Il Senato salva i certificati verdi
I certificati verdi sono salvi. La Commissione bilancio del Senato ha infatti riscritto l’articolo 45 della manovra finanziaria che faceva scomparire l’obbligo di riacquisto, da parte del GSE (Gestore Servizi Elettrici), dei certificati verdi rimasti invenduti sul mercato.
L’emendamento presentato dal relatore Antonio Azzolini reintroduce invece tale obbligo, ma assicura che, dal 2011, l’importo complessivo per tali acquisti sia inferiore del 30% rispetto all’anno in corso e che “almeno l’80% di tali riduzioni provenga dal contenimento della quantità di certificati verdi in eccesso”. In pratica, per evitare che una quota rilevante dei certificati verdi resti invenduta, il Gestore dovrà acquistarli a prezzi inferiori rispetto a quelli di mercato, in modo da incentivare la domanda.
La norma è stata riscritta dopo un aspro dibattito che, per una volta, aveva visto confluire sulle stesse posizioni sia i movimenti ambientalisti, sia le associazioni di imprenditori, sia i sindacati. Due le preoccupazioni comuni: da un lato infatti si temeva che il mancato obbligo di riacquisto penalizzasse le imprese e le aziende che avevano investito in forme di energia verde. Dall’altro il timore era che si riducesse il cammino dell’Italia verso uno sviluppo eco-sostenibile, provocando la contrazione di un settore con ampie possibilità di crescita, come quello della green economy.
Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, si è dichiarata soddisfatta perché il testo precedente “avrebbe completamente bloccato il settore che invece può creare crescita e nuova occupazione“.
Ma che cosa sono i certificati verdi? Si tratta di titoli, che corrispondono a determinate quote di energia rinnovabile, che le imprese più inquinanti sono tenute per legge a comprare a un prezzo superiore rispetto a un normale chilowatt/ora. Nel 2009 in Italia però la quota di CV rimasti invenduti (e quindi riacquistati dal GSE) valeva ancora circa 600 milioni di euro.
Questa decisione conferma le linee del PAN, il Piano di Azione Nazionale per le energie rinnovabili, messo a punto dal Ministero dello Sviluppo Economico a giugno di quest’anno, come richiesto dalla Commissione Europea. Il documento delinea gli interventi e le politiche per il raggiungimento degli obiettivi del “20-20-20” , cioé ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare al 20% il consumo da fonti rinnovabili, entro il 2020.
Nel dettaglio, il Piano prevede che le energie rinnovabili dovranno coprire il 6,38% dei consumi legati ai trasporti, il 28,97% dei consumi nel comparto elettrico e il 15% nell’ambito del riscaldamento e raffreddamento.
Il Piano prevede, inoltre, di intervenire sul quadro dei meccanismi di incentivazione, come il Conto Energia, l’agevolazione fiscale per gli edifici costruiti o ristrutturati secondo criteri di riduzione dell’impatto ambientale, l’obbligo della quota di biocarburanti. E i certificati verdi, che il nuovo emendamento approvato al Senato torna a difendere.
Marco Bobbio