Andalusia, la terra del sole, tra buone pratiche e cemento
Al divieto che ci eravamo prefissi di non usare il taxi abbiamo ceduto solo il mattino del ritorno a casa: alle 6,30 del mattino nessun treno per l’aeroporto. Per il resto, il buon proposito di fine 2012, mio e del mio compagno, è stato mantenuto: una vacanza spostandosi nelle città dell’Andalusia (facendo base sempre a Malaga) senza usare taxi o noleggiare auto. A Malaga, un’utilitaria si noleggia anche con meno di 200 euro per cinque giorni, mentre i trasporti interurbani, soprattutto quelli ferroviari, sono costosi. Ma in fondo, lo stress di guidare per ore e non poter guardare il panorama, ci ha convinti a scegliere bus e treni.
L’Andalusia è un continuo susseguirsi di colline coltivate a olivi, comprese tra il mare della Costa del Sol e le cime delle Sierre. Nella regione si trovano 80 dei 125 milioni di piante di olivo della Spagna. Il secondo giorno, raggiungendo Granada in pullman, le abbiamo viste coperte da un bianco strato di brina: una versione insolita per l’assolato – ma in certe zone molto freddo, ho scoperto – Sur.
In Spagna, come dicevamo, prendere il treno costa molto e in tanti ripiegano sugli autobus, che in alcuni casi sono anche più veloci. Due biglietti andata e ritorno da Malaga a Granada, distanti due ore di viaggio l’una dall’altra, ci sono costati poco più di 40 euro. Il giorno dopo, per raggiungere Cordoba, ne abbiamo spesi 100 per una tratta ferroviaria di un’ora. Il treno, equiparabile a un nostro Frecciabianca, era però nuovo e puntualissimo. Tutte le maggiori città hanno stazioni degli autobus interurbani ben organizzate e ben collegate al centro. E anche le stazioni ferroviarie sono in linea di massima funzionali e ben organizzate, spesso rinnovate durante gli anni di boom economico del governo Zapatero.
Anche all’interno delle città il trasporto pubblico è di buon livello: bus frequenti, non troppo vecchi, e con possibilità di fare il biglietto a bordo. Non mancano però le note dolenti: a Granada, nel bianco quartiere dell’Albayzin, arrampicato sulla collina che guarda il grande complesso arabo dell’Alhambra, i cittadini protestano perché il sindaco ha isolato l’area, privandola di collegamenti con il resto della città. Sembra un posto fantasma: in giro, ci sono solo turisti che salgono fin quassù per fotografare il palazzo-fortezza. Che dentro nasconde un vero paradiso: cortili pieni di fiori, alberi di agrumi, fontane e giochi d’acqua. Si dice che nel medioevo questi giardini fossero famosi in tutta Europa per la loro rigogliosità, in contrasto con un paesaggio spesso arido e assetato.
Se a Cordoba e Granada i centri storici sono stati abbastanza salvaguardati, a Malaga la situazione è più triste. Le colate di cemento non hanno risparmiato la collina del Gibralfaro, dove ci sono i resti della fortezza araba. Nella parte bassa della città, intorno alla cattedrale, si cammina in un groviglio di stradine deliziose, ma basta spostarsi di qualche centinaio di metri per trovarsi di fronte una serie di palazzoni costruiti a ridosso del castello.
Veronica Ulivieri