CCPB, una certificazione ambientale olistica per le aziende
Nasce una nuova carta d’identità ambientale per le aziende. Un nuovo modello di certificazione per il calcolo degli impatti nelle filiere agroalimentari e agroenergetiche. L’idea nasce da CCPB, organismo di controllo e certificazione che propone un servizio di valutazione studiato con l’intento di fornire non solo un’opportunità in termini di marketing, ma soprattutto uno strumento di monitoraggio e valutazione dei processi produttivi, e di conseguenza del loro snodarsi lungo le filiere, attraverso un sistema di analisi univoco e condiviso che si fonda sulla metodologia LCA (Ciclo di Vita del Prodotto).
Si tratta di un lavoro di equipe che comprende il Cnr Ibimet di Bologna, la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e Lca Lab, spin-off di Enea. La sostenibilità è infatti, sempre più, un elemento di valutazione della bontà di prodotti e processi; salvaguardia delle risorse ambientali, necessità di ridurre il cambiamento climatico e garantire la perpetuazione dei processi produttivi per le generazioni future, sono gli elementi che hanno condotto l’UE, tra i primi nel panorama internazionale, a fissare obiettivi di politica economica che tengano in considerazione la riduzione dei gas serra, il risparmio energetico e la disponibilità di fonti energetiche rinnovabili.
“Quando parliamo di impatti intendiamo 10 categorie fra le quali le emissioni in gas serra, il consumo idrico, l’uso del suolo, il potenziale acidfificante ed eutrofizzante dell’acqua e l’incidenza della quota di energia da fonti rinnovabili sul totale dell’energia utilizzata”, spiega Fabrizio Piva, amministratore delegato di CCPB Srl. “Per questo intendiamo offrire una metodologia condivisa che si pone l’obiettivo, da un lato, di fornire alle aziende indicazioni precise su come ottimizzare i processi produttivi, dall’altro di giungere al consumatore finale con una comunicazione chiara e trasparente”.
A trarre vantaggio da questa nuova proposta di certificazione saranno in primo luogo le aziende e quindi, appunto, i clienti. “Insomma partecipare al cambiamento nella distribuzione, fare dello sviluppo sostenibile un vettore per affrontare la crisi”, racconta Roberta De Natale, di Auchan- Simply Milano. “Siamo dell’opinione che sia necessario promuovere una scelta che permetta di sostenere le produzioni locali per mantenere viva la tradizione italiana”, conclude De Natale.
Ma come funziona questa certificazione? Attraverso l’esame puntuale dei processi produttivi è possibile prendere in esame l’effettivo utilizzo dei vari input e di conseguenza i consumi e gli sprechi. Questo metodo consentirà in primis di individuare i punti deboli dei processi e della filiera per intervenire al fine di ottimizzare i processi produttivi, riducendo le inefficienze e, in ultima analisi, i costi a favore di una gestione ispirata alla sostenibilità ambientale e ad una maggiore competitività, affrontando così anche la sostenibilità economica.
A beneficiare di questa proposta saranno anche i consumatori finali, così maggiormente tutelati sulla qualità dei prodotti e sulla salvaguardia del patrimonio ambientale. “Sempre più, accanto alle informazioni circa l’origine, le caratteristiche funzionali, i valori nutrizionali ed il prezzo, il cittadino-consumatore e le strutture della società civile vorranno conoscere il livello degli impatti ambientali generato dai prodotti e dai loro processi – spiega Piva. Insomma è giusto sapere quante calorie ha un prodotto, il suo costo e anche quanto incide sull’ambiente. Obiettivo finale di questo nuovo servizio di certificazione consiste nel riorientare i processi produttivi tramite il coinvolgimento del mercato e dei consumatori, fornendo quelle informazioni che consentono di comprendere se il prodotto si colloca al di sotto di una determinata soglia di impatto e contribuisce a rispettare gli equilibri ambientali che consentono la capitalizzazione delle risorse ambientali a sostegno dei cicli produttivi futuri”.
Francesca Fradelloni