Bunna, il Natural Mystic del reggae italiano
Amianto, petrolio, scorie, immondizia, sprechi, discariche, polveri sottili. L’inquinamento non dà scampo alle grandi città. Meglio vivere sul fiume, in una lingua di terra, circondata dal verde dei prati e delle montagne del pinerolese. Come fa Bunna, al secolo Vitale Bonino, classe 1964, leader, voce e chitarra degli Africa Unite, il più noto gruppo raggae italiano, in questi giorni anche membro della giuria del Festival Cinemambiente di Torino, il concorso cinematografico internazionale dedicato alle pellicole a tema ambientale.
Con una tournée europea che toccherà Berlino, Bruxelles, Londra, L’Aia, Dublino, Parigi, Madrid, Barcellona, Valencia, lui e il gruppo festeggiano quest’anno i 30 anni di storia insieme, coronati da un libro (stampato rigorosamente su carta riciclata), dal titolo “Trent’anni in levare. Storia della storia degli Africa Unite”, pubblicato il 25 maggio da Chinaski Edizioni.
D) Bunna, quali sono i temi civili affrontati dai film di Cinemambiente in concorso quest’anno?
R) E’ molto presente la tematica dei rifiuti, un problema drammatico per l’Italia, ma non solo. L’apertura della manifestazione è stata dedicata al lungometraggio di Lucy Walker dal titolo “Waste Land”, cioè “terra desolata”, ma anche “terra devastata”, girato in una delle più grandi discariche del mondo, Jardim Gramacho, alla periferia di Rio de Janeiro. Mi ha impressionato, perché i temi ambientali hanno per me un’importanza speciale. Ogni settimana conduco anche una trasmissione su Radio Life Gate, Natural Mystic, che non parla solo di musica, ma ha stretti legami con lo stato di salute della natura e dell’informazione.
D) Che importanza hanno, secondo te, manifestazioni di sensibilizzazione come la rassegna di Torino?
R) Sono un’opportunità preziosa per avvicinare la gente a problematiche che altrimenti non verrebbero approfondite. La politica dovrebbe fare di più, rappresentare le necessità di tutti, e invece è quanto mai lontana. Ma la piazza ha ancora qualche mezzo per protestare. Ciascuno di noi ha un ruolo importante nella salvaguardia dell’ambiente. Dobbiamo abbandonare la filosofia del “cosa ci posso fare?” e incominciare la rivoluzione dal nostro quotidiano.
D) Tu da dove inizi? Mobilità, energia pulita, comportamenti a basso impatto ambientale?
R) Nella nostra società è sempre difficile essere fedeli e rigorosi, e seguire una linea di vita coerente. Io parto dall’abc: quando posso non uso l’auto, faccio la differenziata, compro frutta, verdura e carne dai produttori consociati in un gruppo di acquisto solidale del pinerolese, in casa tengo una temperatura mai superiore ai 21 gradi.
D) Perchè hai deciso di restare a Pinerolo?
R) Sono rimasto fedele alla città in cui sono nato e in cui è nato il gruppo. Apprezzo la provincia, vado il minimo indispensabile in città. Il caos della metropoli lo trovo pesante. Casa mia è collocata su un lembo di terra, bagnato da due parti da un ruscello. Adoro questa dimensione rilassante, in cui posso fare tutta la musica che voglio senza dover rendere conto a nessuno.
D) In alternativa, dove ti trasferiresti?
R) In Olanda. E’ un paese a misura d’uomo, molto libero – anche sul fronte delle liberalizzazioni…
D) La vostra musica, il reggae, discende da Bob Marley e da una certa cultura vicina alla natura e ai suoi ritmi lenti. Pensiamo al rastafarianesimo. Che cos’è rimasto oggi di quei valori figli degli anni ’70?
R) Gli Africa Unite si rifanno al genere reggae, cercando di trovare nel nostro Paese i riferimenti culturali per fare la nostra musica. Di quell’ispirazione naturalista originaria è rimasto però poco. La “one love philosophy” di Marley si è persa.
Letizia Tortello