Retrofit: un anno dopo il Decreto che trasforma le auto a combustione in elettriche
La lotta all’inquinamento urbano oggi passa soprattutto attraverso modelli più sostenibili di mobilità. Il parco macchine più obsoleto del vecchio continente e l’elevatissimo numero pro-capite di autoveicoli contribuiscono a rendere insostenibili i livelli di PM1o del nostro Paese, ci costringono a costosi blocchi del traffico e ci espongono ad un aumento sensibile dei rischi per la nostra salute.
In questo quadro bisognoso di cambiamento, si inserisce il Decreto Ministeriale n. 219 del 1° dicembre 2015 sulla “riqualificazione elettrica“, entrato in vigore il 26 gennaio 2016. L’Italia, in questo caso, ha fatto da apripista in Europa e introdotto per prima l’iter per la conversione elettrica delle vecchie autovetture, ovvero la possibilità di trasformare veicoli a combustione interna già circolanti in veicoli elettrici, attraverso l’omologazione di un “kit di trasformazione” da installare in officine autorizzate, con interessanti vantaggi economici e ambientali.
Purtroppo circolano molte inesattezze riguardo il decreto e la sua applicabilità e le prime vittime sono proprio le persone che desidererebbero approfittare di questa innovazione. Cerchiamo di fare il punto della situazione a un anno dall’entrata in vigore.
Ne abbiamo parlato innanzitutto con Gaetano La Legname, collaboratore tecnico dell’On. Ivan Catalano (promotore del Decreto), oggi presidente di Mobility Revolution, la rete di imprese nata per promuovere il mercato del retrofit elettrico dei veicoli – non solo per le auto, ma anche per furgoni, autobus ecc.
La Legname chiarisce che il decreto ha ormai da tempo pieno valore attuativo e abroga la vecchia disposizione che consentiva il cambio di alimentazione della propria vettura solo entro i primi 7 anni di vita, offrendo così all’utente la possibilità di avviare, in qualsiasi momento di vita del veicolo, tutte le procedure meccaniche e burocratiche per realizzare pienamente un retrofit valido e riconosciuto.
Il retrofit si rivolge ai veicoli rientranti nelle categorie internazionali M e N1 e immatricolati originariamente con motore termico. Dal punto di vista pratico, viene realizzato attraverso l’installazione di un kit (l’unico produttore che abbiamo individuato, al momento, è la Newtron Italia Srl, costruttore accreditato al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti presso la Direzione Generale della Motorizzazione) composto da un motore elettrico, un convertitore di potenza, batterie che non soffrono di “effetto memoria” e un’interfaccia per la ricarica.
Sul blog dell’On. Catalano si trovano le delucidazioni riguardanti il nulla osta delle case automobilistiche produttrici: questo non è richiesto se non “nei casi in cui il sistema di riqualificazione elettrica richieda sostituzioni o modifiche di parti del veicolo al di fuori del sistema di propulsione stesso, ovvero di software per la gestione dei sistemi anti-bloccaggio, controllo della trazione e della stabilità del veicolo, con altri di caratteristiche diverse da quelli previsti dal medesimo costruttore del veicolo”. In caso di mancanza del nulla osta, è possibile sopperirvi “effettuando le prove necessarie a verificare che le modifiche realizzate assicurino un livello di sicurezza e di prestazioni non inferiore a quello del veicolo originario“.
Con il test di “compatibilità elettromagnetica” possono essere sottoposti a retrofit anche i modelli più vecchi. E addirittura le auto d’epoca, sprovviste di impianto elettromagnetico, possono essere ammodernate aggiornandole dal punto di vista meccanico.
Dell’esperienza di una prova pratica ci ha raccontato Alberto Guggino, vicesindaco di Mombello di Torino, che durante il “Divento Elettrico Tour 2017” (l’evento di promozione del retrofit), ha testato una 500 del ‘57 riadattata. Soddisfatto della prova di guida Guggino ci ha anche confermato la bontà dell’operazione dal punto di vista economico: il motore è garantito per circa 500.000 km, ha costi di manutenzione praticamente inesistenti e, a fronte di una spesa media dell’intera operazione di circa 9.000 €, porta un ritorno di circa 1.500€ annui.
L’iter burocratico è estremamente semplice: sarà sufficiente seguire una nuova immatricolazione, esattamente come nei casi del GPL.
Il presidente di Mobility Revolution, La Legname, indica come passo necessario a “chiudere il cerchio”, l’individuazione di almeno un centro idoneo al montaggio del kit di assistenza in ciascuna provincia. “Ad oggi – ci spiega – sono già arrivate più di 70 richieste da parte di diverse officine, che devono soddisfare requisiti come la fornitura di multiservizi e una qualifica meccatronica esercitata già da tempo”.
Anche secondo Franco Barbieri, fondatore di evway (startup che fornisce servizi al circuito della mobilità elettrica), “il retrofit è un’opportunità da non perdere: un investimento a lungo termine, che richiede competenza e visione imprenditoriale da parte di chi fornirà i servizi e, da parte dell’utente, soprattutto la volontà di compiere una scelta nel nome dell’economia circolare, della mobilità sostenibile e della tutela dell’ambiente”.
Andrea Ferrari Trecate