Cicloturismo: in Italia potrebbe valere 3,2 miliardi l’anno
Che il cicloturismo non sia più solo un fenomeno di nicchia, passatempo per quattro sparuti amanti della bici, lo conferma – se ancora ce ne fosse bisogno – il fatto che lo studio realizzato da The European House-Ambrosetti pochi mesi fa si sia preso la briga di misurarne l’indotto. Il risultato è sorprendente: secondo la ricerca, il cicloturismo italiano ha un valore potenziale di circa 3,2 miliardi di euro!
Il fenomeno nel nostro Paese è ancora giovane, ma in forte crescita. In Trentino, oggi gli introiti turistici generati dal turismo in bici sui 400 km di piste ciclabili della provincia valgono 100 milioni di euro all’anno. Antonio Dalla Venezia, responsabile Cicloturismo di Fiab, conferma la tendenza: “La crescita del cicloturismo ha accelerato soprattutto negli ultimi 3 anni, oggi la vediamo a occhio nudo. Amministrazioni e Pro Loco lavorano a iniziative in questo settore, spesso finanziate a livello europeo, producono materiali. Non siamo ancora nella fase in cui si recuperano ferrovie dismesse o argini dei fiumi, ma si mappano itinerari su strade agricole o a basso traffico e ci si consorzia per realizzare interventi più ampi”.
In provincia di Verona, per esempio, i Comuni di Sommacampagna, Valeggio Sul Mincio, Villafranca di Verona e Sona si sono uniti per realizzare 150 km di percorsi ciclabili su strade poco trafficate. Il Friuli partecipa a un progetto europeo transfrontaliero per dar vita al percorso ciclabile Alpi-Adria, e un tratto è stato recentemente inaugurato. “In questi ultimi anni Veneto e Friuli stanno investendo molto. Anche in Lombardia, Emilia Romagna e Toscana si è fatto qualcosa, si vede una buona volontà di pianificazione. Al Sud, invece, si è fatto poco, anche se ci sono situazioni felici, per esempio nel Siracusano o in Puglia”. Il modello rimane il Trentino Alto Adige: “Le Province di Trento e Bolzano investono sul cicloturismo da quasi 20 anni. Nella regione ci sono quasi 1.000 km di piste ciclabili protette, con un sistema intermodale efficiente, a partire dalla possibilità di trasportare la bici su tutti i treni”, continua Dalla Venezia, che ci tiene a precisare: “Il cicloturismo in Italia non è assolutamente all’anno zero”. Con il progetto Bicitalia, l’associazione ha da poco mappato 10.000 dei 18.000 km di strade ciclabili, 18 itinerari e 50 ciclovie di qualità.
Di pari passo, aumenta anche l’offerta: sono numerosi i tour operator che offrono vacanze sulle due ruote, così come le strutture ricettive. Su Albergabici.it, Fiab ha mappato oltre 2.000 tra hotel, bed & breakfast, campeggi, agriturismi, rifugi montani che offrono un’accoglienza dedicata ai turisti sulle due ruote. Aumentano le proposte di Pro Loco e amministrazioni pubbliche, vedi per esempio l’Abruzzo o la provincia di Ferrara, e non mancano i progetti dal basso. Vedi per esempio la tre giorni “Mala testa per buone gambe” (29-31 agosto 2014), organizzata dall’associazione romagnola Colleattivo per far scoprire ai cicloturisti le terre malatestiane, o le tante proposte della stessa Fiab.
Tornando alla situazione nazionale, la principale criticità è la mancanza di una legge nazionale sulla ciclabilità, e l’assenza di una struttura di coordinamento a livello ministeriale. “In altri Paesi europei c’è una legge nazionale per creare un’economia dal cicloturismo”. E questo ha facilitato molto le cose: “Si stima che nel 2012 l’impatto economico del cicloturismo in Europa sia stato di circa 44 miliardi di euro, generati da oltre 2 milioni di viaggi e 20 milioni di pernottamenti. Nella sola Germania il cicloturismo ha generato, nel 2012, 9 miliardi di euro di fatturato, mentre in Francia 2 miliardi di euro”, si legge nello studio Ambrosetti. Da migliorare o costruire da zero, aggiunge Dalla Venezia, sono anche le infrastrutture: “Bisogna migliorare i servizi di intermodalità, soprattutto l’integrazione bici-treno. E poi costruire percorsi ciclabili: ci sono regioni dove non ce n’è neanche 1 km, è normale che le due ruote poi non siano utilizzate: si va in bici dove si è sicuri”.
In mancanza di questi numeri, di una legge, un coordinamento, una pianificazione, in Italia ognuno fa da sé, anche se le buone idee non mancano. Basti vedere VenTo, il progetto di ciclovia che dovrebbe unire Venezia a Torino, promosso da un gruppo di docenti del Politecnico di Milano: “Costerebbe 80 milioni di euro, pari al costo di 2-3 km di autostrada e genererebbe un indotto di 100 milioni di euro all’anno e 2.000 nuovi posti di lavoro”, ha spiegato il responsabile del progetto Paolo Pileri intervenendo, a fine maggio, al 4° Workshop Nazionale IMAGE a Torino. Una risorsa, insomma, pronta per creare sviluppo, così come i 5.000 km di ferrovie dismesse presenti nel nostro Paese: “Il 95% sono abbandonate da decenni, solo 600 km sono già stati recuperati. Se è vero che in questo periodo mancano risorse nazionali, bisogna ricordare che il settore può attirare molte risorse europee. Recuperarle farebbe un gran bene all’economia, all’occupazione e all’ambiente”, dice Dalla Venezia.
Veronica Ulivieri