Salone del Gusto e Terra Madre 2012: in attesa della primavera che verrà
L’edizione 2012 del Salone del Gusto e Terra Madre che si apre oggi a Torino è quella della maturità. L’edizione del bilancio, e della presa di coscienza della propria forza. La fusione dei due appuntamenti in un unico grande evento è stato il primo segno di una svolta. “Il nostro obiettivo è di creare il più importante appuntamento mondiale dedicato al cibo”, spiega Paolo Di Croce, segretario generale della Fondazione Terra Madre. La presenza, alla cerimonia di apertura inaugurale, del direttore generale della Fao José Graziano Da Silva, è il riconoscimento di Slow Food e della Rete dei produttori di Terra Madre come interlocutori credibili e competenti quando si parla di cibo. Carlin Petrini, fondatore del movimento e oggi presidente di Slow Food International, non nasconde l’emozione: “E’ la prima volta che il direttore generale della FAO viene da noi. Terra Madre è un grande fenomeno politico, e noi siamo orgogliosi di dialogare con la FAO”.
Nella lunga cerimonia, durata quasi quattro ore, si susseguono gli interventi di produttori agricoli e personaggi noti, dall’economista indiana Vandana Shiva al giullare premio Nobel Dario Fo, da Roy Paci - che insieme a una band multietnica suona l’inno di Terra Madre – ad Alice Waters, la prima negli Stati Uniti ad aver parlato di educazione alimentare per i bambini e oggi vicepresidente del ramo internazionale dell’associazione di Petrini.
Diritto al cibo, sovranità alimentare e lotta allo spreco sono i temi al centro del dibattito. Lo stesso Da Silva, che tiene il suo discorso in quattro lingue, lancia la sfida “Fame Zero” della FAO, che alcuni anni fa, da Ministro della Sicurezza Alimentare in Brasile, lui stesso ha in buona parte vinto nel suo Paese. “Una dieta sana, sufficiente e dignitosa non può più essere un privilegio di pochi, deve diventare un diritto di tutti”. Un obiettivo legato strettamente alla sostenibilità: “La rivoluzione verde (attenzione, il termine non si riferisce alla green economy! Ndr) ha dimostrato che gli agricoltori possono sfamare il pianeta, ma ha anche comportato l’uniformità delle colture e l’utilizzo di pesticidi dannosi. Per soddisfare i bisogni dei prossimi decenni, bisogna cambiare i modelli di produzione e consumo, che significa anche rivalutare i prodotti locali in un mondo globalizzato”. Un esempio su tutti: “Il 20% della popolazione Usa – spiega Alice Waters – frequenta la scuola. Se, come è accaduto in Brasile, fossero introdotte norme che impongono l’acquisto dei prodotti per le mense dagli agricoltori locali e sostenibili, si cambierebbe il sistema alimentare in un giorno”.
A questo deve unirsi la lotta agli sprechi: “Circa un terzo del cibo va sprecato nelle fasi di produzione e trasformazione. E nei Paesi ricchi, ogni anno i consumatori buttano nell’immondizia 222 milioni di tonnellate di cibo. Se riuscissimo a dimezzare queste perdite, potremmo sfamare un altro miliardo di persone”, continua Da Silva. Ma la lotta per il diritto al cibo inizia dai semi, oggi oggetto di brevetti da parte delle multinazionali come la Monsanto. “Un seme – dice Vandana Shiva dal palco – non viene inventato, è il risultato di migliaia di evoluzioni. Per questo ogni brevetto su un seme è un furto, un atto di biopirateria. In India 270.000 contadini si sono suicidati a causa dei debiti contratti con le aziende sementiere dopo l’introduzione del cotone Ogm”. Anche nel 1500, racconta Dario Fo, che sul palco interpreta la fame del contadino Zanni, “nella valle del Po gli agricoltori morirono o furono costretti a emigrare, perché dall’estero iniziarono ad arrivare derrate a prezzi più bassi e nessuno comprava più i loro prodotti”.
Gli agricoltori di Terra Madre salgono sul palco per parlare della loro esperienza, di reti di agricoltori, siccità, importanza della biodiversità, energia, salvaguardia dei terreni. Petrini apre il suo discorso conclusivo davanti ai delegati delle 400 Comunità del cibo del mondo con un bilancio: “In questi anni è cambiata la sensibilità verso l’ambiente, il cibo e il suo spreco ma la strada è ancora lunga. La sovranità alimentare è minacciata da speculazioni vergognose, e lo stesso diritto alla terra è minacciato dal land grabbing, una forma di neocolonialismo più aggressivo di quello storico, di fronte al quale la comunità internazionale non può far più finta di niente”. Poi parla delle necessità di “ricostruire le comunità dei semi, rifiutando che siano oggetto di proprietà privata”, della battaglia contro lo spreco e dei cambiamenti climatici, che ci impongono “di impegnarci nella difesa della biodiversità per non farci trovare impreparati”.
Ma è la seconda parte del discorso di Petrini – con parole che vogliono incoraggiare e consegnare ai delegati una missione, un messaggio da portare ai produttori dei loro Paesi – quella che dà maggiormente il senso dell’evento di quest’anno. “Terra Madre è una straordinaria iniziativa politica. Dovete essere coscienti che, anche se vivete in uno sperduto villaggio del Perù o in una piccola oasi in Africa, state realizzando la vera politica”. Una politica che però, avverte il fondatore di Slow Food, “deve essere realizzata con gioia e serenità. Vinceremo la nostra battaglia con la tenacia, la determinazione, ma anche con il sorriso”. E cita la “felice versatilità”, virtù che Pericle attribuiva agli ateniesi: “Dobbiamo essere così, avere la capacità di adattarci, ma con felicità. La primavera arriverà”.
Veronica Ulivieri
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