Bonifiche e silenzio-assenso: le modifiche al diritto ambientale nel calderone del decreto “omnibus”
Il decreto legge 24 giugno 2014, n. 91 è il primo (o meglio il secondo) decreto omnibus, del governo Renzi come dimostra inequivocabilmente il poderoso titolo: “Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea”. E se non fosse intervenuto il Quirinale, il testo sarebbe stato ancor più ampio, inglobando anche i 54 articoli del decreto 90 “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari” come inizialmente aveva deciso il Consiglio dei Ministri nella riunione del 13 giugno.
La parte relativa alle questioni ambientali è in realtà la seconda, e concerne temi molto distanti tra loro. Ad una prima lettura, è lecito chiedersi se le condizioni di necessità ed urgenza sussistano per ognuna delle questioni trattate: non è specificato infatti quali siano le ragioni urgenti e necessarie per gli interventi in materia di bonifiche o per il recupero semplificato dei rifiuti. E ancora, quali potrebbero essere le ragioni urgenti alla base del ricorso ad un decreto legge per le modifiche in tema di V.I.A o di SISTRI… Ma poiché gli argomenti da analizzare sarebbero davvero troppi, cercheremo di focalizzare l’attenzione sulla parte relativa alla nuova procedura di bonifica, che riveste un’importanza centrale nelle attività di tutela e gestione del territorio, sia per il gran numero di siti da bonificare (l’Italia presenta purtroppo tantissimi suoli da bonificare, con percentuali e tipologia di inquinanti davvero molto variabili) sia perché le bonifiche, così come il trasporto dei rifiuti, hanno da sempre rappresentato i settori potenzialmente a maggior rischio di infiltrazione da parte della criminalità organizzata. Ampi, infatti, i margini di guadagno e la possibilità di far “scomparire” i rifiuti o di modificarne, almeno su carta, le caratteristiche di pericolo (il famoso “giro-bolla”).
Anche per questi motivi l’attenzione, non solo da parte delle associazioni ambientaliste, su questi temi è sempre molto alta. Il decreto introduce la novità del silenzio assenso, un’eccezione nel diritto dell’ambiente, che potrebbe sicuramente servire a snellire le lungaggini burocratiche connesse con l’approvazione dei piani, ma che, d’altro canto, potrebbe aumentare il rischio di illeciti connessi alla mancanza di controlli adeguati. Ma cosa dice la norma? L’art. 13 del decreto 91 introduce nel codice dell’ambiente l’art. 242 bis, stabilendo che “l’operatore interessato a effettuare a proprie spese interventi di bonifica del suolo con riduzione della contaminazione… può presentare all’amministrazione di cui agli articoli 242 o 252 uno specifico progetto completo degli interventi programmati sulla base dei dati dello stato di contaminazione del sito”.
Prima domanda: chi è il soggetto indicato come operatore? La maggior parte dei reati ambientali sono di tipo generico, potendo essere commessi da chiunque. Ma nella formulazione attuale dell’art. 242 bis del d. lgs. 152/06 la figura centrale della bonifica diventa un soggetto qualificato chiamato operatore. Chi è costui? Il soggetto che ha inquinato, oppure un terzo estraneo alla vicenda? In base al comma 6 del nuovo articolo 242 bis “conseguiti i valori di concentrazione soglia di contaminazione del suolo, il sito può essere utilizzato in conformità alla destinazione d’uso prevista secondo gli strumenti urbanistici vigenti, salva la valutazione di eventuali rischi sanitari per i fruitori del sito derivanti dai contaminanti volatili presenti nelle acque di falda”.
Quindi, al termine delle operazioni di bonifica, a chi andrebbe la titolarità del sito da bonificare, se spesso alle condanne per queste tipologie di reato segue la confisca? In tali ipotesi il soggetto terzo che ha sostenuto i costi dell’operazione quale beneficio avrebbe? È chiaro che un conto è l’utilizzo in conformità alla destinazione d’uso, altro è avere la titolarità di un sito, anche in considerazione dei costi, spesso ingenti, di ogni singola bonifica. E tuttavia il ricorso a procedure semplificate per le bonifiche, nelle quali anche il silenzio, spesso immotivatamente prolungato da parte delle Pubbliche amministrazioni, è uno dei nodi da sciogliere sulle questioni ambientali, ma forse sarebbe opportuno un ripensamento dell’intero corpo normativo ambientale, che a 8 anni dalla sua prima formulazione richiede urgentemente un ripensamento dell’intero sistema. Il silenzio assenso potrebbe aiutare a risolvere quanto meno il problema dei lunghi tempi d’attesa: ma deve essere accompagnato da controlli rapidi ed efficaci sul territorio, per evitare nuovi scempi del nostro Paese.
Mariagrazia Chianura* e Antonio Sileo**
*Avvocato
** Ricercatore IEFE-Bocconi