Andrea Bajani: “Lo scrittore? Il mestiere più ecologico del mondo”
Ci sono scrittori che riescono a narrare con le parole dello stupore. E’ il caso di Andrea Bajani, classe 1975, una delle penne più profonde e ricercate della nuova generazione di romanzieri italiani. E se c’è un modo di essere “ecologici” che va ben al di là dell’attenzione verso l’ambiente, ecco questo è il suo. Che evita accuratamente ogni luogo comune, ogni posizione scontata e banale, per guardare i problemi, anche quelli dell’ecologia, con coinvolgimento e responsabilità. Per scoprire che la forza più grande della natura resta quella di stupirci, ancora e sempre.
D) Andrea, sei mai stato testimonial di qualche campagna a tema ambientale?
R) Per fortuna no, mi sento ancora vergine da questa logica, che non amo…
D) Perché? Non credi nella diffusione di una coscienza della sostenibilità ambientale tramite l’esempio?
R) Ci credo moltissimo. Ma legare se stessi e la propria immagine a una causa in particolare lo trovo più che altro una moda, diventa subito un’etichetta, un modo per pubblicizzare se stessi e mettersi dalla parte giusta, con un fare un po’ moralistico. Non lo condivido. La coscienza ambientale dovrebbe nascere e svilupparsi in noi indipendentemente dalla pubblicità che se ne fa, non dovrebbe fare notizia, non dev’essere un annuncio che do da un pulpito. Sennò, ti trasformi immediatamente in uno dei tanti gadget sul tema, non mi interessa. A quel punto, preferisco mille volte un sostenitore di una malsana vita metropolitana piuttosto che un ipocrita ecologista che usa malamente il suo titolo.
D) L’impatto sull’ambiente, però, è qualcosa di serio…
R) La crisi per assurdo ci sta rendendo molto più ecologisti di quanto vorremmo. Il ritorno alla politica alimentare a chilometri zero, la riduzione dei consumi e dei trasporti sono tutti fenomeni che, volenti o nolenti, viviamo in questi mesi. Per riscoprire valori come la solidarietà, l’acquisto solidale ci potevano essere due modi: la necessità e la moda, a cui ho già accennato. Sta a noi tutti, attraverso l’esempio, amplificare, con le azioni, la fiducia in questi punti cardinali. Anche se, devo dire, non ho tutta questa fiducia nell’essere umano…
D) Se non ce l’hai tu che sei un umanista e fai lo scrittore…
R) In effetti… Ora che ci penso, fare lo scrittore è ecologico, il mestiere più ecologico del mondo. Fino alla stampa. Prima di quel momento ci sono solo il computer, una luce a illuminarlo e le idee. Poi, quando il libro esce è tutt’altra storia, si entra nel ciclo produttivo.
D) Ginevra Bompiani, editrice di Nottetempo, la scorsa settimana ci ha spiegato perché è assai difficile che l’editoria rivoluzioni la sua logica industriale con sistemi meno impattanti sull’ambiente, a partire dalla carta riciclata. Sarebbe un bel segnale, non credi?
R) In un piccolo caso, io già lo faccio. C’è una casa editrice, la Due Punti Edizioni, che si occupa di animali e stampa su carta interamente ricavata dalla lavorazione degli escrementi di elefante. Uscirà per loro un mio raccontino, in non molte copie. Certo, si dovesse avviare con questi metodi una produzione di grande portata non so quanto sarebbe conveniente.
D) Senz’altro, passaci la battuta, non si potrebbe dare il lassativo agli elefanti per soddisfare i bisogni del mercato. Ma Bajani, da cittadino torinese, che ne pensa della qualità della vita nel capoluogo piemontese?
R) Torino è piuttosto a misura d’uomo, viene in aiuto dei suoi residenti. Io l’attraverso completamente a piedi o in bici, ho eliminato del tutto l’auto o l’autobus. La definirei un centro urbano “ecologicamente praticabile”. Comunque, secondo me, la coscienza ambientalista non è solo mobilità verde. L’ecologia non è separata dall’idea di cittadinanza attiva. Non ha senso fare la raccolta differenziata con precisione svizzera e poi pensare a se stessi e mandarci tutti a quel paese al semaforo. Il rispetto per l’ambiente deve andare di pari passo con quello per gli esseri umani.
D) In un’intervista hai dichiarato che il tuo sport è la corsa, quasi tutti i giorni, al Parco del Valentino. Lo pratichi ancora?
R) Sì, con rigore nevrotico tre o quattro volte a settimana, per tre quarti d’ora.
D) Esiste per te un rapporto tra natura e scrittura?
R) Tra le due c’è un legame totale. La natura mi cambia la vita, è la misura del tempo più piena, mi riempie totalmente. In città, la parola ti sembra che cada nel vuoto, nella natura invece ti pare di poterla tenere a mezz’aria. Quando sono immerso nel verde ricavo un’energia unica dalla terra, ed è una cosa di cui non ci rendiamo abbastanza conto. Abbiamo coperto la città col cemento fino all’ultimo centimetro, la terra è soffocata dall’asfalto, di tanto in tanto solo qualche escrescenza chiamata alberi, a ricordarci che siamo vivi.
D) Non hai mai pensato a un soggetto naturale come fonte d’ispirazione letteraria?
R) No. Per me l’ambiente è fonte di nutrimento dello spirito, ma non propriamente della scrittura. Ho nei suoi confronti un approccio contemplativo, un contatto silenzioso, come una preghiera, mentre il romanzo richiede movimento, azione. Anche se poi c’è l’esempio del grande Rigoni Stern, che dalla natura ha saputo raccontare la vita.
D) Hai un rifugio naturale, un luogo dei sentimenti a cui ritorni e a cui è legata la tua memoria?
R) I laghi, in generale. Noi piemontesi, che il mare non l’abbiamo avuto sin da piccoli, non lo sappiamo guardare. E’ troppo grande, troppo largo, troppo profondo, a un certo punto lo sguardo ci imbarazza, non sappiamo che farcene. Chi è nato al mare, invece, lo sa ammirare. E allora la misura giusta per me sono i laghi, specchi d’acqua sufficientemente piccoli per poterli contenere. Tra tutti, ne scelgo due, Avigliana e Candia.
D) Perché?
R) Il primo per ragioni personali, il secondo per questioni letterarie: l’ho visitato con il libro di Volponi in mano, “Il memoriale”, dove si racconta del protagonista che tutti i giorni, nel suo viaggio tra Ivrea e Torino, passa di lì con la corriera…
Letizia Tortello