L’Unesco recupera la tradizione con ITKI
Nasce l’International Traditional Knowledge Institute (Itki), l’organismo voluto dall’Unesco per tutelare le tecniche e le conoscenze tradizionali dell’agricoltura e dell’architettura, che ad oggi stanno scomparendo, ma che è necessario conservare per poter rispondere alla crisi ambientale ed economica globale e migliorare, come conseguenza virtuosa, la qualità della nostra vita.
Scopo dell’Itki è dunque di realizzare una banca dati che possa essere consultata da tutte le pubbliche amministrazioni del mondo, tramite un report annuale disponibile on-line, che raccoglierà le centinaia di migliaia di soluzioni antiche e attuali ai problemi della desertificazione, della mancanza d’acqua, delle frane e dello spreco di energia.
L’Istituto, che avrà sede a Bagno a Ripoli, in Toscana, è nato grazie al sostegno iniziale della stessa Unesco ed all’ impegno economico di alcune fondazioni, tra le quali Nobrega, Romualdo del Bianco e Water Right, oltre che del Comune. Tra i vari progetti della nuova struttura, presentati ieri a Firenze dal Presidente del Centro, il consulente Unesco Pietro Laureano, c’è anche il restauro delle Gualchiere, un laboratorio tessile trecentesco, da tempo in disuso, che sorge sulle rive dell’Arno, alla periferia di Firenze.
Laureano ha sottolineato, durante la conferenza, come sia importante creare una “lista” delle decine di milioni di tecniche tradizionali presenti sul pianeta, attraverso una ricerca e una catalogazione continua, al fine di aiutare la tutela culturale e ambientale. Questa banca dati, che diventerà una vera e propria Banca della Terra, potrà essere consultata da governi, pubbliche amministrazioni, aziende e cittadini per poter permettere la diffusione delle pratiche sostenibili ed innovative in agricoltura, architettura e aree urbane, paesaggio e pratiche sociali. Il loro utilizzo consentirà risparmi economici considerevoli in tutti i settori e in particolare nelle emissioni di CO2.
“La nascita di Itki – ha commentato il Vicedirettore Generale dell’Unesco, Francesco Bandarin, in collegamento da Parigi – è una buona notizia per Firenze e per l’Unesco“. “Le conoscenze tradizionali e il loro uso innovativo rappresentano la base per una tecnologia sostenibile, indispensabile per l’elaborazione di un nuovo modello di progresso umano, sono un giacimento di possibilità che si va perdendo, con l’affermarsi della monocultura del cemento e anche con gli spostamenti di popolazioni. È successo in Italia negli anni ‘50, sta succedendo in Cina, dove ogni anno 10 milioni di abitanti lasciano i villaggi per concentrarsi nelle aree urbane”, ha concluso Bandarin.
Benedetta Musso