Sic transit gloria Italiae. Breve storia di una lezione non imparata e dell’eterno ritorno dell’uguale…
La mia personale ricostruzione della storia recente? Eccola. Inevitabilmente semplificata per ragioni di sintesi, un po’ provocatoria, ma piuttosto fedele nella cronologia e concatenazione dei fatti…
Poco più di un anno fa l’eccezionalità dei primi lock down ci ha obbligati a fermarci seriamente e riflettere: sui rischi della devastazione ambientale, sulla sostenibilità del nostro modello di sviluppo, sulla velocità e fragilità delle nostre vite, sulla superficialità di molte relazioni umane. In una condizione di difficoltà collettiva – sconosciuta alle generazioni postbelliche – gli Italiani hanno trovato un’unità e una solidarietà inimmaginabili. Forse per la prima volta siamo stati veramente “un popolo” e non una somma di campanili. Eppure alla guida del Governo non c’era né un eroe né un dittatore, forse solo l’uomo giusto al momento giusto: non un politico di professione avvitato sul calcolo elettorale, non un “tecnico” avulso dalla realtà della gente, ma uno sconosciuto professore, umile, gentile, estremamente garbato ed empatico, ma determinato. Capace di preferire la spiegazione delle scelte e la condivisione delle motivazioni con i cittadini alla sterile e incomprensibile polemica tra partiti e opposti schieramenti. Che lo fosse o meno, Giuseppe Conte ha trasmesso alla maggioranza degli Italiani la sensazione di essere un uomo dotato di un certo talento, ma comune, di buon senso, disposto a dialogare con chiunque e mediare (anche ai tavoli europei) per cercare di affrontare circostanze inedite, nell’interesse del Paese e non di una parte.
In quei mesi drammatici abbiamo saputo esorcizzare il male cantando sui balconi, riscoprendo a distanza vecchie amicizie, leggendo libri, imparando a cucinare, a pulire, a camminare, a lavorare da casa, a stare insieme alla propria famiglia, nel bene e nel male. Non è stato tutto rose e fiori, ma abbiamo riscoperto una certa autenticità di noi stessi, che nella velocità e nella conformità di prima non era mai riuscita ad emergere. E quelli di noi che da anni denunciavano i danni devastanti della normalità precedente hanno seriamente creduto che fosse la volta buona per un vero cambio di passo, per un cambiamento rivoluzionario delle abitudini e degli stili di vita e di lavoro. Una sorta di nuovo Rinascimento dalle ceneri di un sistema dimostratosi palesemente insostenibile…
E poi? Cos’è successo? Nel momento in cui la “maggioranza silenziosa” meno avrebbe voluto piombare in una crisi politica e istituzionale, riappare prepotentemente sulla scena il “re” di tutti i politici di professione, il furbacchione del tornaconto personale mascherato da bene dello Stato, il Renzie nell’improbabile veste di statista, che fa saltare il banco nel momento meno opportuno. Arriva il grande banchiere, l’uomo meno comune che si potesse immaginare, il più distaccato di tutti, quello che non rilascia interviste, che non sente il dovere di spiegare nulla a nessun cittadino della Repubblica (forse neanche ai suoi ministri), quello “che non deve chiedere mai”, perché lo status che gli viene riconosciuto gli consente di ignorare questi “formalismi” democratici. Mario Draghi, più realista del re, più politico del più navigato dei politici, riesuma il defunto Manuale Cencelli e distribuisce equamente le poltrone a tutti, con la benedizione del Presidente Mattarella. Un incubo da Prima Repubblica! Tornano al Governo, dagli scantinati dei partiti, personaggi da commedia dell’arte: il Brunetta, la Gelmini, la Carfagna. Vi rimangono i fedelissimi (a chi o cosa non è dato sapere), come Speranza. Entrano “tecnici” ingessati e già noti come Giovannini e Franco, esordiscono altri “tecnici” di belle speranze come Cingolani… I giornali lo chiamano subito “il Governo dei Migliori”, dei “competenti”. E’un appellativo patetico, ma potrebbe anche starci se almeno le competenze fossero abbinate ai giusti ministeri. Invece alla Salute non va un medico, non un onesto ricercatore alla Zambon, ma rimane lo sgamatissimo Speranza. All’Ambiente va l’ex direttore di un Istituto di Tecnologia che si è anche occupato di nucleare e di armamenti, non un naturalista, un biologo o (appunto) uno scienziato dell’ambiente, come se la transizione ecologica fosse una questione meramente tecnologica. Il banchiere nomina poi un generale (con più mostrine di Eisenhower) alla guida della campagna vaccinale, che diventa l’unica stella polare del nuovo Governo.
