“Cibo vero”: storie di passione per la terra all’origine del cibo
“Per fare cibo vero ci vuole agricoltura vera. E per fare agricoltura vera sono necessarie le persone, persone vere”. “L’unico modo di raccontare che cosa significa cibo vero, è quello di raccontare le persone vere, o meglio: lasciare che loro si raccontino”. Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, lo scrive nella postfazione, quando i racconti degli agricoltori ci sono passati davanti uno per uno. Ma queste frasi in realtà sono perfette per introdurre, meglio di qualunque altro commento, il libro “Cibo vero. Storie di passione per la terra”, promosso dal marchio di biologico Alce Nero e edito da Giunti, che sarà presentato oggi a Milano.
Il volume a cura di Rita Brugnara, corredato da belle foto e video (di Alberto Callari e Paolo Panzera) da guardare on line, è il risultato di un viaggio nell’Italia agricola più autentica, iniziato a giugno 2011 in Basilicata e concluso nel cuore delle Dolomiti a fine novembre. Una raccolta di storie di agricoltori biologici legati in modo profondo alla terra che coltivano, a cui li unisce non solo il lavoro, ma elementi più profondi: l’anima, l’identità, i sentimenti, l’amore.
Persone vere come Paolo Steccanella, che a Legnago (Verona) produce frutta, cereali e ortaggi. Dopo aver lavorato nell’industria, nel 1980 è rientrato nell’azienda paterna: “Tutto il tempo libero lo passavo nei campi e allora ho deciso che tanto valeva lasciare l’altro lavoro: questo mi piace di più”. O come Nicola Cecere, titolare di un allevamento di bufale a Cancello e Arnone (Caserta). Una terra conquistata, voluta, desiderata: “Mio padre non avrebbe mai voluto che io venissi a vivere in questo territorio, mi voleva mandare via. Io invece voglio stare qui e desidero che mio figlio viva in questo luogo”.
Sono in tutti i casi agricoltori che hanno per la terra un amore forte. “La terra per me è un dono”, dice Francesco Denora, produttore di cereali di Altamura (Bari). “E’ un patrimonio culturale da ricevere, da custodire, da riconsegnare. E’ un’eredità”, spiega Arturo Santini, a capo di un’azienda frutticola di Cesena. E un sentimento simile unisce gli uomini agli animali. “Con le api ho un rapporto stretto: sono un tutt’uno con loro; è importante per me sentirle dentro di me”, racconta Serena Alunni, apicoltrice a Isola del Piano (Urbino). “Essere tutto il giorno accanto agli animali ti dà tanto. Tutto quello che ti manca dall’esterno te lo danno gli animali, te lo dà la terra”, spiega Roberta Tedeschi, che lavora nell’allevamento di famiglia.
Un rispetto quasi religioso, da cui per tutti è venuta quasi naturale, come una conseguenza necessaria, la scelta del biologico. Una scelta che, dice Gaetano Zenti, produttore di ortaggi di Isola della Scala (Verona), “si conquista stando vicino, lavorando, affrontando anche qualche sconfitta. Ma nel tempo si vede che porta benefici anche a me che lavoro, che sono tranquillo, che mi approccio alla terra con serenità, con osservazione, senza l’ansia di dover fare in continuazione”.
L’agricoltore, e ancor più l’agricoltore biologico, è un lavoro che si fa sempre per passione. I margini, infatti, per le aziende sono scarsi e non si diventa ricchi coltivando la terra. Maria Desiante, giovane titolare della masseria di famiglia a Gravina di Puglia (Bari) lo spiega con una metafora: “Devi essere ammalato di terra. Diversamente non ce la fai ad andare avanti”. Ed è grazie a questi “intellettuali della terra”, come li chiama Petrini, che si può “ridare senso all’atto di nutrirsi. Un atto che può essere agricolo, ecologico, paesaggistico e di giustizia sociale se solo lo vogliamo, se solo condividiamo un po’ del loro sapere e facciamo le giuste scelte al momento della spesa”.
Veronica Ulivieri