L’ottavo colle: odissea di Malagrotta, la discarica più grande d’Europa
Illegale secondo l’Europa, ma funzionante a pieno regime grazie alle numerose proroghe di Comune e Regione: ogni giorno, nella discarica di Malagrotta vengono inghiottite 4mila tonnellate di rifiuti di tal quale – ovvero il rifiuto non trattato, indifferenziato – 1.500.000 di tonnellate all’anno provenienti da Roma, Fiumicino, Ciampino e Città del Vaticano. L’area, che si trova a Nord Ovest della Capitale, a pochi chilometri da Fiumicino e, in linea d’aria, a sei chilometri da San Pietro, è di proprietà di Manlio Cerroni, avvocato e indiscusso magnate dell’immondizia laziale (è sua metà delle discariche regionali.
Si racconta che se domani mattina Cerroni chiudesse Malagrotta, in una settimana Roma sarebbe sepolta dalla spazzatura: in parte è vero, vista la mole di rifiuti sversata ogni giorno. Così come è accertato che nella Capitale il “rischio Napoli” non si è verificato proprio grazie alla presenza di Malagrotta e alla sua capacità di accogliere l’immondizia. Ma è altrettanto vero che quella discarica andrebbe chiusa perché fuori legge: è del 1999 la direttiva 31 dell’Unione europea che stabilisce che “in discarica possono entrare solo rifiuti pre-trattati, cioè quelli depurati dalla raccolta differenziata”. L’Italia, dopo aver recepito la norma con il decreto 13 gennaio 2003 n.26, la applica con il decreto del 3 agosto 2005. Ma dal 2005 nelle discariche, grazie alle proroghe infilate nelle Finanziarie che si sono succedute in questi anni, si continua a sversare il tal quale.
A raccontare la storia della discarica più grande d’Europa, divisa tra “gli stratagemmi messi in campo dalla Regione Lazio e dal Comune di Roma per potersi finalmente accaparrare il massiccio business dello smaltimento” e “l’operato del nuovo commissario Goffredo Sottile, che dovendosi districare tra le macerie lasciate dal suo predecessore, riterrà opportuno un avvicinamento istituzionale con l’avvocato Manlio Cerroni”, ci ha pensato Massimiliano Iervolino, esponente dei Radicali ed esperto di rifiuti e sanità, nel libro “Roma, la guerra dei rifiuti” (Infinito edizioni). “Racconto le vicende nella provincia di Roma dal giugno del 2011, quando cioè, l’Europa ha riaperto la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia: sversare il tal quale nell’invaso di Malagrotta produce inquinamento”, partendo “dalle sette aree indicate dallo studio preliminare della Regione Lazio al sito di Monte Carnevale, suggerito da Clini, il Ministro dell’Ambiente del governo guidato da Mario Monti, per poi arrivare dalle quattro zone militari alle dodici cave individuate con metodi cartografici dalla Provincia di Roma. Risultato? Anche in questo caso, nessuno”.
Tutto ciò, come si racconta in un capitolo del libro, si svolge in un’intera area – la Valle Galeria – soggetta a rischio d’incidente rilevante in base ai vincoli del decreto legge Seveso II (334/99): oltre alla discarica, infatti, nel primo blocco ci sono una linea di gassificazione, due impianti di trattamento meccanico biologico e un impianto di inertizzazione del percolato da invaso; nel secondo blocco c’è un inceneritore di rifiuti sanitari dell’Ama di Roma con autorimessa, officine, impianti di lavaggio. Si tratta di dieci lotti per una volumetria complessiva di 3,2 milioni di metri cubi, incrementata di altri 900mila con il decreto commissariale 26 del 31 marzo 2006. In base a un’analisi effettuata dall’Ispra e riportata da Iervolino, “le acque superficiali si possono definire compromesse. Anche il quadro qualitativo di quelle sotterranee dell’area di Malagrotta mostra una contaminazione diffusa in tutta la zona”.
