Italian Bio Products: nasce a Crescentino la prima bioraffineria al mondo
Guardando il nuovo logo che campeggia all’ingresso dell’ex stabilimento Teksid di Crescentino, si potrebbe quasi pensare a una sottile ironia nei confronti di BP, il colosso britannico, divenuto simbolo delle tragedie petrolifere con la marea nera nel Golfo del Messico. Ma la famiglia Ghisolfi l’ha fatta in realtà molto più grossa ai petrolieri. Con la posa, ieri, della prima pietra di IBP, la bioraffineria che sorgerà, entro un anno, nel piccolo comune del vercellese, la Mossi & Ghisolfi ha compiuto una vera e propria PROESA™ (una “prodezza”, come racconta l’ingegnere brasiliano che dirige l’omonimo impianto pilota), aprendo la strada all’industrializzazione di una nuova tecnologia, che consenitrà di produrre bioetanolo di seconda generazione a partire dalla canna comune (la Arundo Donax) e dai residui delle lavorazioni agricole locali, come la paglia di riso e gli stocchi di mais.
Abbiamo già raccontato questa storia di eccellenza italiana il 16 marzo scorso, alla vigilia del 150°anniversario dell’Unità, ma credo che un caso esemplare di questa portata meriti la maggiore visibilità possibile da parte dei media, perchè racchiude, simbolicamente, tutto il meglio e tutto il peggio del nostro incredibile paese.
Il peggio l’ha raccontato, in conferenza stampa, Guido Ghisolfi, il vicepresidente del Gruppo, con un tragicomico aneddoto. Nel 2007 M&G fa richiesta di ammissione, al Ministero dello Sviluppo Economico, ai finanziamenti per il sostegno all’innovazione “Industria 2015“. L’azienda viene selezionata, ma gli anni passano e i soldi non arrivano. 2007, 2008, 2009, 2010, 2011: cinque anni e il vicepresidente del gruppo viene convocato da un funzionario del Ministero, con la premessa di due notizie ”non positive”. La prima è che i fondi di Industria 2015, essendo passato un lustro, sono andati “in perenzione” (capolavoro linguistico della burocrazia italiana per dire che sono morti, non ci sono più!). La seconda notizia è che M&G, risultando comunque vincitrice di quel finanziamento (mai ricevuto), non ha diritto ai nuovi fondi stanziati dal CIPE! Il danno e la beffa, nella miglior tradizione nazionale.
Eppure l’italiano, nella sua espressione migliore (che ha declinazioni regionali diverse, ma accomunate da creatività e pervicacia), è un individuo che non si scoraggia facilmente, sia esso un imprenditore, un amministratore o un frate. E qui viene fuori il meglio del paese insito in questa storia, per molti versi esemplare. L’azienda prosegue il progetto PROESA, finanziando da sè la ricerca, attraverso la controllata Chemtex, con 120 milioni di euro. Ma soprattutto coinvolgendo, in un tour de force durato 5 anni, 50 giovani ricercatori (i cervelli non emigrati) del Parco Tecnologico di Rivalta Scrivia – coordinati dall’instancabile direttore R&D Dario Giordano – e collaborando con la Regione Piemonte, il Politecnico di Torino, l’ENEA e l’azienda danese Novozymes, leader mondiale nella produzione degli enzimi per la fermentazione alcolica del biocarburante.
La tecnologia così sviluppata non è una semplice “innovazione”. E’ qualcosa in grado di cambiare la bilancia commerciale del nostro paese, riducendo (fino allo zero, se solo ci fosse la volontà politica), la dipendenza dalle fonti fossili importate dall’estero e utilizzate oggi non solo per produrre carburanti, ma anche energia, materie plastiche e centinaia di prodotti di uso comune.
Secondo le direttive dell’Unione Europea, entro il 2020 almeno il 10% dei combustibili per autotrazione dovrà infatti provenire da fonti rinnovabili. Una disposizione normativa che crea una domanda di mercato stimata, per la sola Italia, in 1,5 tonnellate di bioetanolo, ma che pone, al tempo stesso, seri problemi di approvvigionamento. Coltivare anche solo il 3% dei terreni marginali italiani con la canna arundo donax, da processare attraverso la tecnologia PROESA, permetterebbe invece al nostro paese di centrare in pieno l’obiettivo europeo. Offrendo per altro al consumatore un prodotto economicamente più conveniente della benzina, quando il prezzo del barile di petrolio sia oltre i 60 dollari (cifra che oggi è quasi doppia e, secondo gli analisti, destinata a crescere negli anni).
Ma Campione d’Italia è anche Il sindaco di Crescentino, Marinella Venegoni, che da buona amministratice di un paesino di 8000 anime, falcidiato dalla crisi economica ha saputo cogliere un’opportunità che il Comune di Tortona, sede storica della Mossi & Ghisolfi, si è lasciata scappare per un mal inteso ambientalismo antagonista di vecchia maniera. Mentre la politica era impegnata, anche ieri, nel deprimente spettacolo che ruota intorno alle vicende del Cavaliere, un altro Cavaliere del Lavoro, Vittorio Ghisolfi, fondatore dell’azienda e classe 1930, l’ha ringraziata pubblicamente (con un certo trasporto e commozione) in una sala gremita di imprenditori e ricercatori da mezzo mondo, dove spiccava, accecante, l’assenza di qualsiasi ministro della Repubblica.
Andrea Gandiglio