Elettrosmog & Co. Come l’ambiente circostante influisce sulla nostra salute
Quasi ogni giorno i tecnici dello studio d’ingegneria per l’ambiente Nir vengono chiamati da privati cittadini, preoccupati dai campi elettromagnetici a cui sono esposti a casa o a lavoro. Gli ingegneri arrivano, fanno le loro misurazioni e consegnano la perizia. Spesso – raccontano – l’esito è negativo. “Ovviamente è interesse anche di chi posiziona gli impianti (antenne televisive o telefoniche, ripetitori..) che questi restino tendenzialmente entro i limiti imposti della legge, per cui è infrequente che si riscontrino livelli di elettrosmog pericolosi per la salute“. I cittadini che sentono strane vibrazioni o fischi nelle orecchie, spiegano i tecnici, spesso sono solo suggestionati dalla crescita tecnologica e impiantistica delle città, con il moltiplicarsi di antenne e ripetitori.
Ma probabilmente non hanno tutti i torti. Pochi giorni fa la Cassazione ha infatti imposto all’Inail di risarcire un manager di Brescia, riconoscendogli l’invalidità professionale: per la prima volta in Italia la Corte ha riconosciuto un legame diretto fra l’uso eccessivo dei telefoni cellulari e il tumore al cervello che ha colpito l’uomo.
Se ne discute ormai da decenni, ma ancora non si ha la completa certezza “scientifica” su quali siano gli effetti dei telefoni cellulari sul nostro organismo. Anche se studi epidemiologici e sentenze come quella di Brescia insistono sui possibili danni dell’uso prolungato o “eccessivo”. Carlo La Vecchia è a capo del Dipartimento di Epidemiologia dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, e fa parte della maggioranza degli scienziati, quelli che vorrebbero ridimensionare le preoccupazioni. Sottolinea come non ci sia la prova scientifica che i campi elettromagnetici a cui siamo normalmente esposti possano causare tumori: “Riguardo alle onde radio utilizzate ad esempio dai telefonini non si è mai dimostrato un rischio per la salute – spiega – Per i campi elettromagnetici a bassa frequenza, quelli degli elettrodotti, alcuni studi fatti all’estero hanno evidenziato un aumento delle leucemie nei bambini che vivevano nelle vicinanze. In Italia i limiti di sicurezza sono dieci volte più bassi di quelli decisi dall’Unione Europea, e anche così i nostri impianti sono sostanzialmente al di sotto dei valori massimi previsti”. La situazione va comunque tenuta sotto controllo, nuovi effetti potrebbe rivelarsi sul lungo termine. Ma nemmeno l’aumentare del numero di ripetitori, stazioni wi-fi e celle per i telefonini deve creare allarme? Secondo La Vecchia essendo più ravvicinati rispetto al passato hanno bisogno di segnali meno potenti e intensi, così si dovrebbe eliminare quell’effetto di riscaldamento (di alcune frazioni di grado) che avevano i vecchi telefonini appoggiati all’orecchio. Il professore fa riferimento ai maggiori studi internazionali gestiti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, (OMS) e, di fatto, finanziati dalle maggiori case produttrici di apparecchi per la telefonia: “Sono state fatte critiche sulla trasparenza delle ricerche, ma l’OMS ha organizzato controlli rigidi cercando di tenere la massima distanza fra i ricercatori e chi metteva i soldi. A mio parere, gli studi sono più che affidabili”.
Nessun motivo di preoccupazione quindi, secondo la maggioranza degli esperti, ma attenzione da mantenere alta perché i livelli di elettrosmog non crescano fino a mettere a rischio la nostra salute. Anche perché dobbiamo difenderci da altre “sostanze invisibili” prodotte dall’uomo che, nel nostro ambiente quotidiano, possono portare malattie. Pesticidi, nanoparticelle, polveri tossiche: ogni giorno entriamo in contatto con almeno cinquecento diverse sostanze, e alcune di queste possono causare patologie anche gravi. “Ormai la scienza ha acclarato la correlazione fra alcune malattie e l’esposizione a elementi chimici – spiega Antonio Maria Pasciuto, fondatore di ASSIMAS (Associazione Italiana di Medicina Ambiente e Salute) – Sappiamo ad esempio che il morbo di Parkinson può essere causato dai metalli pesanti. Il problema è che spesso queste conoscenze non si traducono nella pratica medica”. Pasciuto è membro dell’Accademia Europea di Medicina Ambientale e da febbraio ha dato vita all’associazione italiana. Il suo obbiettivo è informare i cittadini sui possibili rischi e formare i medici perché sappiano riconoscere e intervenire sui problemi che l’ambiente quotidiano può dare ai loro pazienti. “Sappiamo dove sono i pericoli e dobbiamo imparare a contrastarli prima che facciano danni – spiega – Spesso gli studi epidemiologici sugli effetti di vari tipi di inquinamento, come quelli avviati con grave ritardo all’Ilva di Taranto, rischiano di servire solo a spiegarci che i buoi sono già scappati dal recinto”.
Per questo sabato 27 ottobre, a Milano, si terrà il primo convegno organizzato da ASSIMAS. I medici iscritti sono più di settanta, tanto che nella stessa città verrà organizzato un altro incontro a metà novembre. A Roma invece l’appuntamento è per il 10 novembre, e anche lì i partecipanti sono già una cinquantina. “Segno che l’attenzione su questi temi è forte – dice ancora Pasciuto – Dobbiamo partire dal basso per ottenere leggi più attente ed evitare di avere a che fare con prodotti dannosi per la nostra salute”. In pratica, essere più informati e preparati per conoscere meglio gli ambienti in cui ci muoviamo, essere più sicuri, ma senza farci suggestionare da allarmi a volte ingiustificati.
Matteo Acmè