BeNordic: a Milano le buone pratiche di bioeconomia dal Nord Europa
Nutrire il Pianeta in modo “sostenibile” è la sfida lanciata dal tema Expo 2015 a cui i paesi nordici hanno cercato di rispondere in una conferenza (fuori dall’Expo) sulla bioeconomia, durante BeNordic, una manifestazione che promuove il “Nordic lifestyle” e che prevede 4 giorni di eventi ed incontri al Bou-Tek di via Gonzaga 7 a Milano.
Il mondo si strapopola e nel 2050 si conteranno oltre 9 miliardi di Homo Sapiens Sapiens sparsi per tutto il pianeta, con una prevista diminuzione di terra coltivabile pro capite del 25%. Un utilizzo più efficace delle risorse naturali è la grande sfida che il ventunesimo secolo si trova dunque ad affrontare.
Per sfamare il mondo, un’economia lineare non funziona, le strategie capitalistiche del passato si sono dimostrate dannose sul lungo periodo, ma per uno sviluppo a impatto zero servono nuovi e appropriati framework teorici. A BeNordic si parla quindi di bioeconomia e delle sue sfaccettature e opportunità: in cosa investire per uno sviluppo sostenibile? Come assicurare un’economia circolare che sfrutti le risorse energetiche in modo efficiente senza esaurirle?
“Perché la bioeconomia funzioni, deve produrre risultati apprezzabili in termini di guadagno e nuovi posti di lavoro. Le risorse naturali non sono finite ma bisogna utilizzarle in modo più efficace, riciclando e riutilizzando le sostanze di scarto e incrementando le ricerche per scoprire le potenzialità nascoste di mari e oceani”, dice Lino Paula, Ricercatore alla Commissione Europea. Paula non cela tuttavia le sue preoccupazioni sulla lentezza delle istituzioni e ammonisce che l’Europa non riuscirà a tenere il passo dei cambiamenti sociali e ambientali…
Per fare un albero ci vuole un seme, per coltivare la terra servono gli agricoltori e proprio a questi ultimi la bioeconomia offre ampie possibilità. Luisa Volpe, della World Farmers Organization, è la portavoce di chi lavora la terra ogni giorno, “dobbiamo metterli in grado di esprimersi nei forum internazionali. Chiedono innovazione, la valorizzazione della filiera produttiva e soluzioni concrete per il cambiamento climatico - dice Volpe – Gli agricoltori sono parte della soluzione più di quanto non lo siano del problema”. A lei fa eco Isabel Moretti della Federazione degli Agricoltori Svedesi, “gli agricoltori sono gli eroi della bioeconomia”.
Non solo coltivatori e produttori, le opportunità lavorative riguardano anche altri settori legati più o meno direttamente alla produzione o lavorazione delle materie. Jesper Lund Larsen, della Federazione Unita dei Lavoratori Danesi, incita: “formazione, formazione, formazione! dall’universitario al contadino”. Lo slogan di Larsen si riferisce alla necessità di formare esperti dei vari settori che lavorino come promotori e fautori di sostenibilità lungo tutta la filiera.
Gli esempi di buona condotta non mancano, dall’industria agroalimentare a quella tessile. La Norvegia recupera lunghezze nella corsa alla sostenibilità concentrandosi sull’itticoltura sostenibile e promuovendo la ricerca di nuovi mangimi meno impattanti. Ne fornisce un esempio la professoressa Margareth Overland della Università Norvegese di Scienze Naturali in un interessante intervento sulle nuove frontiere offerte dai lieviti prodotti da fermentazione del legno come fonte proteica per i pesci da allevamento.
Anche l’industria della moda si adegua e crea indumenti confezionati con materiali “sostenibili”, come la collezione di Burberry in canapa o quella in cellulosa di H&M, che ha registrato il record di vendite. E ancora tessuti contenenti alghe utilizzati da Tommy Hilfiger, inserti di pelle di pesce nelle scarpe Nike e perfino prodotti derivanti dagli scarti dell’industria casearia. “La nostra immaginazione è l’unico limite’ dice la CEO Eva Kruse dell’Istituto Danese di Moda, che continua “la moda risponde a un’esigenza principalmente estetica e non sarà mai davvero sostenibile, ma possiede la creatività per trasmettere il messaggio della sostenibilità in maniera efficace e insolita”.
Ogni buona idea deve essere ben comunicata con un branding adeguato, è quello di cui si occupa Dan Howis Lauritsen, di State of Green, un’associazione che si diffonde e condivide il ‘know how’ della sostenibilità danese. State of Green utilizza una divulgazione multicanale che comprende un sito web, uno spazio espositivo fisico a Copenhagen, una rivista cartacea e visite organizzate nelle realtà sostenibili più significative del panorama Danese. L’obiettivo è quindi l’esportazione di valori e competenze con un focus estremamente applicativo; “Il nostro vero valore è il nostro network” conclude Lauritsen.
L’attenzione per l’ambiente permea ogni aspetto del Nordic lifestyle, è motivo di orgoglio per i cittadini e svolge un ruolo centrale anche nell’offerta turistica. I rappresentanti di Danimarca, Svezia, Finlandia e Norvegia, individuano la loro ricetta per sfamare il pianeta nell’energia rinnovabile, una politica di spreco zero e la riscoperta di piccole realtà produttive che agiscono in network.
Cosa ci riserva il domani della bioeconomia in Europa? Bisogna puntare sulla tecnologia e sull’innovazione, investire sulle persone come asset di sviluppo sostenibile e garantire una gestione inclusiva delle risorse accompagnata dal necessario supporto legislativo. Per raggiungere questi obiettivi è necessario uno sforzo comune e un dialogo costruttivo tra i diversi partecipanti. I Paesi nordici hanno successo perché riescono in quello in cui che fallisce l’Europa: essere coesi per sviluppare strategie comunitarie, nazionali e regionali che mantengano un’omogeneità di intenti e medesimi obiettivi.
Valeria Senigaglia