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394 buone ragioni per difendere i parchi

luglio 6, 2011 Campioni d'Italia, Rubriche

L’articolo 9 della Costituzione Italiana recita:La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”

Le aree protette e i parchi italiani, però, non se la passano bene di questi tempi. In buona parte per i continui e famigerati “tagli lineari” ai trasferimenti statali, ma anche a causa di una diffusa noncuranza e carenza culturale (quella Cultura, in senso lato, che la Repubblica dovrebbe promuovere) di gran parte della classe politica, troppo impegnata nelle beghe di partito e nella gestione delle cricche, per badare “alla natura” e comprenderne la funzione, anche in un’ottica di (sana) valorizzazione turistica ed economica.

E’ così che, a fine 2010, nasce, su iniziativa di alcuni direttori di parco, il Gruppo di San Rossore, che conta oggi quasi 800 aderenti tra amministratori, operatori e volontari delle aree protette italiane, tutti impegnati, con concretezza e dedizione ”Per il rilancio dei parchi“, come titola il nuovissimo libretto dedicato dall’editore ETS alla prima Assemblea del Gruppo, tenutasi a Firenze lo scorso febbraio. “I parchi naturali e le altre aree protette – si legge nel Manifesto – rappresentano oggi un baluardo contro le dilaganti aggressioni nei confronti del territorio e della biodiversità e costituiscono una speranza per il futuro perché sono straordinari laboratori dove si realizzano modelli di gestione che dimostrano come sia possibile coniugare conservazione e sviluppo e porre al centro il rapporto persona-natura“.

Tra i “Campioni d’Italia” che sostengono questa iniziativa abbiamo deciso di dedicare la puntata di oggi della nostra rubrica all’Avv. Gianluigi Ceruti, che della Legge Quadro 394 sulle Aree Protette è stato il padre e primo firmatario, durante la decima legislatura, quando il Parlamento Italiano, dopo infinite difficoltà, boicottaggi e polemiche, approvò definitivamente, nel 1991, quella che, a vent’anni di distanza, è ancora considerata (anche all’estero) una delle migliori leggi al mondo per la tutela del patrimonio naturale.

D) Avv. Ceruti, come nacque la 394?

R) Nel 1987 presentai alla Camera il progetto di legge, che fu sottoscritto trasversalmente da altri 36 parlamentari di quasi tutti i gruppi presenti allora in Parlamento – anche se devo dire che, in alcuni momenti, mi trovai piuttosto solo… Al momento di firmare ci fu infatti un grande slancio, perchè si trattava di firmare una legge storica, ma l’iter fu molto più difficile, per la mancanza di coraggio nel prendere certe decisioni. Eppure la proposta affondava le proprie radici negli anni ’20, quando Benedetto Croce, allora Ministro dell’Istruzione, aveva auspicato la nascita di una legge per i Parchi Nazionali, sul modello di quanto già esisteva in Engadina, in Svizzera, e negli Stati Uniti, dove nel 1871 era stato costituito il Parco di YellowstoneEra un’epoca di grande fervore culturale, di cui Croce fu protagonista insieme a un élite di intellettuali che si raccoglieva intorno alle società scientifiche, come la Società Botanica Italiana. Negli anni’20 – grazie alla rinuncia del re Vittorio Emanuele III alle due riserve di caccia proprietà di casa Savoia – furono infatti istituiti in Italia i primi due parchi nazionali, il Parco Nazionale del Gran Paradiso e, subito dopo, il Parco Nazionale d’Abruzzo.

D) Alla fine degli anni ’50 un fermento analogo diede vita al WWF, costituito come fondo per la natura nel 1961, grazie alla spinta di naturalisti e scienziati inglesi. Come si spiega il fatto che in Italia si sia dovuto invece aspettare fino al 1991 per dare seguito a quanto emerso negli anni ’20?

R) E’una lunga storia, che ho ripercorso in una relazione all’Accademia dei Lincei sull’evoluzione della normativa italiana sul paesaggio. Quello che ho potuto constatare è che la tutela dell’ambiente è sempre stata molto constrastata. All’inizio del ’900 dall’industria idroelettrica, che osteggiò la creazione di aree protette, ma anche la caccia, con tutti i suoi interessi mercantili e industriali e addirittura il settore farmaceutico ed erboristico, interessati alla raccolta delle piante a fini officinali. Soprattutto poi c’era il timore che creare zone di protezione potesse ostacolare l’edilizia. Chi alimentò la rinascita della sensibilità naturalistica fu un personaggio del calibro di Renzo Videsott, un ladino allora sovraintendente del Gran Paradiso, che nel 1948 fu a Fontainebleu, in Francia, uno dei fondatori dell’Union Internationale pour la Conservation de la Nature. Da qui ripartì la volontà di fare una legge, ma tutti i tentativi, una volta approdati al Senato o alla Camera, fallirono sempre, anche se patrocinati, talvolta, da personaggi influenti della politica italiana, come Paolo Rossi o Ugo La Malfa.

D) Cosa ha portato invece la “sua” legge 394 all’approvazione? Un contesto mutato di sensibilità al tema?

R) Certamente. Ricordiamoci che la X Legislatura partì nel 1987, un anno dopo l’incidente di Chernobyl, che destò molte preoccupazioni in tutto il mondo e l’acuirsi di una sensibilità che sfociò, in Italia, nell’elezione di 12 deputati e 1 senatore del gruppo dei Verdi, ma anche di personalità carismatiche come lo scrittore Antonio Cederna e molti altri. Si formò insomma un gruppo interpartitico molto trasversale, che sicuramente favorì l’approvazione – seppure molto contrastata – della legge. Io fui candidato dai Verdi, come esterno, per l’esperienza acquisita come vicepresidente di Italia Nostra, dal 1980, e perchè mi ero già occupato del progetto per un parco nazionale del Parco del Delta del Po, mio grande sogno che non si realizzò e che oggi è sostituito da due parchi regionali costretti a vivacchiare…E’notizia di questi giorni che per creare una centrale a carbone a Porto Tolle, dentro il parco del Delta del Po veneto, si sta addirittura cambiando la legge regionale che vieteva questo tipo di insediamenti. Nel nostro paese conservare la natura e le sue risorse è sempre stato un grande problema e lo è tuttora.

D) Lei continua comunque la sua battaglia in difesa dell’ambiente e del paesaggio come libero professionista…

R) Sì, sto seguendo la causa per l’ampliamento dell’aeroporto di Siena, ma anche altre questioni, sempre in Toscana e in altre regioni, come la costruzione di inceneritori, impianti che un’ampia letteratura medica ha dimostrato essere nocivi per la salute. Mi capita di sostenere le ragioni di amministrazioni pubbliche oppure di privati, di imprenditori, come nel caso della famiglia Antinori, antichi produttori di vino, per i quali abbiamo ottenuto un successo significativo davanti al Tar della Toscana, che ha riconosciuto la loro opposizione alla costruzione di un impianto di incenerimento che potrebbe causare seri danni se costruito in mezzo alle vigne del Chianti. In Veneto mi sto occupando invece di cave. Pochi giorni fa sono stato a cena con l’ex sindaco di Albettone, meraviglioso Comune in provincia di Vicenza, tra i Colli Euganei, una zona di incantevole bellezza. Al termine della cena mi ha detto: “sa, quella collina di cui si era occupato lei, una decina di anni fa, oggi non esiste più…”.

Andrea Gandiglio

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