Fogne e depuratori, le infrastrutture idriche da terzo mondo dell’Italia
“Il 15% degli italiani non è ancora servito da una rete fognaria. I depuratori risultano mal gestiti, inadeguati o addirittura inesistenti per un italiano su tre. L’acqua esce a singhiozzo dai rubinetti, soprattutto al Sud, e circa il 35% dei corpi idrici di superficie non raggiunge gli standard di qualità ambientale”. È questo il quadro delle infrastrutture idriche italiane tracciato recentemente dal Consiglio Nazionale dei Geologi. Anche l‘Ispra in passato ha più volte sottolineato come “i sistemi di collettamento e di depurazione, in alcuni casi, risultano inadeguati e non sufficientemente idonei (potenzialità, livelli di trattamento, assenza di vasche di prima pioggia) ad abbattere il carico inquinante dei volumi di acque reflue e industriali prodotti da vasti agglomerati”.
La situazione poco confortante è stata confermata a Greenews.info da Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente: «Secondo i dati di Federutility il 70% degi italiani è coperto dal servizio. Abbiamo quindi un 30% che non ha un trattamento degli scarichi adeguato alle normative europee». Un’ulteriore prova del problema è dato dalle due procedure di infrazione europee a carico dell’Italia per mancata depurazione.
Giorgio Zampetti riepiloga i due contenziosi tuttora aperti: «La prima è la procedura di infrazione 2004/2034 arrivata alla sentenza di condanna nel luglio 2012 da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Al centro della condanna ci sono 109 agglomerati in diverse regioni italiane con oltre 15mila abitanti che scaricano in “aree non sensibili”. Le illegalità sono state registrate negli impianti di depurazione, nelle reti fognarie e per il mancato dimensionamento degli impianti alle oscillazioni di presenze turistiche legate alla stagione estiva. La seconda procedura d’infrazione, partita nel 2009, è la 2009/2034, attualmente in fase di parere motivato. In questo caso sono coinvolti oltre 159 agglomerati con oltre 10mila abitanti equivalenti che scaricano in “aree sensibili”».
Ma quali sono le conseguenze della carenza di depurazione e di un sistema fognario adeguato? «La mancata depurazione – ha spiegato Giorgio Zampetti – può causare un inquinamento delle acque di tipo microbiologico che a seconda della destinazione dello scarico può contaminare i corsi d’acqua o il mare (nel caso gli scarichi ci finiscano direttamente). Per quanto riguarda il mare, oltre ai problemi di natura ambientale, si creano rischi per la salute dei bagnanti soprattutto nella stagione estiva. Con la campagna Goletta Verde, Legambiente denuncia da tanti anni il problema della depurazione in Italia. I nostri monitoraggi evidenziano come questo problema si ripercuota in particolare sulla qualità delle acque del mare. Anche quest’anno abbiamo trovato oltre 130 punti critici lungo tutta la Penisola (in media uno ogni 57 km di costa). Questo dimostra che sono molti gli scarichi non depurati che finiscono direttamente in mare. Per quanto riguarda la rete fognaria – ha proseguito Giorgio Zampetti – ci sono due problematiche. In caso di totale mancanza di rete fognaria i reflui si disperdono nel suolo e nel sottosuolo rischiando di compromettere anche le falde. Inoltre, dove ci sono reti fognarie capita che queste siano inadeguate: in alcuni casi portano insieme sia i reflui civili sia le acque di piogge. Così facendo quando piove abbondantemente si creano problemi sia nel funzionamento dei depuratori sia nella stessa gestione delle acque in città».
Secondo il responsabile scientifico di Legambiente fino ad oggi si è data molta importanza al prelievo dell’acqua potabile e alla distribuzione lasciando ai margini la depurazione che è rimasta così trascurata: «In alcuni casi la mancanza di interventi è dovuta al fatto che non sono state date adeguate risorse al settore. In altri, invece, nonostante ci fossero le risorse non si sono fatti i dovuti investimenti. In Calabria, per esempio, negli ultimi anni sono stati dati oltre 700 milioni di euro per la depurazione ma ad oggi gli interventi sono praticamente fermi».
Tuttavia a livello nazionale qualcosa si muove. Nel 2012 attraverso una delibera CIPE sono stati stanziati dei fondi per mettere in campo gli interventi necessari nei Comuni oggetto di infrazione. Negli ultimi mesi, inoltre, si sono svolti diversi incontri organizzati da Federutility e dal Ministero dell’Ambiente per affrontare il tema della depurazione. A smuovere le acque hanno contribuito anche le sollecitazioni europee. «La condanna dell’Unione Europea e la procedura di infrazione hanno portato ad un ulteriore stanziamento di fondi che siamo obbligati ad utilizzare entro la fine del 2013. E ad utilizzarli bene – ha sottolineato Giorgio Zampetti – l‘Unione Europea ha infatti attivato un controllo sulla realizzazione degli interventi. Anche il Ministero dell’Ambiente si è attivato e sta monitorando affinché tutti gli interventi vengano fatti. La pressione europea potrebbe quindi portare ad una soluzione di molte questioni che sono rimaste irrisolte. Aggiungo purtroppo – ha concluso il responsabile scientifico di Legambiente – perché invece di risolverla con gli strumenti ordinari ancora una volta abbiamo dovuto aspettare la pressione dell’Unione Europea».
Giuseppe Iasparra