I grandi tornano all’ovile di Copenhagen
Si erano quasi perse le speranze per un buon esito della Conferenza Onu sul clima di Copenhagen. L’obiettivo di raggiungere un accordo globale sul taglio delle emissioni di gas serra che portasse ad un superamento, nel 2012, del Protocollo di Kyoto sembrava ridursi ad un mero impegno unilaterale dell’Ue rispetto al resto del mondo industrializzato. Quando, a due settimane dal vertice sono invece arrivate buone notizie.
Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha annunciato ieri che si recherà il 9 dicembre a Copenhagen portando con sé una proposta di riduzione dei gas serra, da parte degli Stati Uniti, “intorno al 17%” entro il 2020 (rispetto al 2005), in linea con la legge finale sull’energia e sul clima approvata dalla Camera dei Rappresentanti nell’estate scorsa. La decisione deriverebbe principalmente dai buoni esiti dei colloqui con i leader di Cina e India. Nel documento si ricorda anche l’obiettivo finale che punterebbe ad una riduzione delle emissioni statunitensi dell’85% (sempre rispetto al 2005) entro il 2050, con le annesse tappe intermedie del 30% entro il 2025 e del 42% entro il 2030. Il dibattito continua, comunque, in Senato dove si tenta ancora una riduzione del 20% entro il 2020, ovvero quanto richiesto dalla Comunità internazionale. L’impegno di Obama, tuttavia, non riguarderà i cosiddetti “negoziati dell’ultimo minuto” (ai quali il Presidente non prenderà parte) che si svolgeranno in chiusura del Vertice.
Intanto, sullo scacchiere internazionale gli stati muovono le ultime pedine.
Si tiene oggi a Manaus il Vertice dei capi di Stato dei Paesi Amazzonici. Tra gli altri, sono presenti Brasile, Venezuela e Colombia con Lula, Chavez e Uribe, oltre a Nicolas Sarkozy in rappresentanza della Guyana Francese, con l’obiettivo di giungere ad una posizione comune in vista di Copenhagen. Il presidente Brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, non nascondendo l’ambizione di diventare portavoce dei paesi amazzonici, ha dichiarato: “Credo che tutti i Paesi, specialmente i più ricchi, debbano contribuire a far sì che dal vertice in Danimarca escano risultati chiari ed ambiziosi”. Il Brasile, considerato il quarto inquinatore mondiale, ha dunque annunciato un taglio del 40% delle emissioni al 2020 e un forte impegno nella lotta alla deforestazione, provvedimento che lo stesso Lula non ha esitato a definire “Bibbia Climatica”.
Dall’altra parte del mondo la Russia segue a ruota con un taglio delle emissioni intorno al 25%. Differente e non allineata, invece, la posizione di Sudafica, Messico e Corea del Sud che, non volendo compromettere il processo di sviluppo in corso, propongono riduzioni di CO2 “pro-capite”, ovvero in rapporto alla popolazione. Quest’ultima ipotesi, però, sembra non piacere ai paesi industrializzati, soprattutto Cina e Stati Uniti, che risulterebbero pesantemente penalizzate.
In Italia, il Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha annunciato, nel corso di un’audizione in Commissione Ambiente alla Camera, che il Presidente Silvio Berlusconi prenderà parte al Vertice, nonostante nei giorni scorsi la sua posizione fosse sembrata incerta, in controtendenza rispetto al resto dell’Unione Europea. Il Ministro Prestigiacomo si dice “molto fiduciosa”, ma conferma l’intenzione italiana di non sottoscrivere alcun “Kyoto 2”, ovvero un accordo che veda alcuni paesi vincolati legalmente e altri solo politicamente.
L’Unione Europea, che pochi giorni fa aveva voluto ribadire l’importanza di arrivare ad un accordo “vincolante, comprensivo ed ambizioso”, reagisce con entusiasmo al rinato interesse verso Copenhagen. Il Presidente della Commissione Europea Barroso ha ribadito infatti l’importanza della presenza dei “grandi” (e non solo), commentando l’annuncio della Casa Bianca: “Ho detto più volte che abbiamo bisogno della presenza di più leader possibili. Spero che molti altri annuncino presto la loro presenza a Copenhagen”. E Andreas Carlgren, Ministro per l’Ambiente della Svezia, paese Presidente di turno della UE, ha aggiunto: “Il problema dei cambiamenti climatici attende risposte oramai da troppo tempo. E’ arrivato il momento per un accordo ambizioso. Dobbiamo essere chiari: un accordo può stare in piedi o cadere, dipende dalla volontà di Stati Uniti e Cina che dovranno mettere un’offerta concreta sul tavolo“.
Anche le organizzazioni non governative sembrano soddisfatte e accantonano per il momento le proteste. “Siamo felici che il Presidente degli Stati Uniti Obama abbia deciso di partecipare al Summit sul Clima di Copenaghen. E’ importante che le parole che verranno pronunciate durante le trattative trasmettano la volontà Usa di far sì che il clima sia una priorità per l’America” ha dichiarato in una nota il WWF auspicando un ripensamento del Presidente degli Stati Uniti circa la propria partecipazione alle fasi finali del vertice – qualora si rendesse indispensabile.
Ilaria Burgassi