K-A-Care, Masdar, EcOrient: il Medio Oriente guarda al futuro delle rinnovabili
Da alcuni anni, oramai, i Paesi mediorientali – simbolo della old energy, quella del petrolio e delle fonti fossili – hanno iniziato a guardare con interesse alle fonti rinnovabili, in un’ottica di diversificazione delle risorse energetiche.
Secondo IRENA, Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili, i paesi mediorientali e nordafricani hanno visto, nel 2012, un investimento da 2,9 miliardi di dollari in energia pulita: un aumento del 40% rispetto all’anno precedente e del 650% in confronto al 2004. In generale, l’anno in cui i progetti in fonti rinnovabili hanno superato quelli in fonti tradizionali è stato il 2008. L’area MENA – acronimo che in ambito accademico sta per “Medio Oriente e Nord Africa” – che vede 21 paesi coinvolti, a livello produttivo potrebbe toccare quota 107 GW entro il 2017: in tutti questi paesi ci sono progetti che riguardano l’energie alternative e, fra loro, almeno 19 stanno sviluppando tecnologie innovative grazie ai fondi destinati alla ricerca.
Il progetto più imponente è stato avviato in quello che è ancora oggi il Paese leader nella produzione globale di petrolio, l’Arabia Saudita: Riad ha varato, nell’aprile del 2010, un apposito programma, K-A-CARE, King Abdullah City for Atomic and Renewable Energy, destinato, secondo il direttore di IRENA, Adnan Z. Amin, a diventare uno dei più grandi investitori globali di energia rinnovabile, con 120 miliardi dollari da stanziare entro il 2030.
La previsione, si legge nel progetto, è che la domanda di energia elettrica del Paese arabo supererà i 120 GW tra 20 anni (triplicata rispetto ad oggi, dunque) e, per questo motivo, si intende realizzare “una transizione verso un mix energetico equilibrato, rafforzando la capacità dell’Arabia Saudita di soddisfare la futura domanda internazionale di petrolio“: “Una dettagliata ricerca – si legge nel progetto – dimostra che l’introduzione di fonti alternative di energia assicureranno una forte riduzione nell’utilizzo di petrolio per la produzione di energia elettrica e la desalinizzazione dell’acqua, assicurando in questo modo una disponibilità maggiore dei combustibuli fossili per l’esportazione e come riserva utile all’industria nazionale.”
Lo scopo è quello di sviluppare 54.1 GW (l’equivalente di circa cinquanta centrali atomiche) di impianti rinnovabili entro il 2032, soppiantando gradualmente le fonti di energia tradizionali: petrolio, carbone e le altre fonti fossili. Il progetto comprende anche la misurazione e la mappatura di tutte le risorse di energia rinnovabile del Regno: i risultati raccolti dalla valutazione delle potenzialità offerte da sole, vento, geotermico ed energia derivante dai rifiuti, saranno impiegati per comporre un Atlante delle Rinnovabili – Renewable Resource Atlas - che, lanciato nel dicembre del 2013, “costituirà la base per implementare i progetti sulle fonti di energia alternativa del futuro”. La costruzione di 75 stazioni di monitoraggio del solare, posizionate per tutto il Regno, in modo da raccogliere informazioni sul clima e individuare le aree dove più di altre converrà sviluppare le fonti rinnovabili.
L’Arabia Saudita non è un caso isolato nel Medio Oriente: entro il 2020, Abu Dhabi si è impegnata a produrre il 7% della sua energia da fonti rinnovabili, una iniziativa in questo caso guidata da Masdar, il colosso energetico degli Emirati.
È a pochi chilometri dalla grande città di Abu Dhabi, che nel 2006 è stato avviato il grande progetto di Masdar City, la prima città “carbon neutral” (il nome letteralmente significa “città sorgente”) concepita dallo studio internazionale di progettazione architettonica Foster & Partners proprio come una sorgente di energie alternative, che consentono alla città di autoalimentarsi e quasi azzerare la produzione di rifiuti. Il preventivo di budget per il Masdar City project è pari a circa 22 miliardi di dollari e si pensa che in 10 anni – dunque, nel 2016 – sarà completata la prima fase del progetto e abitabile nel 2016.
