Nero, Verde, Incolore. I tre venerdì che rischiano di non salvare il Pianeta
I primi due venerdì sono venuti a coincidere e sovrapporsi il 29 novembre: il consumistico “Black Friday” promosso dalle multinazionali è diventato il bersaglio principale dello sciopero per il clima dei movimenti Fridays for Future, che per l’occasione hanno rinominato l’iniziativa”Block Friday“. Il terzo venerdì sarà quello del 6 dicembre alla COP25 in corso a Madrid, dove i ragazzi torneranno a manifestare in piazza, ma questa volta contro l’inconcludenza “incolore” dei grandi decisori della Terra che non decidono mai e hanno trasformato le varie edizioni della Conferenza ONU sul Clima in un teatrino patetico in cui non succede mai nulla, anche quando sembra che succeda qualcosa (vedi COP 21 a Parigi).
La popolazione mondiale sembrerebbe così schematicamente divisa su tre fronti: i consumatori indifferenti, che continuano a vivere come se fossimo nei ruggenti anni ’80; i cittadini preoccupati (suddivisi tra l’ala attivista dei manifestanti più o meno giovani e la silenziosa maggioranza); e, infine, sopra tutto e tutti, i grandi “decisori” della politica, delle istituzioni internazionali, delle multinazionali, delle banche ecc., che non hanno tutta quest’ansia di cambiare perché, in fondo, a loro e ai loro amici, elettori e finanziatori va bene così e cambiare comporta sempre delle responsabilità, che non hanno voglia di assumersi. “Annamo bene!“, direbbero a Roma…
In realtà questa comoda semplificazione, che si presta bene a stimolare contrapposizioni frontali e slogan aggressivi tra “fazioni”opposte, nasconde una situazione molto più complessa e sfumata, perché il mondo non è mai bianco, nero o grigio.
Come ricordava Gianni Riotta su La Stampa, all’indomani dello scontro Block Friday vs. Black Friday: “non si tratta affatto di una crociata Buoni-Cattivi, in ogni generazione ci sono ambientalisti e consumisti, né chi acquista ai saldi è un criminale… Sbaglierebbero i media a ridurre l’importante dibattito in corso a un duello Vecchietti-Giovinastri, dimenticando che tra i vecchi ci sono stati campioni ambientalisti come Barry Commoner e Rachel Carson, e una capatina sul social media Tik Tok conferma che anche Generation Z ha chi ama lo spreco“…
Eppure gran parte dei media si è proprio concentrata sul sensazionalismo dello scontro frontale: “Black Friday contro Block Friday: oggi il mondo si divide“, titolava il Corriere. “Combattiamo questo sistema consumista: l’Onda Verde globale sfida il Black Friday“, riprendeva La Stampa, definendola la “la sfida del millennio tra venerdì global“, alla fine della quale “ne resterà soltanto uno“. Come gli Highlander…
Ma vediamo, un po’più nel dettaglio, l’identikit di questi tre fenomeni.
Secondo i dati di Banca Etica, nel Black Friday 2018 la sola Amazon ha registrato nel mondo 12 acquisti al secondo, e in 24 ore ha venduto merci per oltre 30 miliardi di dollari! Dal 2013 al 2018 – riporta la rivista Valori - le vendite nel “weekend nero” sono complessivamente cresciute del +900% in Germania, +3.233% in Italia e +4.900% in Francia e Turchia. Il problema è che non si tratta, per la gran parte, di acquisti “necessari” (semplicemente anticipati o posticipati), ma di una vera e propria compulsione, che “induce le persone a comprare cose che normalmente non acquisterebbero”. Con almeno tre conseguenze devastanti: l’incremento esponenziale di potenziali rifiuti, un pesante impatto ambientale di logistica e trasporti e un sovraindebitamento delle famiglie, che spinte dalla tentazione di “risparmiare” peggiorano in realtà le proprie condizioni economiche, grazie alle allettanti offerte di rateizzazione. “Niente demonizzazioni - precisa Banca Etica nella comunicazione ai Soci, in cui motiva la propria adesione (unica banca italiana) all’iniziativa dei movimenti per il Clima – ma solo un tentativo di recuperare un po’della responsabilità critica e dell’autostima che ci stanno rubando, giorno per giorno, come fossimo capaci di far solo quello, come non esistesse nessuna fantasia oltre l’acquisto”…
Condivido pienamente l’invito al senso critico (e, aggiungerei, al buon senso) sugli acquisti e, personalmente, credo che le resse per accaparrarsi un oggetto di dubbia utilità al miglior prezzo, dopo ore di coda e magari sfilandolo di mano al vicino, siano una delle immagini più degradanti dell’intelligenza umana. E’però sulla contrapposizione netta suggerita da quel “ci” che non mi ritrovo… Chi ci starebbe rubando l’autostima? Certo, qualcuno quella roba la stava promuovendo e vendendo venerdì scorso, ma dall’altra parte c’era qualcun altro – non esente da responsabilità – che la stava liberamente acquistando! E chi è quel qualcun altro? Non solo la setta dei consumatori assatanati, perché per arrivare a quei numeri (+ 3.233 %!) vuol dire che lì in mezzo, a comprare più o meno selvaggiamente, c’era anche l’alter ego di molti di noi (manifestanti compresi).
