Earth Overshoot Day: da oggi siamo in debito col Pianeta
Ad annunciarlo è stato, ieri, il Global Footprint Network, l’organizzazione non governativa che dal 2003 calcola, ogni anno, l’impronta ecologica del pianeta: il 22 agosto è la data in cui, nel 2012, la Terra ha esaurito le risorse annualmente disponibili. Da oggi stiamo consumando a debito, intaccando, cioé, il “capitale” naturale non rigenerabile.
La notizia è particolarmente tragica se confrontata con la serie delle date precedenti: nel 1970 (quando gli abitanti del Pianeta erano 3,5 miliardi) eravamo in pareggio (la data indicativa cadeva ovvero il 31 dicembre, a fine anno), nel 1987 siamo scesi al 19 dicembre, il 1 novembre nel 2000, il 27 settembre nel 2011 e, ora, che siamo 7 miliardi di abitanti, il 22 agosto. Dopo soli 8 mesi (234 giorni) abbiamo consumato tutti i beni naturali che un Pianeta è in grado di rigenerare nei 12 mesi! Ma la Terra resta una e una sola e la previsione di 2 pianeti necessari per reggere questo ritmo, al 2050, non è ovviamente sostenibile. Come scrive Luca Mercalli su La Stampa di oggi, lo “spread” con la natura non si può infatti contrattare.
E’evidente che – con buona pace del Presidente ceco Klaus - urge cambiare modello di sviluppo, a partire dall’economia e dalla produzione agricola e industriale. Il Global Footprint Network basa le sue stime sulle ricerche della New Economics Foundation di Londra, un “think-and-do tank” indipendente che ha come motto “L’economia come se la gente e il pianeta contassero qualcosa” (Economics as if people and planet mattered) e che ha elaborato il concetto stesso di earth global overshoot (sovrasfruttamento), per quantificare il rapporto tra la biocapacità della Terra di produrre risorse rinnovabili nel corso dell’anno e l’impronta ecologica, ovvero la quantità di risorse e servizi richiesti dall’umanità in quello stesso periodo di tempo. Dove per servizi si intende, innanzitutto, il sequestro naturale della CO2 prodotta dalle attività umane, che pesa ormai per il 55% dell’impronta ecologica globale.
Magra consolazione per l’Italia che, nella classifica 2012 dei 149 Paesi analizzati, guadagna “tre posti” in graduatoria tra i “consumisti virtuosi“ (quasi un ossimoro), passando dalla 29° alla 32° posizione, con 4,52 gha (gli ettari globali, utilizzati come unità di misura dell’impronta ecologica) pro-capite rispetto ai 4,99 gha del 2010. Non necessariamente a seguito di politiche virtuose circa le emissioni di anidride carbonica e il consumo di suolo, quanto, verosimilmente, per effetto della crisi e della contrazione della produzione. Chi volesse comunque misurare il proprio impatto individuale, per rivedere il proprio stile di vita in un’ottica di maggiore sostenibilità, lo può fare con il calcolatore messo a disposizione sul sito www.footprintnetwork.org.
A conferma – per chi avesse ancora dei dubbi – che questi calcoli non sono masturbazioni mentali per soli ambientalisti incalliti, il sito del network cita anche una significativa frase di Yves Manfrini, fund manager dell’Union Bancaire Privée svizzera, che utilizza il metodo della global footprint nell’analisi finanziaria degli investimenti. “In un mondo di risorse in esaurimento – dice Manfrini – quelli che per primi riconoscono la necessità della sostenibilità e adottano le strategie appropriate, avranno maggiore successo nella competizione globale futura“.
Andrea Gandiglio