Ed è di poche ore fa, la notizia dell’accordo strategico siglato proprio tra Masdar e K-A-CARE per la produzione di energie rinnovabili e tecnologia pulita “per assicurare a entrambi i paesi”, si legge nella nota diramata il 17 giugno scorso, “una sicurezza economica ed energetica a lungo termine”.
Per quanto riguarda, invece, la capacità installata, i leader sono Iran ed Egitto con, rispettivamente, 9,5 GW e 2,8 GW di energia prodotta da fonti pulite, seguiti da Iraq, Marocco e Siria che contano oltre 1 GW.
Spostandoci nella regione meridionale del Mediterraneo, dal gennaio 2013 è attivo il programma CES-MED, della durata di 36 mesi, finanziato dall’ENPI – European Neighbourhood Partnership Instrument – il principale meccanismo di finanziamento (attivo dal 2007) attraverso cui si offrono risorse ai paesi europei, coinvolti in politiche di vicinato. Si tratta di 17 paesi partner – dieci del Mediterraneo – Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Palestina, Siria (cooperazione sospesa a causa della situazione politica siriana) e Tunisia – e sei dell’Est Europa con la Russia.
Nell’area che comprende i paesi della regione del Mediterraneo meridionale, vivono, oggi, circa 460 milioni di persone: di queste, i due terzi abitano nelle aree urbane costiere, tutte coinvolte nelle sfide riguardanti lo sviluppo urbano, i rifornimenti energetici e la questione ambientale, con particolare riferimento alla gestione dell’acqua e dei rifiuti. Il CES-MED fornirà assistenza tecnica e operativa alle autorità locali- municipalità, amministrazioni locali, governatorati – e nazionali impegnate nel mettere a punto e realizzare politiche per la sostenibilità e preparare piani di azione e misure concrete nei diversi ambiti di competenza: gestione dei rifiuti, mobilità urbana, trasporti pubblici e politiche energetiche.
Proprio a Beirut, in Libano, si è svolta, questo mese (4-5 giugno), la terza edizione di “EcOrient, verso un Medioriente più verde”, la Conferenza internazionale sulle Tecnologie Ambientali, la Sostenibilità e le Energie Pulite: sei seminari – dal “Futuro dell’architettura sostenibile” alla “Legge sull’edificazione verde”, dai “Pannelli fotovoltaici e collettori solari come nuova funzione dell’architettura” alle “Potenzialità del mercato del solare fotovoltaico in Libano” e al programma dell’Unione europea “CES-MED, Cleaner Energy Saving Mediterranean Cities” – e oltre 30 speaker, tra esperti e rappresentanti delle principali organizzazioni che lavorano nell’ambito dell’energia pulita, di istituzioni scientifiche e di ricerca.
EcOrient ha avuto il sostegno di numerosi soggetti istituzionali il Ministero dell’Ambiente libanese, la Camera di Commercio, Industria e Agricoltura di Beirut, l’Associazione araba per lo Sviluppo Sostenibile, l’Ordine degli Ingegneri e degli architetti libanese e il Lebanon Green Building Council, che si occupa di promuovere un’industria delle costruzioni, ambientalmente sostenibile. Ma, ancora più significativo, ha come partner – fin dalla prima edizione, nel 2012, la Camera di Commercio e Industria di Parigi (CCIP): “Crediamo che il mercato libanese rappresenti un enorme potenziale per l’energia rinnovabile”, ha dichiarato il vicepresiendte della CCIP, “noi abbiamo puntato a promuovere la competenza francese nel solare e nel trattamento delle acque affinché questa manifestazione costituisca un reale valore aggiunto per le attività sostenibili in Libano”.
Ilaria Donatio