Non di sole infrastrutture, signori miei. Il succo del Bike Pride tra piste ciclabili e politiche di settore
Se l’aspetto simbolico (e anche folcloristico) del Bike Pride di Torino, con la tradizionale parata della domenica (più di 20.000 partecipanti in quella di ieri), non manca mai di attirare l’attenzione dei media locali e nazionali, i contenuti e i messaggi più “profondi” che la manifestazione sottende, spesso non hanno la stessa diffusione.
Vale invece la pena ricordarli. Ad anticipare l’evento di piazza, sabato si è infatti tenuto, nel collegio universitario di Piazza Cavour, un convegno dedicato al cicloturismo, organizzato da Bike Pride in collaborazione con Workshop IMAGE, che quest’anno, ad ottobre, allargherà il tiro a tutto l’ecoturismo, nelle tre declinazioni più promettenti: quella di matrice naturalistica, sportiva ed enogastronomica.
Presenti al convegno ben due assessori, Antonella Parigi, Assessore alla Cultura e Turismo della Regione Piemonte e Enzo Lavolta, titolare dell’Ambiente a Palazzo Civico e presidente della Fondazione Torino Smart City, che hanno risposto all’appello dell’associazione Bike Pride di fare un “punto della situazione” concreto e pragmatico, in ottica interassessorile, sulle politiche destinate alle due ruote, a partire dal BiciPlan della Città di Torino.
L’Ass. Parigi, senza tanti giri di parole, passa subito ai numeri e alle priorità di quello che è già stato ribattezzato “assessorato alle piste ciclabili“: VENTO è in cima alla lista e gli 800 mila euro per avviare i lavori necessari a completare il 67% del tratto piemontese della ciclovia Venezia-Torino, sono già disponibili. Sul resto bisognerà attendere e – secondo FIAB – anche rivedere le cifre (dell’ordine di grandezza delle decine di milioni di euro), perché importi talvolta “gonfiati” non diventino un alibi per l’inazione delle pubbliche amministrazioni. Collegato a VENTO c’è il progetto di recupero della pista lungo il Canale Cavour, capolavoro di ingegneria idraulica conosciuto in tutto il mondo e dotato quindi di appeal, storico, culturale e naturalistico – oltre al vantaggio di puntare verso Milano. Secondo i primi studi di fattibilità dei “tecnici” ci vorrebbero 12 milioni di euro, ma la Parigi ammette che, da una consultazione con l’ente parco, sembrerebbe fattibile con 6 milioni. “Siamo già alla metà, forse si può ancora scendere!”.
Altra priorità piemontese sarà il rafforzamento delle ciclabili nell’area Langhe, Roero, Monferrato, divenuta nel 2014 Patrimonio dell’Umanità UNESCO e, a maggior ragione, bisognosa di integrare infrastrutture ancora troppo deboli (a quando, tra l’altro, il ripristino di un collegamento ferroviario diretto Torino-Alba?).
Le infrastrutture, per quanto fondamentali, non devono però diventare l’unico obiettivo, come se potessero magicamente risolvere tutto, ricorda Beppe Piras, presidente di Bike Pride Fiab Torino. Serve lavorare anche sul “contorno”, ovvero le politiche nazionali e locali sulla mobilità ciclabile, ma anche le strategie e le sinergie per “far vivere” i territori intorno alle piste. “Non può esistere cicloturismo – precisa Piras - se non esiste ciclabilità diffusa”.
La palla passa a Lavolta, che sdrammatizza ricordando come i ciclisti, secondo il celebre criminologo Cesare Lombroso, avessero un ché di folle e criminale. “Criminale no, ma folle…”. Scherzi a parte, l’amministrazione torinese non vuole mollare la presa, né sul BiciPlan né sulla mobilità alternativa in generale. Perché è ormai evidente – dai dati di utilizzo del bike sharing, car sharing, car pooling ecc – che i cittadini hanno compreso come non esista un mezzo “migliore in assoluto”, ma il mezzo migliore per una certa esigenza, da integrare, in forma intermodale, con altri.
Già, l’intermodalità, brutta bestia per Trenitalia. Ma se il treno non supporterà, pari passo, la bicicletta (dedicando carrozze,e consentendo il trasporto su tutte le tratte) l’evoluzione della mobilità ciclabile, ricordano i rappresentanti di Fiab, rischia di arrivare ad uno STOP difficile da varcare.
Andrea Gandiglio