Quella di Malagrotta è una storia che affonda le radici negli anni Novanta, quando già gli abitanti dell’area protestavano per l’inquinamento arrivando anche a occupare l’aula consiliare del Comune di Roma. Per Iervolino, il disastro politico è bipartisan: al Comune e alla Regione si sono alternati sindaci e governatori di destra e di sinistra, ma la discarica non si è mai fermata, nonostante i tre piani rifiuti degli ultimi dieci anni, incapaci di portare Roma oltre il 30% di raccolta differenziata. In pratica, dal 1999, anno in cui venne nominato il primo commissario straordinario per raggiungere il traguardo del 35% entro il 2003, le cose sono rimaste pressoché immobili.
Non va meglio nelle altre zone della Regione, dove sono pochi i Comuni che hanno già avviato seriamente la raccolta differenziata: l’obiettivo del 65% entro il 2012 è miseramente fallito, poiché la media laziale si attesta a poco meno del 20%. “Finché l’Europa non ha detto basta, tutto si è buttato a Malagrotta. Attraverso i poteri commissariali di volta in volta si è cercato un nuovo buco dove buttare materiale non trattato – continua Iervolino – Ma l’Europa continua a dire che non rispettiamo le leggi e noi proseguiamo con la strada dei Commissari, una tecnica tutta politica: basti pensare ai nove anni di commissariamento dei rifiuti della Regione Lazio, dal 1999 al 2008, che sono serviti a trovare altre volumetrie per la discarica”. E sono proprio gli ultimi due commissari (il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro nel 2011 e il prefetto Goffredo Sottile nel 2012, incarico che ricopre attualmente) i protagonisti di due capitoli del libro di Iervolino, il quale spiega gli intrecci tra la politica e le carte bollate, gli scontri tra governo e prefetti, la rabbia dei cittadini coinvolti nei numerosi piani per individuare siti alternativi a Malagrotta e le continue proroghe alla discarica più grande d’Europa. “L’unica cosa certa – scrive l’autore nelle ultime pagine – è che Malagrotta ancora esiste, insieme all’incapacità della partitocrazia tutta. L’ottavo colle continua la sua lunga vita, nonostante i proclami, le innumerevoli delibere, le diverse leggi e i molteplici ammonimenti. L’emergenza, quella vera, potrebbe per davvero scoppiare da un momento all’altro. Urgenza, questa, che spazzerebbe via come un tornado ogni forma di difesa e di protesta cittadina.(…) Quest’oscuro scenario, già sperimentato tristemente in altre regioni d’Italia, rappresenterebbe la vittoria definitiva dell’impero della giungla contro quello della legge”.
E mentre si discute ancora attorno al sito che dovrebbe diventare il sostitutivo di Malagrotta, i camion carichi di immondizia della Capitale sversano già da alcuni giorni nelle altre discariche del Lazio, provocando l’ira dei cittadini e dei comitati di quartiere, mentre i carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico stanno accertando funzionamento e capacità residue degli impianti di trattamento meccanico biologico, di compostaggio e termovalorizzazione dei rifiuti della regione Lazio, secondo quanto disposto dal Ministro per l’Ambiente Corrado Clini, affinché il decreto del prefetto Sottile venga applicato al più presto. A Colfelice, dove dovrebbero arrivare ogni giorno 430 tonnellate di immondizia dalla capitale, è partita la protesta con un muro di un migliaio di persone che ha impedito alla Società Ambiente Frosinone di depositare la spazzatura romana. Stessa cosa è accaduta ad Albano Laziale, in provincia di Roma, dove nella discarica di Roncigliano (di proprietà di Manlio Cerroni) da sabato 26 gennaio arrivano i camion con la monnezza della Capitale: a protestare cittadini residenti, movimenti territoriali e i sindaci dei Comuni limitrofi, già sul piede di guerra per il progetto dell’inceneritore, che dovrebbe sorgere proprio nell’area della discarica.
Marta Rossi