La terra? Affare del secolo. Sostenibilità e sicurezza alimentare nel libro di De Castro
L’affare del secolo? La terra. Sono tanti quelli disposti a sborsare miliardi per aggiudicarsi superfici coltivabili e c’è chi è ben propenso a concederle. Il perché ce lo spiega, nel libro “Corsa alla terra. Cibo e agricoltura nell’era della nuova scarsità“, (Donzelli Editore, pp. X-190, € 16,00), Paolo De Castro, europarlamentare italiano, economista e presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo.
“L’agricoltura sarà sempre più un settore strategico sotto due profili. In riferimento al suo legame con gli ecosistemi, al ruolo che può interpretare nella gestione del territorio, nella tutela idrogeologica e della biodiversità, nella cattura di Co2”, ci spiega De Castro. “Di recente però, l’agricoltura è tornata importante nella sua missione primaria, ovvero la produzione di cibo. La crescita demografica, la variazione delle diete nei Paesi emergenti, che implica un maggiore consumo di prodotti ad alto valore aggiunto e impatto ambientale, il trend crescente dei prezzi sono tutti fattori che pongono un grosso problema a livello globale: la domanda alimentare cresce più dell’offerta. In questo contesto la terra fertile è diventata l’affare del secolo perché è una risorsa scarsa. Dal 2006 in poi la domanda di suolo è aumentata in modo esponenziale. Si tratta di una vera corsa alla terra da parte di grandi imprese private, fondi di investimento e fondi sovrani, con obiettivo i paesi poveri, dove la competizione per l’accesso all’acqua e alla terra è già stata causa di conflitto. Negli anni delle crisi alimentari controllare la terra fertile è tornata a essere questione strategica”, aggiunge De Castro.
L’era della scarsità, dunque, ecco spiegato il sottotitolo. Nel 2050 saremo più di 9 miliardi, un incremento di circa un terzo rispetto ai 6,9 miliardi che abitano il pianeta. Saranno le aree più povere e quelle emergenti a essere protagoniste dello sviluppo demografico globale negli anni a venire. Troppi per essere sfamati tutti: scarsità e iniqua distribuzione delle risorse alimentari non permettono una distribuzione eterogenea. La cifra della popolazione malnutrita fa rabbrividire, si aggira intorno al miliardo di individui. L’instabilità dei mercati delle materie prime agricole e i picchi dei prezzi alimentari, la crescita demografica e la modificazione delle diete a livello globale, i vincoli ambientali alla produzione di cibo e le conseguenze del cambiamento climatico: sono tutti elementi che compongono uno scenario di nuova miseria.
Il cibo costerà di più per tutti, con un impatto che sarà più forte sulle fasce più povere della popolazione mondiale, ma che si farà sentire in modo diretto e indiretto anche nei paesi ricchi. I «segni del tempo» sono ovunque, il più clamoroso è l’esponenziale incremento della domanda internazionale di terra: paesi dotati di grande liquidità ma di scarse estensioni di superfici coltivabili, multinazionali agricole, agglomerati finanziari di diversa natura hanno iniziato ad acquisire o affittare milioni di ettari, soprattutto nelle aree più povere del globo, comprando pezzi interi di altri continenti. Con quali conseguenze per gli equilibri economici e politici internazionali? Con quali effetti sul benessere di aree come l’Italia e l’Europa, coinvolte in questo movimento dalla sempre maggiore integrazione del mercato delle materie prime agricole nella finanza globale?
La corsa alla terra delinea i contorni di un futuro in cui l’agricoltura sarà sempre di più un settore strategico e il controllo dei suoli fertili sarà sempre più cruciale per lo sviluppo delle nazioni. Per affrontare questi problemi non serve invocare la paura del nuovo, ma investire in ricerca e modelli di trasferimento dell’innovazione. Non servono politiche fatte in casa, quanto uno sforzo per costruire una politica di sicurezza alimentare coordinata a livello globale. “Nel libro mi permetto di fare diverse proposte”, continua De Castro. “Alcune sono già state fatte proprie dal G20, come la trasparenza dei mercati. Mercati trasparenti vuol dire mercati efficienti. Poi c’è la questione dei bandi all’export che va affrontata compiutamente. Il G20 si è limitato a escludere dai bandi le donazioni al World Food Programme. E’ poco. Le restrizioni alle esportazioni hanno effetti devastanti sulla stabilità dei prezzi. Ci vuole uno sforzo coordinato delle autorità nazionali per rilanciare la ricerca pubblica su grandi progetti, che alla ricerca privata semplicemente non interessano. Si dovrebbero fare correzioni alla politica sui biocarburanti, perché così com’è non è sostenibile. Bisognerebbe anche pensare a modelli di coordinamento per la politica delle scorte, mai cosi esigue a livello globale. Per fare tutto questo però non basta il G20: si devono rilanciare i negoziati multilaterali del commercio e il compito del Wto va ripensato alla luce della nuova importanza del tema della Food security”.
Ora il neo ministro Catania, si prepara ad affrontare la sfida più difficile, quella di scrivere una controriforma per la Pac da spedire a Bruxelles. “Sfida difficile ma al tempo stesso importantissima – afferma De Castro. Dagli esiti del prossimo negoziato sulla Pac 2020, dipenderà infatti il futuro dell’agricoltura europea e, nello specifico, italiana. Se tra dieci anni, la nostra agricoltura sarà competitiva al pari di quelle francese, spagnola e tedesca (solo per citare i nostri principali partners europei), dipenderà proprio da come lavoreremo nei prossimi mesi. Ecco perché, dovremo farci trovare pronti come sistema Paese ed arrivare a Bruxelles con le idee ben definite per fare in modo che le modifiche alle proposte presentate il 12 ottobre dalla Commissione esecutiva, siano rispondenti alle istanze della nostra agricoltura”.
Il problema, secondo molti operatori, rimane il «greening». “Nell’ambito delle proposte legislative sulla Pac post-2013, la Commissione Europea propone un pagamento addizionale, cui dedicare obbligatoriamente il 30% del massimale nazionale per i pagamenti diretti, a compensazione di azioni ecologiche. In tale ambito, credo sia opportuno sottolineare il fatto che, di fronte all’esigenza di una politica agricola comune più semplice e snella, le proposte dell’esecutivo Ue, sembrano andare in direzione opposta. La componente ambientale dei pagamenti diretti, così come impostata, rischia infatti di comportare un ulteriore appesantimento del già consistente carico amministrativo e maggiore complessità nei controlli. Un elemento, quest ultimo, che rischia di essere particolarmente penalizzante per l’agricoltura Italiana. Così come abbiamo stabilito in Parlamento, nei due Rapporti sul futuro della politica agricola comune, quella della sostenibilità ambientale, rappresenta una sfida importante, ma a patto che non comporti più burocrazia e che, di pari passo, sia garantita la sostenibilità economica delle aziende agricole europee. Per il raggiungimento di tale obiettivo, lavoreremo nei prossimi mesi”, conclude il presidente della Commissione Agricoltura al Parlamento Europeo.
Francesca Fradelloni