E qui finisce l’intensa ma brevissima storia di fratellanza della recente “Unità d’Italia”. Riaffiora l’atavico spirito da derby, la manichea fascinazione per la semplificazione assoluta: Sinistra o Destra, Bianco o Nero, Bene o Male, Giusto o Sbagliato, Draghi o Non-Draghi, ma soprattutto…Vax o No-Vax! Tertium non datur.
Non entro nel merito della discussione sui vaccini, sarebbe troppo complesso e il rispetto estremo che ho per la complessità del mondo, della realtà e delle idee mi impone di evitare il tema in queste poche righe. Ma che in questa partita si sia consumata la solidarietà nazionale conquistata nel 2020 e il rispetto per la diversità di pensiero mi sembra evidente.
Alcune manifestazioni di intolleranza, in particolare, mi sembrano incomprensibili. Da un lato le aggressioni fisiche e verbali, a giornalisti e medici, di una ristretta cerchia di invasati No-Vax, che non rappresenta di certo i 10 milioni di non-vaccinati attuali. Dall’altro l’intransigenza e l’ingiustificata pretesa di superiorità della maggioranza Vax: su quali basi etiche un qualsiasi vaccinato si ritiene moralmente superiore ad un non vaccinato (ribadisco: un non-vaccinato e non un No-Vax, che è un’altra cosa)? Cosa ha fatto nella sua vita, prima di quelle due dosi, per rendere il mondo un posto migliore, l’ambiente meno degradato e la salute dei suoi simili più protetta? Sulla base di quale potere sovrannaturale il vaccinato si sente libero di non indossare più la mascherina e mantenere il distanziamento laddove è tuttora obbligatorio, ma chiama “evasore vaccinale” il suo simile benché non esista ad oggi un obbligo vaccinale? Sulla base di quale precedente la Dott.ssa Ilaria Capua sostiene (con un discreto seguito) che un non vaccinato si debba pagare le spese mediche se ricoverato? Quando mai abbiamo chiesto ad un fumatore di pagarsi le spese mediche? E quando abbiamo chiesto ai peggiori inquinatori che avvelenano le acque, la terra e l’aria di pagarle alle centinaia di migliaia di persone che ammorbano ogni anno? Quando abbiamo chiesto agli incoscienti che vanno su un ghiacciaio con le scarpette da tennis di pagare l’elicottero del soccorso alpino e il ricovero? Non ho memoria di simili precedenti. E per fortuna! Perché se iniziamo a ragionare in questo modo e riesumare le contrapposizioni frontali più violente è l’inizio della fine di qualsiasi progetto comune. Altro che PNRR!
Peccato, poteva essere un’enorme opportunità di cambiamento, di vera transizione ecologica, di non-ritorno alla normalità uguale a prima, perché proprio quella era il problema! E invece? Invece siamo di nuovo qui a scannarci tra di noi, nell’eterna e deleteria lotta tra fazioni, a parlare di nuovo di nucleare (in barba ad un Referendum popolare e qualche catastrofe), di Ponte sullo Stretto di Messina (!!), imbottigliati di nuovo nel traffico e avvolti nello smog (che ogni anno, da solo, fa più morti del Covid), mentre nel trasporto pubblico, nella scuola e nella sanità territoriale non è cambiato assolutamente nulla, nonostante al Governo ci sia un supereroe aiutato da un generale, che di green hanno soltanto il pass…
Andrea Gandiglio