Modello tedesco di incentivazione del fotovoltaico. Come funziona?
Gli imprenditori del fotovoltaico sono in fibrillazione: ieri si è svolto un incontro tra i rappresentanti delle Regioni e i Ministri Paolo Romani (sviluppo economico) e Stefania Prestigiacomo (Ambiente), durante il quale è stata definita una prima bozza del cosiddetto “Quarto Conto Energia”, ovvero la rideterminazione del quadro complessivo di remunerazione previsto per chi installa impianti fotovoltaici e decide di immettere l’energia elettrica prodotta nella rete nazionale.
Gli incentivi saranno inferiori rispetto a quelli del Terzo Conto Energia, che ha avuto vita brevissima: da inizio anno alla fine del mese di maggio prossimo venturo. La sua fine anticipata è stata decisa dal Decreto Romani sulle energie rinnovabili, approvato lo scorso 3 marzo e seguito da un’ inevitabile coda di polemiche: non solo da parte degli imprenditori ma anche da parte delle associazioni ambientaliste, che hanno accusato il Governo di voler decretare la morte delle rinnovabili in Italia, per favorire il ricorso al nucleare.
Il decreto stesso prevedeva, in ogni caso, che l’approvazione delle nuove tariffe incentivanti, dopo appositi tavoli tecnici, fosse demandata ad un successivo Decreto da approvare entro la fine di aprile. Per questo, nei giorni scorsi, si sono moltiplicate le proposte degli operatori del fotovoltaico, preoccupati soprattutto di salvaguardare gli investimenti in corso, programmati tenendo conto di un sistema di incentivi più alto e più remunerativo di quello che ora si preannuncia: il problema, in particolare, riguarda gli impianti che sono attualmente in fase di ultimazione, ma che saranno allacciati quando il quadro normativo sarà ormai cambiato – mentre il Terzo Conto Energia era stato programmato per durare tre anni.
C’è dunque attesa, oggi, sui commenti che riceverà la bozza di Decreto, al vaglio dalle maggiori associazioni imprenditoriali del fotovoltaico, prima di approdare ad un primo esame del Consiglio dei Ministri, previsto per domani. Dalle prime indiscrezioni sembra sicura una riduzione delle tariffe incentivanti, rispetto a quelle attuali, di 2 punti percentuali nel primo quadrimestre 2011 e di circa 8-10 punti percentuali nel secondo. Non ci sarebbero ulteriori diminuzioni, invece, per l’ultimo quadrimestre, mentre dall’anno successivo, il 2012, le tariffe incentivanti scenderebbero del 10% e, nel 2013, la diminuzione arriverebbe addirittura al 15-20%. Una soluzione pesante, dunque, ma graduale che dovrebbe assicurare la programmazione degli investimenti, secondo un sistema a scaglioni, alla tedesca, da più parti invocato e che scongiurerebbe la temuta riduzione mensile delle tariffe incentivanti.
Non è chiaro però se verrà o meno inserito un limite annuo, di 2 GW, alla potenza totale installabile, della quale due terzi dovrebbero essere impianti non superiori a 200 kW. In questo caso lo Stato non erogherebbe più di 6 miliardi di incentivi all’anno. ”Credo che entro la prima decade di aprile concluderemo i lavori di consultazione ed emaneremo il decreto ministeriale”- ha detto il Ministro Prestigiacomo- “Gli investimenti in corso devono essere salvaguardati, intendendo per impianti messi in esercizio quelli posati e non allacciati.”. “Nei successivi sei mesi – ha continuato la Prestigiacomo smentendo in parte le indiscrezioni – bisognerà prevedere una riduzione molto lieve degli incentivi in modo da non penalizzare gli investimenti in corso, quindi anche quelli programmati col vecchio regime e non conclusi alla fine di maggio. Dal 2012 si procederà poi con uno ‘scalone’ negli incentivi senza fissare un tetto in termini di Megawatt annuali ma un tetto complessivo in milioni di euro fino alla fine degli incentivi”. “Si tratta”, ha aggiunto,”del modello tedesco di flessibilità annuale, che tutti gli operatori ci hanno chiesto”. ”Vogliamo evitare speculazioni e valorizzare la filiera senza che fondi stranieri approfittino di un incentivo nazionale alto”.
Ma come funziona il modello tedesco? E, soprattutto, quello auspicato dal Ministro è davvero un modello alla tedesca? Se lo è, è piuttosto italianizzato: come spiega infatti PHOTON, mensile tedesco del fotovoltaico, in Germania non ci sono limiti annui alla potenza installata da fotovoltaico né limiti alle somme elargibili come incentivi. In Germania, poi, la riduzione programmata degli incentivi si regola in base alla potenza installata nell’ultimo periodo rilevato e tiene conto del progressivo decremento dei costi, legati all’aumento delle installazioni e della produzione mondiale: più consistente è la potenza allacciata alla rete, maggiore è la riduzione che si impone alle relative tariffe, mentre in Italia la determinazione delle tariffe appare più legata alle trattative tra politici, funzionari ministeriali e industria del settore.
Gli incentivi tedeschi, poi, sono «onnicomprensivi»: si sovvenziona l’immissione in rete e non la produzione di corrente, per cui non c’è cumulo tra profitto per la vendita della corrente e produzione per autoconsumo. Le tariffe, poi, sono commisurate ai livelli locali di irradiazione (in Italia una cosa simile è stata chiesta dalla associazione pratese Anter, che riunisce sia imprenditori che cittadini), e vanno da un minimo di 21,11 centesimi di euro a chilowattora, per gli impianti al suolo di qualunque taglia, a un massimo di 28,74 centesimi di euro a chilowattora per le centrali su tetto fino a 30 chilowatt di potenza.
Secondo PHOTON il ritorno economico dell’investimento si attesterebbe, anche con le nuove tariffe, attorno al 7,4 per cento, ma in Italia, con questo sistema, ci sarebbero margini di recupero ancora più veloci, in virtù di un irraggiamento solare migliore. Peccato il costo dei pannelli, che nel nostro paese resta mediamente superiore rispetto a quelli praticati all’estero.
Andrea Marchetti