubrica Occhio allo spreco, che ho scritto e condotto per 5 anni a Striscia la notizia, sono zeppi di azioni pratiche. Quando il desiderio di vivere a passo leggero si manifesta, le soluzioni si trovano. Bisogna essere aperti, curiosi e creativi. E quando le risorse singole non consentono di arrivare alle scelte desiderate, entra in gioco il sostegno della comunità.
D) Come trasmette ai suoi figli il valore del rispetto per l’ambiente? e loro come lo recepiscono?
R) Vivendo. La migliore forma di educazione è l’esempio…
D) Nel corso della sua vita ha avuto modo di vedere realtà diverse: New York, Connecticut, Torino, Milano, recentemente la California. Che tipo di sensibilità ha riscontrato e riscontra nei confronti dell’ambiente in tutte queste realtà?
R) La società americana è più veloce e di conseguenza le buone pratiche si diffondono rapidamente. Noi italiani viviamo in un paese naturalmente predisposto alla sostenibilità che non mettiamo a sistema. Anche se i comportamenti eco sensibili dovrebbero essere un punto di partenza e non una meta, le mode aiutano a promuovere il cambiamento e, in un mondo che sembra aver perso il giusto ordine di priorità, è utile usarle per velocizzare una transizione necessaria. Dunque, abbracciamo le soluzioni a noi più consone, valorizzando le opportunità che abbiamo a portata di mano.
D) Che tipo di cultura ambientale pensa ci sia al momento in Italia? quanto c’è ancora da fare?
R) La cultura ambientale deve uscire dalla nicchia, ma le rendite di posizione rallentano il processo. Guardo ai piccoli progressi con la speranza che si sommino fino a raggiungere un punto di svolta su larga scala. Più che mai la perseveranza di chi applica soluzioni a prova di futuro è necessaria per aprire gli occhi a chi non sa vedere i benefici a lungo termine.
D) Lei ha anche curato delle pubblicazioni per bambini: quanto le famiglie di oggi educano i loro figli al valore della sostenibilità?
R) Sono felice perché il mio libro Tondo come il Mondo viaggia da 4 anni nelle scuole italiane. Proprio ieri, insieme all’assessore all’educazione del comune di Milano Francesco Cappelli e Nino Tronchetti Provera di Ambienta, che ha dato vita al progetto e che lo sta facendo crescere, abbiamo consegnato il primo di 1500 kit destinati a tutte le classi di 3,4,5 elementare a Milano. Il libro, distribuito gratuitamente, sta raccogliendo una comunità sempre più grande di giovani amici della Terra, bimbi che si appassionano e che sono fieri di diffondere le loro buone pratiche. Una grande soddisfazione A volte, per i grandi, cambiare significa prima disfarsi di abitudini sbagliate, mentre per i bambini il percorso è più breve.
D) Cosa significa per lei decrescita felice?
R) Significa consumare meno e vivere meglio, come recita il sottotitolo del mio secondo libro Occhio allo Spreco. Indica un fenomeno che preme dal basso, un antidoto alla cultura dell’eccesso ma anche una naturale conseguenza della crisi economica. Credo però che per evolvere collettivamente dovremo cambiare il significato della parola crescita, passando da un indice quantitativo a uno qualitativo. Cioè, crescita evolutiva…e ovviamente sostenibile.
D) Qual è il sogno ambientale che vorrebbe realizzare?
R) Sogno una società rigenerante, rispettosa, prospera, capace di onorare i diritti fondamentali dell’uomo e della Terra, e accolgo ogni opportunità possibile per contribuire a renderla concreta. Vorrei aprire un dialogo per facilitare i percorsi ai cittadini motivati a diventare più responsabili. Ci sono troppi intoppi lungo il percorso e penso sia necessario unire le proposte ad analisi chiare sulle criticità. Nella conversazione va inserito anche l’impatto che le tecnologie stanno avendo sulla qualità della nostra vita e delle relazioni, perché il cambiamento dirompente che è in atto va condiviso al fine di cogliere le opportunità per accelerare una svolta verso modelli di vita sostenibili. Se questa conversazione potrà trovare spazio in TV sarò felice, ma sto pensando anche alla radio, perché è uno strumento adatto per condividere esperienze e per elaborarle.
Daniela Falchero