Agricoltura urbana e ricerca: in attesa di Expo la Svizzera ripensa i modelli alimentari
In vista dell’Expo 2015, favorita da quella distanza che consente di vedere al di là degli scandali e andare oltre la banalità degli slogan, la Svizzera ha avviato una profonda riflessione sul cibo, la nutrizione e i modelli di produzione alimentare. Pubblichiamo qui sotto la seconda parte del reportage di Veronica Ulivieri. La prima parte nella sezione Green News di LaStampa.it.
Se Ginevra è un fiore all’occhiello della Svizzera, non mancano esperienze significative in altri luoghi della nazione. A Basilea, nel 2012 la startup Urban Farmers ha realizzato sul tetto della stazione merci di Dreispitz una serra che funziona con sistema acquaponico, un mix tra acquacoltura e coltivazioni idroponiche (cioè, fuori da terra), unendo allevamento dei pesci e agricoltura: le sostanze di scarto dei pesci servono per concimare le piante e le radici depurano l’acqua delle vasche, il tutto a ciclo chiuso. Anche sul fronte dell’educazione alimentare ci sono altre esperienze interessanti. Vedi le sessioni di degustazione organizzate nel cantone Vallese durante la Settimana del gusto (18-28 settembre) per gli studenti, guidati dalla nota viticoltrice biodinamica Marie Thérèse Chappaz. Perché una cultura del bere consapevole, è il senso dell’iniziativa, non si costruisce tanto attraverso il proibizionismo o le campagne di comunicazione pubblica, ma con la conoscenza. Nello stesso cantone l’anno scorso ha preso il via un corso di formazione per pastori, probabilmente uno dei primi al mondo, con l’obiettivo di assicurare personale qualificato per i pascoli estivi e tutelare la gestione degli alpeggi.
Dalle malghe ai ristoranti: un terzo delle emissioni di CO2 in Svizzera proviene dalla catena alimentare. Nella prestigiosa scuola alberghiera di Losanna, la giovane Charlotte de La Baume sta lavorando al progetto Beelong, un indicatore per stabilire la sostenibilità di un menù. “Stiamo sperimentando il metodo con 14 partner, la fase di test terminerà alla fine del 2014. I ristoratori spesso hanno poco tempo, budget ristretti e tipi diversi di clientela: il nostro approccio non è quello di sovraccaricarli di lavoro, ma trovare soluzioni semplici e allo stesso tempo efficaci”, spiega Charlotte. Beelong prende in considerazione diversi criteri – provenienza degli alimenti, modo di produzione, stagionalità, grado di trasformazione, emissioni di CO2 – e permette di migliorare il bilancio ecologico della cucina sostituendo alcuni piatti o qualche ingrediente.
Per cambiare i modi di fare la spesa e consumare il cibo, sono fondamentali le stesse politiche agricole. Interventi pubblici mirati possono assicurare la disponibilità sul mercato di certi prodotti, garantire la sopravvivenza dei contadini e influenzare i metodi di produzione. In Svizzera i primi pagamenti per i servizi ecosistemici, comparsi nella PAC solo da quest’anno con il cosiddetto greening, sono stati introdotti negli anni ’90: “Quando il governo ha abolito le quote latte e i prezzi imposti per i prodotti agricoli, ha istituito i pagamenti diretti, con l’intenzione di parare il colpo della perdita di queste garanzie. Ci sono per esempio contributi per il mantenimento dei pascoli in montagna, o per la creazione di siepi per la nidificazione degli uccelli, oltre ad aiuti ad hoc per gli agricoltori biologici”, spiega Paolo Degiorgi dell’Ufficio federale per l’agricoltura.
Accanto alla politica, a giocare un ruolo di primo piano è anche la ricerca. A Nyon, dieci chilometri da Ginevra, nel centro federale di ricerca sull’agricoltura Agroscope, per esempio, si studia come rendere più sostenibile la viticoltura, di pari passo con la graduale affermazione dell’industria vinicola svizzera. “Oggi la viticoltura biologica è ancora poco diffusa nel nostro paese: lo spazio è limitato e il clima in molti casi umido espone le piante ad alcune malattie. Molti non rinunciano ai prodotti chimici perché temono di perdere la produzione. Qui selezioniamo varietà di viti resistenti alle malattie, con l’obiettivo di non usare più pesticidi o ridurli al minimo”, spiega Olivier Viret, responsabile della ricerca enologica di Agroscope. Altri studi riguardano la lavorazione dei formaggi: i ricercatori hanno isolato da produzioni biologiche di diversi parti della Svizzera i batteri responsabili della fermentazione casearia: “L’obiettivo è assicurare formaggi sicuri e senza germi indesiderati”, aggiunge Daniel Goy.
Il padiglione svizzero di Expo 2015 avrà quattro torri trasparenti, piene di acqua, caffè, sale e mele secche. La scelta dei prodotti è stata fatta in base alla facilità di conservazione, alle tipicità svizzere e agli sponsor privati. Ma finito l’evento milanese, assicurano qui, le torri saranno usate nelle città svizzere per l’agricoltura urbana.
Veronica Ulivieri