Emissioni CO2: Obama tenta l’ultimo colpo contro Romney
L’amministrazione Obama si gioca l’ultimo tentativo di tagliare le emissioni di CO2 statunitensi prima delle nuove elezioni: l’Environmental Protection Agency (EPA) ha infatti proposto di regolamentare gli impianti di combustione alimentati a carbone, imponendo che riducano le proprie emissioni fino ad eguagliare gli impianti alimentati a gas. Questo limite si dovrebbe tradurre in un taglio delle emissioni di CO2 di circa la metà, da raggiungere, come media, nei prossimi 30 anni, secondo i New Source Performance Standards.
Ma in realtà la nuova proposta non andrebbe a regolamentare le centrali a carbone esistenti, che attualmente contribuiscono per circa un terzo alle emissioni di gas serra statunitensi, né si applicherebbe agli impianti che inizieranno a essere costruiti nel 2012. Questo “annacquamento” della proposta originaria è stato un duro colpo per gli ambientalisti USA, che si aspettavano, dalla nuova regolamentazione, un cambio di rotta netto rispetto a un passato di sovvenzionamento dell’industria del carbone.
La proposta dell’EPA non definisce nemmeno il tipo di combustibile da utilizzare: per le centrali a carbone sarebbe quindi teoricamente possibile dimezzare le emissioni di CO2 con l’utilizzo di tecnologie di Carbon Capture & Storage (CCS), ovvero la “cattura” del carbonio che poi sarebbe iniettato e stoccato in depositi sotterranei. Il CCS, però, è un tipo di tecnologia (spesso evocata dall’industria del carbone per parlare di “carbone pulito”), che ha costi molto elevati e patisce la difficoltà di trovare un deposito permanente di stoccaggio dove trasportare la CO2, per cui la conseguenza della proposta potrebbe essere invece, di fatto, lo stop alla costruzione di nuove impianti di combustione alimentati a carbone dal 2013.
Reuters riporta il commento dell’amministratrice dell’EPA Lisa Jackson: “Stiamo mettendo in piedi uno standard che si affida all’uso di tecnologia pulita americana per vincere una sfida che non possiamo lasciare ai nostri figli e nipoti”. Ora lo standard dovrà tuttavia attraversare una fase di commenti e valutazioni pubbliche, per cui non è chiaro se si riuscirà a far entrare in vigore la legge entro il 6 novembre, il giorno delle nuove elezioni americane. Eppure questa è l’ultima cartuccia che resta da sparare, al presidente Obama, per cercare di raggiungere, entro il 2020, quel 17% di riduzione delle emissioni di gas serra americane, rispetto al 2005, promessa a Copenhagen. Una riduzione che ha risentito, in questi anni, della bocciatura della proposta di legge “Waxmann- Markey Bill” al Senato americano, nel 2009, e di altri innumerevoli tentativi (falliti o boicottati) di regolamentare le emissioni di CO2.
E se Obama non sarà riconfermato come Presidente degli Stati Uniti, è facile immaginare che anche questa nuova proposta – particolarmente invisa ai Repubblicani – decadrà. L’opinione sulle fonti fossili e l’ambiente del suo probabile sfidante, il favorito delle primarie repubblicane Mitt Romney, è infatti chiarissima: Romney ha dichiarato che “modernizzerà” le leggi ambientali, per “fermare la pratica dell’EPA di utilizzare benefici immaginari per giustificare limiti onerosi”. Nella mia amministrazione – ha ribadito Romney, con un gioco di parole – il carbone, (coal in inglese, NdR) non sarà solo una parola di quattro lettere”. Romney è un difensore assoluto delle fonti fossili, tanto da dichiarare che il programma di incentivazione di petrolio e carbone “inizierà il primo giorno, con la mia approvazione dell’Oleodotto Keystone XL.” Per gli ambientalisti USA, non rimane che sperare nella rielezione di Obama.
Veronica Caciagli