Questa semplice constatazione dovrebbe suggerire che l’identificazione del “nemico assoluto” dell’ambiente in Trump, nelle multinazionali, nei politici in genere, nelle banche, nelle precedenti generazioni ecc., la contrapposizione netta tra il noi degli immacolati manifestanti e il loro, dall’altra parte dell’immaginaria barricata, oltre ad essere una semplificazione che non ha riscontro nella realtà, è una narrazione molto pericolosa, che nella storia non ha fatto che generare altro odio e catalizzare l’attenzione intorno alla manifestazione in sé (come se manifestare fosse di per sé un valore, al di là del risultato), rendendo ancora più difficile una soluzione pragmatica dei problemi. Perché, sia chiaro, dei problemi dell’ambiente e del clima, siamo tutti almeno parzialmente responsabili, chi più, chi meno, non fosse altro perché cresciamo costantemente in numero e fatichiamo a cambiare le abitudini consolidate, mentre il Pianeta rimane sempre quello.
Anche Federica Gasbarro, la “Greta” italiana, oggi portavoce degli studenti, meno di un anno fa era ancora un’attivissima infuencer per il “fast fashion”, che promuoveva viaggi e abiti alla moda non particolarmente green. Anche Marco Savioli, 24enne organizzatore dello sciopero romano di venerdì scorso e attivista universitario di tante altre cause sociali e politiche, ammette: “io stesso giro in automobile, è naturale finché viviamo in questo sistema”. Ma avverte minacciosamente le multinazionali: “noi ci siamo, abbiamo coscienza di quanto sta accadendo e ci accorgeremo di qualsiasi cosa farete“…
Nessuno vuole fare una colpa a questi ragazzi per qualche umana debolezza o giovanile incertezza, né sminuire il loro impegno per la causa ambientalista, ma vorrei solamente suggerire loro di abbandonare un po’di “manicheismo” e sviluppare analisi della realtà un po’più complesse, concentrandosi su soluzioni pragmatiche. Perché, loro stessi lo ricordano, non c’è più tempo! Nemmeno per l’autocompiacimento della lotta infinita in stile “sessantottino”, come continuano a suggerire (non senza interessi privati) “cattivi maestri” e professionisti della contestazione nostalgici e inconcludenti. Il Pianeta non ha tempo di aspettare la “ricomposizione” di queste contrapposizioni frontali.
Personalmente credo sia venuto il momento di lasciare da parte il folclore della “piazza” e il linguaggio ostile della “battaglia” e sia urgente sedersi pragmaticamente ai tanti tavoli di chi ha potere decisionale per fargli capire veramente quali sono i benefici ambientali, di salute, occupazionali ed economici (qualcuno sente solo da quest’orecchio, ma va bene lo stesso) di una vera transizione alla green economy. La vera sfida oggi è cambiare insieme, in una logica win-win, non cambiare contro qualcuno. Continuare con i cartelli “Bruciamo Amazon” difficilmente convincerà Amazon o altre multinazionali a collaborare e sedersi al tavolo.
Prima che si perda altro tempo prezioso, bisogna riconoscere che la vecchia formula dell’antagonismo non funziona… Le “okkupazioni” studentesche, i girotondi, le marce, i concerti, i discorsi accusatori contro qualcuno, possono suscitare qualche emozione, infiammare le masse, incuriosire (temporaneamente) i media, stimolare qualche riflessione. Ma poi? La figura stessa di Greta non è nuova: qualcuno si ricorderà Severn Suzuki, “la bambina che zittì il mondo per 6 minuti” nel suo intervento alla Conferenza ONU di Rio de Janeiro nel 1992. Stesso anno in cui nasceva in Canada il Buy Nothing Day. Il discorso della dodicenne Severn fu definito “storico”, così come il Buy Nothing Day e altre iniziative simili sono stati definiti “di successo”, per la quantità di persone che sono riusciti a coinvolgere. Eppure, bisogna chiedersi: al di là del successo di comunicazione, hanno cambiato concretamente qualcosa? La situazione del Pianeta è oggi migliorata grazie a loro? Di fronte ai dati attuali sull’utilizzo di fonti fossili, sulle emissioni CO2, sull’inquinamento di aria, acqua e terra, sul consumo di suolo, oppure di fronte a un +3.233 % di vendite (solo in Italia) negli ultimi cinque Black Friday, la risposta pare tristemente: no.
Quindi, ragazzi, oltre a manifestare, continuate a studiare, approfondite temi, numeri, modelli di business alternativi e poi girate il mondo a spiegare i vantaggi della transizione. Cambiate il sistema “da dentro”, con le vostre competenze e il coraggio! Diventate voi, al più presto, i politici coraggiosi e capaci di cui tutti lamentiamo oggi la mancanza. Diventate i dirigenti responsabili di uno Stato che funzioni, diventate imprenditori giusti e lungimiranti. E sappiate che di queste figure, in realtà, ce ne sono già molte in giro per il Pianeta, con un’esperienza in tasca preziosissima, di cui dovreste fare tesoro. Andate a cercarli (a volte sono silenziosi, quasi nascosti), lavorate quotidianamente insieme a loro, con l’obiettivo comune di costruire e far accadere la transizione. Perché, se aspettiamo le COP, passano altri 30 anni! (NB – E’appena iniziata la COP 25 e già si lancia la palla alla COP 26 di Glasgow del prossimo anno, dove i paesi dovranno presentare “nuovi e più sfidanti piani per il clima”…).
Un’ultima cosa: è vero, i soldi non sono tutto nella vita, ma servono almeno come mezzo per realizzare degli obiettivi, anche nobili, come quello ambientale. Se però il Black Friday italiano macina miliardi di euro in un giorno e il crowdfunding del movimento Fridays for Future Italia rimane fermo a 1.286 euro, con 63 donatori, a fronte di 470.000 attivisti dichiarati in “più di 120 città attive”, c’è qualcosa che non va… Qualcuno sta predicando bene e razzolando malissimo, perché anche un adolescente può permettersi di dare l’esempio e “dirottare” 1 euro di paghetta da un pacchetto di caramelle a una buona causa.
Andrea Gandiglio