Pianura Padana: i costi umani ed economici dell’inquinamento dell’aria
Ictus, infarti, tumori, asma, polmoniti, allergie e molte altre patologie. L’inquinamento uccide nel mondo 3,7 milioni di persone all’anno. La zona più inquinata d’Italia è la Pianura Padana: in Lombardia ogni anno muoiono 300 persone, l’80% delle quali (circa 230) nella sola Milano. Questo dato considera unicamente gli effetti acuti dell’inquinamento, e non prende in considerazione l’impatto maggiore dovuto all’esposizione cronica.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente la Pianura Padana resta la peggiore d’Europa in termini di qualità dell’aria, insieme all’area più industrializzata della Polonia. A Milano la responsabilità principale delle emissioni di PM 10, circa l’85%, è del traffico.
Una sciagura silenziosa nascosta dall’alibi della crisi economica: pochi soldi poche azioni. Aria malata, avvelenata da polveri sottili e in generale dai contaminanti, provoca un danno non solo alla salute, ma anche all’economie dei Paesi. Le morti per inquinamento sono aumentate del 7% in cinque anni nei Paesi OCSE, e il costo legato a questi decessi ha raggiunto 780 miliardi di euro nel solo 2010.
Sono i dati presentati durante il convegno “I costi dell’inquinamento atmosferico: un problema dimenticato”, organizzato da Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano, IEFE – Università Bocconi e Associazione Peripato.
“Secondo il rapporto globale 2014 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – spiega Pier Mannuccio Mannucci, direttore scientifico del Policlinico – l’inquinamento ambientale è anche responsabile di almeno 600 mila morti premature, e incide sui costi per la salute fino a 940 miliardi di euro. Le direttive europee fissano come soglia limite per il PM 2,5, che sono polveri sottili capaci di arrivare fino in profondità nei polmoni, 25 microgrammi per millimetro cubo d’aria: ma le linee guida dell’OMS fissano un limite molto più basso, a 10 microgrammi”. L’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente (EPA) raccomanda un limite di 12 microgrammi: una soglia molto più simile a quella dell’OMS piuttosto che a quella europea, che conferma l’inadeguatezza dei limiti fissati per l’Europa.
Lo stesso vale per il PM 10, che colpisce le vie aeree superiori: in Europa la soglia tollerabile è 40 microgrammi, per l’OMS deve essere la metà. “Se guardiamo le soglie europee, il 31% della popolazione è esposta ai pericoli del PM 2,5; ma seguendo la soglia dell’OMS, la popolazione esposta è pari al 96%”. Analogamente, per il PM 10 il pericolo riguarda il 33% secondo la soglia europea, ma l’88% secondo i parametri OMS: “L’Europa dovrebbe abbassare i suoi attuali limiti, fermi da diversi anni. Tra l’altro la Commissione Europea ha stimato che basterebbe spendere 3,3 miliardi di euro nel mitigare l’inquinamento dell’aria perché questo si traduca in un risparmio annuale di almeno 40 miliardi, sia sociale che sanitario”, spiega Mannuccio.
L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro di Lione ha classificato l’inquinamento dell’aria come cancerogeno per l’uomo (Gruppo 1) sulla base di una evidenza sufficiente per il tumore del polmone e della presenza di un’associazione con il tumore della vescica. Lo studio europeo Escape ha misurato, in quattro paesi europei, un incremento di rischio di tumore del polmone del 27% per un aumento di 10 µg/m3 di PM10 e del 3% per un per un aumento di 10 µg/m3 di PM2.5, per il quale si osserva un incremento del 5% in Italia. Secondo Sergio Harari, direttore dell’Unità Operativa di Pneumologia dell’Ospedale San Giuseppe di Milano e presidente dell’Associazione Peripato, sulla base di queste importanti ricerche scientifiche bisogna dire a gran voce che “Le politiche dell’aria hanno un costo, ma fanno risparmiare molto in costi socio-sanitari: un recente studio italiano ha dimostrato come a Roma una riduzione di soli 5 μg/m3 di PM 2,5 comporterebbe un risparmio di circa un milione di euro e salverebbe circa 600 vite umane. I cittadini hanno diritto ad un ambiente sano e salubre – conclude Harari – perciò è importante che si mettano in atto tutte le misure utili per contenere al più presto l’inquinamento atmosferico”.
“L’immobilismo costa caro”, avverte Lidia Rota Vender, presidente dell’Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari onlus (ALT). “ Sono 196 i miliardi di euro che l’Europa spende ogni anno per infarto, ictus cerebrale, embolia, trombosi venose e arteriose: il 54% per i costi diretti, legati alla cura di queste malattie, ai ricoveri in ospedale, agli esami e ai farmaci. Il rimanente 46% per i costi indiretti, legati alla mancata produttività e alle spese sostenute dalle famiglie per l’assistenza ai malati colpiti da malattie che, quando non uccidono, lasciano una gravissima invalidità, spesso permanente e troppo spesso prematura. Inoltre, ogni aumento di 10 punti percentuali dei casi di infarto e ictus causa all’Italia un rallentamento della crescita economica valutabile intorno allo 0,5%. E le previsioni per il 2020 sono catastrofiche e vanno ben oltre il 10% in termini di aumento dei casi di ictus e infarto”.
Per questo l’importanza di soluzioni di mobilità sostenibile come il car e bike sharing e l’Area C nel capoluogo Lombardo che hanno ridotto del 18% le concentrazioni di PM 10, e del 10% quelle dagli ossidi d’azoto. Le soluzioni ci sono, spesso gli amministratori hanno paura di applicarle. “Il dato più importante – dice Mannucci – è il marcato miglioramento della qualità dell’aria attraverso la riduzione della componente del particolato chiamata black carbon. Anche durante le domeniche senza traffico, tanto criticate per la loro inefficacia nel ridurre le concentrazioni globali di PM 10, è stata ottenuta una riduzione del black carbon del 78%”.
Francesca Fradelloni