Legambiente: ripartire dal territorio contro la crisi. Ecco le storie virtuose.
“Serve un ritorno alla politica delle economie concrete, del lavoro da ricostruire, della soluzione dei problemi ambientali”. Sono le parole con cui il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza introduce l’iniziativa “La forza dei territori”, organizzata dall’associazione ambientalista con la collaborazione di Coou, Consorzio Obbligatorio Olii Usati. Ma anche qualcosa di più: un “viaggio nell’Italia virtuosa che ha raccolto storie e numeri di un’economia a basse emissioni di CO2, fatta di coesione sociale e di identità territoriale, di alleanza tra soggetti sociali e istituzionali, di imprese innovative e di relazioni culturali e di ricerca”, racconta Fabio Renzi, segretario generale di Symbola, la Fondazione per le Qualità Italiane presieduta da Ermete Realacci.
È l’Italia che “può sconfiggere la crisi nonostante”, ma con un “diverso modello di gestione dei beni comuni che è anche un diverso modello di sviluppo”: un’indicazione che alla vigilia della celebrazione della conferenza mondiale, Rio+20, suona tanto più significativo, racconta Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme, Centro Ricerche Economiche, Sociali di Mercato per l’Edilizia e il Territorio. “Occorre riconfigurare tutti i driver di sviluppo”, sostiene Bellicini, “mettere al centro il motore dell’innovazione, puntare sull’edilizia sociale, sulle tecnologie pulite per l’ambiente, valorizzare quindi il facility management (scienza della gestione)”.
Il che elegge a valori fondanti la qualità e la specificità del territorio, l’innovazione dei processi di produzione e di organizzazione, il protagonismo della comunità locale. Tutti ingredienti che costituiscono l’ossatura fondamentale, la forza – appunto – dei sistemi territoriali del Paese.
Come il territorio dell’Unione di Comuni Valdarno e Valdisieve – che conta sette Comuni a Est di Firenze, per un totale di 74mila abitanti – per il 70% ricoperto da boschi, la cui gestione produce grandi quantità di scarti: “Il nostro volano contro la crisi economica è stato proprio la valorizzazione del settore agricolo-forestale”, spiega il responsabile dell’Unione, Antonio Ventre, “e con gli scarti legnosi prodotti dalla manutenzione dell’area, alimentiamo piccoli impianti a biomasse che provvedono al riscaldamento e all’acqua calda in tutte le case di quella zona, con un risparmio in bolletta, rispetto al passato, pari a circa il 30-40%”. Questo risultato è stato ottenuto grazie a un lavoro di forte coesione sociale: “La pianificazione territoriale ha visto la collaborazione di soggetti pubblici e privati su tutti i progetti che riguardano il territorio, compresa l’attivazione della filiera bosco-energia”, che permette di incentivare il lavoro in bosco e la permanenza dei lavoratori in zone di montagna.
E che dire, poi, del ruolo dei parchi “di riaggregazione della comunità locale e come acceleratore di sviluppo”, così Gianpiero Sammurri, presidente di Federparchi che rispetto alla crisi e ai suoi indicatori, riflette: “Se utilizziamo il parametro del Pil, così limitato nel tempo, non potremo che impostare un modello di crescita che si fonda su elementi fragili: non siamo in grado di attribuire un valore economico a tutto. Pensiamo alla barriera corallina, se la distruggi, lo fai per sempre e come fai a dare contabilizzare un tale danno?”. Si può, invece, calcolare l’enorme fatturato di tutte le attività, per esempio, del Parco della Majella: circa 13 milioni di euro annui, per oltre 100 attività di artigianato artistico con 240 addetti e 9mila aziende agricole, 20 prodotti agroalimentari tipici del territorio. E ancora: un’offerta di turismo naturalistico supportata da una rete di 160 ristoranti e trattorie, 100 alberghi e 83 strutture extra alberghiere. L’area protetta, che si estende per più di 74mila ettari, interessa 39 Comuni delle province di Pescara, L’Aquila e Chieti: un ottimo esempio di come l’ambiente naturale sia la linfa vitale dell’imprenditoria locale.
E ci sono anche storie di “economia dell’accoglienza”. Come quella di Riace, in Calabria che tiene insieme accoglienza dei migranti e rigenerazione sociale e territoriale. In questo paesino della Locride (1.750 abitanti), provincia di Reggio Calabria, il sindaco, Domenico Lucano, ha messo a disposizione dei profughi sbarcati sulla costa ionica, decine di case del paese, ormai disabitate da tempo, naturalmente con il consenso dei legittimi proprietari: nel giro di pochi anni ne sono state ristrutturate oltre 50 e, contestualmente, creati 12 laboratori artigliali per mantenere vivi vecchi mestieri, che danno lavoro a donne del posto ma anche ad afgane, eritree, etiopi, palestinesi. Grazie ai figli degli immigrati è stata scongiurata la chiusura delle scuole del paese, e la ripresa economica ha innescato un circolo virtuoso tra accoglienza, lavoro, integrazione, che ha interessato dall’agricoltura ad altre microattività.
Mai come in questi tempi di crisi, si è investito così tanto nell’edilizia: opere pubbliche, spesso, che non vedranno mai la luce e che tuttavia pongono il problema della qualità del costruire. Ad Albenga, in Liguria, esiste forse la casa più ecologica d’Italia: un edificio che coniuga attenzione all’ambiente e risparmio. È la Casa Ecologica dei vigili del fuoco di Albenga: 24 alloggi in tutto, su un terreno di 800 mq: riscaldamento, raffrescamento estivo, acqua calda energia elettrica per usi comuni, il tutto senza fare ricorso ai combustibili fossili. Moltissime le soluzioni adottate: uso di luci a led, pompa di calore geotermica alimentata dal fotovoltaico, pannelli solari termici, impianto di deumidificazione, utilizzo di materiali naturali. Infine, il primo esempio di bike sharing condominiale con una pensilina fotovoltaica per la ricarica delle bici. Interessante il fatto che il progetto abbia finito con l’influenzare l’intera comunità di Albenga, migliorando gli standard abitativi di tutta la zona.
Queste e molte altre le storie di buone pratiche, raccolte da Legambiente. Unica la strategia: ripartire dai territori per costruire una concreta risposta alla crisi. Produrre occupazione non per decreto ma investendo in economia verde e coesione sociale. Con le sole armi della solidarietà e della bellezza.
Ilaria Donatio