Assicurazioni e cambiamento climatico, dall’emergenza alla prevenzione
Passare dalla cultura dell’emergenza alla cultura della prevenzione: è questa la sfida delle società assicurative, di fronte al moltiplicarsi dei disastri naturali. “Il mutamento della percezione del cambiamento climatico fa emergere il ruolo che può avere il settore assicurativo nel mitigare i rischi”, spiega Frédéric de Courtois, ad del gruppo Axa. “L’80% dei Paesi è esposto a catastrofi naturali, il nostro obiettivo è agire prima che succedano i disastri. Conviene anche agli stati alleggerire le spese del Paese”, continua l’ad. “L’Italia è l’unico Paese in Europa in cui non esiste una partnership tra le compagnie assicurative e lo stato”, ricorda de Courtois.
Il cambiamento climatico è molto più di un problema ambientale. E’ una sfida globale le cui ripercussioni sono collettive, di conseguenza servono delle risposte collettive. Le preoccupazioni legate al cambiamento climatico sono fortemente radicate nell’opinione pubblica globale, con 9 cittadini su 10 che credono che il clima sia cambiato in maniera significativa negli ultimi anni.
Ed è una sfida anche la gestione delle conseguenze post-terremoto, come dimostrano le tristi vicende italiane degli ultimi anni. “Il terremoto ci ha fatto scoprire una comunità che lavora nell’emergenza, che si stringe nell’aiuto, ma dovremmo non arrivarci all’urgenza”, ha detto il sindaco di Finale Emilia Fernando Ferioli. “Non esiste una legge nazionale sulle catastrofi, non esiste un protocollo dell’emergenze”, continua il primo cittadino di uno dei paesi vittima del sisma del 20 maggio 2012 che in tutta la zona ha provocato 7 morti accertati, circa 50 feriti, 5.000 sfollati e ingenti danni al patrimonio culturale a causa dei molti crolli di palazzi storici, aziende agricole e fabbriche. “Il nostro strumento d’intervento sono le ordinanze, ma in un terremoto come questo, definito industriale perché sono crollate le fabbriche e tutto un apparato produttivo motore del Paese, dobbiamo dire grazie ai fondi privati delle imprese e grazie alla lungimiranza che ha fatto in modo di assicurare il Comune. Non saremmo mai ripartiti”, conclude Ferioli.
Tornando ai cambiamenti climatici, la relazione tra evidenza scientifica e policy-making sul tema è lunga e complessa. Tuttavia qualcosa sta cambiando, anche nelle menti dei cittadini, come evidenzia la recente indagine comparativa Axa–Ipsos: le preoccupazioni legate al riscaldamento globale sono fortemente radicate nell’opinione pubblica di tutto il mondo. Il 30% degli intervistati afferma che il cambiamento climatico ha già avuto un impatto sul loro benessere personale. Un addizionale 34% si aspetta di essere colpito nel prossimo futuro. Più di una persona su cinque pensa che il cambiamento climatico abbia già colpito la sua salute (per il 21%, per il 47% in Turchia e Indonesia); più di 1 su 3 (36%) è preoccupato che ciò avverrà nel prossimo futuro. Solo 1 su 10 ritiene che il cambiamento climatico non sia una minaccia per la salute. Il grado di preoccupazione può variare, ma il sentimento è largamente diffuso in tutto il mondo. Negli Stati Uniti – il Paese meno pessimista – una larga maggioranza (67%) dice di essere in ansia e meno di una 1 persona su 10 afferma di essere completamente tranquilla.
La causa di preoccupazione citata più frequentemente è il cambiamento nei livelli di precipitazioni che portano ad inondazioni (preoccupa l’80%), seguito dal costante aumento delle temperature medie (79%), siccità (78%) e scarsità dei raccolti (78%). Anche le possibili conseguenze sulla salute, sull’economia e sulla società causano alti livelli di preoccupazione: il 73% teme la diffusione di malattie e il 72% è spaventato dai conflitti per l’accesso a cibo e acqua. Il mutamento nella percezione del climate change fa emergere il ruolo/responsabilità che può/deve avere il settore assicurativo nel mitigarne i rischi, come sostenuto dal 61% degli intervistati.
Il crescente livello di preoccupazione riguardo il cambiamento climatico è ovviamente un interesse chiave per gli assicuratori. Per il 17% dei cittadini intervistati, il cambiamento climatico sta già influenzando il tipo di assicurazioni che acquistano; il 39% crede che ciò accadrà nel breve periodo e il 31% nel lungo periodo. Solo il 12% pensa che il mutamento climatico non cambierà le loro scelte di protezione. La crescente preoccupazione connessa ai rischi climatici osservata in questa ricerca solleva delle questioni sul ruolo rivestito dagli assicuratori nella società per affrontare questi problemi, oltre e al di là dell’offerta di prodotti.
Questa indagine mostra anche l’esistenza di aspettative, infatti il 61% degli intervistati ritiene che gli assicuratori dovrebbero impegnarsi per ridurre i rischi climatici. Questo dato è ancora più elevato a Hong Kong (78%), in Turchia (69%) e in Italia (65%). Quando interrogati in maniera più specifica sulle azioni che le compagnie assicurative potrebbero porre in essere, gli intervistati hanno citato diverse opzioni. Frequentemente le possibili azioni sono collegate al core business delle compagnie, ovvero “offrire nuovi prodotti che incoraggino anche comportamenti più ecocompatibili” (22%). Gli intervistati vorrebbero che gli assicuratori agissero collettivamente, insieme al settore pubblico, “lavorando con le autorità locali e nazionali per ridurre l’impatto del cambiamento climatico” (20%), “promuovendo la ricerca scientifica sul cambiamento climatico” (17%) e incrementando l’educazione nelle zone ad alto rischio (17%).
A differenza di molti altri Paesi sviluppati, l’Italia non è dotata di un sistema pubblico-privato per garantire ai cittadini il risarcimento dei danni derivanti dalle calamità naturali. Per molti anni l’introduzione di uno schema assicurativo è stato considerato dalla politica come una nuova tassa, alimentando così l’illusione che oggi esista una copertura “senza costi”: in realtà, il costo degli interventi ex-post pesa sulla fiscalità generale.
Inoltre, il ricorso alle coperture assicurative per gli immobili è penalizzato da un’imposta sul premio versato dagli assicurati tra le più elevate in Europa (22,25%). Tale imposta, spiegano da Axa, andrebbe ridotta drasticamente e sarebbe necessario incentivare la stipula di polizze assicurative, attraverso la deducibilità fiscale dei premi pagati da coloro che assicurano la propria casa, compiendo un responsabile atto di prevenzione. La diffusione di tali coperture concorrerebbe a ridurre l’entità dell’eventuale intervento pubblico ex-post, in quanto, come è noto, l’ammontare complessivo del risarcimento non può eccedere il valore del danno subito. Misure che rappresenterebbero un passo importante verso una maggiore, ancorché parziale, pianificazione delle risorse necessarie per far fronte ai danni causati dalle catastrofi.
Francesca Fradelloni